Sabato 19 maggio | Ore 21:00 |
Domenica 20 maggio | Ore 16:00 e 21:00 |
C'era una volta un piccolo paese in Francia dove non succedeva mai niente. Un giorno, però arriva una giovane donna, accompagnata dalla sua figlioletta, che si stabilisce nel tranquillo paesino ed apre un negozio di cioccolata.
Ben presto, le radicate e grigie abitudini del paese iniziano a cambiare, grazie alle particolari qualità della cioccolata di questo piccolo negozio.
Tratto dall'omonimo romanzo di Joanne Harris
Lena Olin | Josephine Muscat | Regia e soggetto | Lasse Hallstr? |
Juliette Binoche | Vianne Rocher | Montaggio | Andrew Mondshein |
Johnny Depp | Roux | Scenografia | David Gropman |
Judi Dench | Armande Voizin | Trucco | Naomi Donne |
Carrie-Anne Moss | Caroline Claimont | Fotografia | Roger Pratt |
Leslie Caron | Madame Audel | Sceneggiatura |
Lasse
Hallstr?, Robert Nelson Jacobs |
Peter Stormare | Serge Muscat | Costumi | Renee Ehrlich Kalfus |
Alfred Molina | Conte di Reynaud | Musiche | Rachel Portman |
John Wood | Effetti speciali | Stuart Brisdon | |
Durata | 2h e 01' |
Valutazione Pastorale (dal sito dell'Associazione Cattolica Esercenti Cinema - ACEC)
Giudizio: Discutibile, ambiguo
Tematiche: Donna; Politica-Società
Il racconto comincia con "C'era una volta..." e quindi non c'é dubbio che si tratta di una favola. Bisogna aggiungere: una favola decisamente laica non priva di aspetti di metafora. Si parte da uno stadio zero di negatività (un paese in cui si vive all'insegna del bigottismo e del conformismo)e si procede con il confronto tra questa situazione e un evento imprevisto che arriva a sconvolgerla: Vianne, la donna non sposata, la ragazza madre per niente sottomessa, mette sottosopra abitudini e atmosfere, diventa una sorta di specchio verso cui tutti si rivolgono per vedere meglio se stessi e gli altri. Da qui anche la tolleranza nei confronti del 'diverso' (gli zingari), l'accoglienza, la scoperta di nuovi rapporti. Una favola, si diceva, ma con molti aspetti poco convincenti. Da una parte Viviane, il positivo; dall'altra l'intero paese, il negativo (la regressione, l'immobilismo). In mezzo la rappresentazione di una Chiesa incapace di essere se stessa, succube e senza idee. Se ne potrebbe dedurre l'interpretazione che nel mondo e nella Chiesa bisogna cambiare quando stanno per prevalere i conformismi e che vanno liberate le energie positive anche laiche. Ma sul versante opposto ci sono non pochi passaggi equivoci, a cominciare dall'omelia finale. Il regista si dimostra molto furbo nell'ammantare il racconto di obiettivi di libertà sui quali nessuno può dirsi in linea di principio contrario. Ma é troppo saccente nell'irrisione dei valori, radicalizza lo scontro per portarlo dalla parte voluta, deride, carica troppo i toni, diventa anche lui prevedibile e conformista. Film quindi da seguire con tranquillità sul piano narrativo ma da osservare con qualche attenzione. Dal punto di vista pastorale, l'evidente alternarsi di momenti felici con altri troppo manichei induce alla valutazione del discutibile, e di ambiguo come tratto prevalente del racconto.
Utilizzazione: il film può essere utilizzato in programmazione ordinaria. In altre circostanze lo si può proporre come ritratto europeo anni '50 in una cornice storica tra favola e realtà.
"Lo diresti un remake inconfessato del 'Pranzo di Babette', però la sceneggiatura usa troppo dolcificante e poco o nulla di quel pepe che sembra rendere irresistibili le cioccolate di Juliette". (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 11 febbraio 2001)
"Lo spirito del film è simpaticamente libertario in chiave di spregiudicato apprezzamento delle leccornie, un po' sul modello di 'Il pranzo di Babette', e la pacificazione finale con redenzione del supercattivo può ricordare addirittura 'Il grinch'. A giudicare dalle risate che hanno contrappuntato la proiezione e dall'interminabile applauso finale, 'Chocolat' si direbbe confezionato con perfetto dosaggio degli ingredienti. Anche se il sapore di questo cioccolato è un po' industriale". (Tullio Kezich, 'Corriere della sera', 11 febbraio 2001)
"Tratto da un romanzo di Joanne Harris, interpretato benissimo, 'Chocolat' risulta alla fine un poco manierato, stucchevole come la cioccolata quando è troppa. Lasse Hallstrom, svedese, 54 anni, marito di Lena Olin che in 'Chocolat' recita un personaggio rilevante, è il regista de 'La mia vita a 4 zampe', 'Buon compleanno Mr. Grape', 'Le regole della casa del sidro'. Anche se lavora negli Stati Uniti, tenta di salvare i suoi film dagli stereotipi e dai ripetitivi standard hollywoodiani: ci riesce, pagando a volte il prezzo d'un ottimismo vitale però melenso." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 24 febbraio 2001)