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La storia di John Reid, uomo di legge impegnato nella lotta all'avidità e alla corruzione, che divenne leggenda grazie alle sue imprese epiche e rocambolesche, raccontate dal suo compagno d'avventure: il guerriero indiano Tonto.
Regia: Gore Verbinski
Interpreti: Johnny Depp, Armie Hammer, Helena Bonham Carter, Ruth Wilson, William Fichtner, Tom Wilkinson, Barry Pepper, James Badge Dale, James Frain, Leon Rippy
Sceneggiatura: Ted Elliott, Terry Rossio, Eric Aronson, Justin Haythe
Fotografia: Bojan Bazelli
Montaggio: James Haygood
Dai Caraibi al western: i "pirati" Johnny Depp e Gore Verbinski non cambiano la ricetta. Può bastare?
Dai Caraibi al Wild Wild West, dai Pirati al Cavaliere solitario e l’indiano Tonto: Johnny Depp e Gore Verbinski ci riprovano, e per la Disney suona da ultima spiaggia. Dopo il flop di John Carter, la casa di Topolino non può più fallire: Tonto (Depp) e Lone Ranger (Armie Hammer) non combattono solo contro il killer cannibale Butch Cavendish (William Fichtner), ma per le sorti magnifiche e progressive della progenie di Walt.
Giudicherà il pubblico, ovviamente, ma la sensazione è che senza strafare ed entusiasmare The Lone Ranger possa ripagarsi il budget (250 milioni di dollari dichiarati, e sottostimati) e mettere in cassa più di qualche spicciolo.
Perché? La cucina caraibica fa fusion con il tex-mex senza palato ferire, il ritmo non perde troppi colpi nonostante le due ore e mezzo di durata, l’ironia e il nonsense rubano qualche buona scena, Depp e Hammer lavorano sulla chimica, e pazienza se qualche attore – Ruth “Boccalarga” Wilson, Helena Bonham Carter, senza una gamba e molto altro - stecca.
Entertainment di frontiera, frizzi e lazzi western, ma con (oltre alla durata proibitiva: 149 minuti...) un tot di melassa action e buoni sentimenti nella fondina da far sbiancare perfino il nostro Tex: fatevelo piacere, se potete, altrimenti... back to Rango? (Federico Pontiggia)
Critica "Anche il 'genere americano per eccellenza' si adatta alle logiche del postmoderno: 'The Lone Ranger' somiglia molto di più a un episodio dei 'Pirati dei Caraibi' che a un western di Ford con John Wayne. Palesemente scelto per offrire a Depp un nuovo personaggio di culto dopo Jack Sparrow, il bizzarro indiano Tonto (che nella serie originale era taciturno e qui diventa logorroico), il film, pieno di treni, cavalli, pellerossa e giacche azzurre, pare una visita guidata a Disneyland, nel parco tematico dedicato alla Frontiera." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 4 luglio 2013)
"Qualcuno ricorderà i celeberrimi Young People's Concert che Bernstein registrò negli anni 50 per la televisione. Nella prima puntata l'orchestra suonò l'Overture del 'Gugliemo Tell'. Una volta eseguita, Bernstein chiese ai bambini in sala: «che musica è?». Tutti in coro risposero: «la canzone di Lone Ranger»! Era il gennaio del 1958 e i quasi tremila episodi della serie del Cavaliere solitario, la cui cavalcata era accompagnata dalla musica di Rossini, avevano inciso profondamente nell'immaginario americano legato al selvaggio west, tanto da sostituire l'originale rossiniano con un autentico movimento popolare. Lone Ranger ha avuto tante vite - radio, televisione, cinema, fumetti - ma sembrava non essere sopravvissuto alla morsa del tempo, come tutto il western, fino a quando l'industria hollywoodiana per mano di Gore Verbinski e Jerry Bruckheimer, regista e produttore della serie dei 'Pirati dei Carabi', non ha deciso di riproporre l'eroe mascherato. (...) Anche 'Lone Ranger' targato Verbinski si pone come un reboot e tutto il film gira intorno alla nascita dell'eroe, in attesa di altri episodi. C'è da dire, comunque, che il vero protagonista è Tonto, interpretato da Johnny Depp, sulla cui fama piratesca è stato eretto questo nuovo colossal western il cui esito è però incerto." (Dario Zonta, 'L'Unità', 4 luglio 2013)
"Speravamo che l'indiano Tonto, nuovo personaggio della ricca galleria degli eroi fragili interpretati da Johnny Depp, ci riportasse al brillante Jack Sparrow della saga 'I pirati dei Caraibi'. Invece questa nuova creatura, nata in radio nel 1933 e famosa per una serie tv degli anni Cinquanta, rischia di deludere proprio il pubblico dei giovanissimi. 'The Lone Ranger' di Gore Verbinski rispolvera il mito della frontiera e resuscita uno degli eroi della cultura americana, quel cavaliere solitario e mascherato che a cavallo di un destriero bianco e affiancato da un eccentrico sciamano tenta di riportare pacificamente un po' di giustizia nel selvaggio west. Intendiamoci, i momenti di divertimento non mancano, affidati alla goffaggine del ranger e alle bizzarre iniziative di Tonto, dove si riflette tutto l'orgoglio di Depp, che vanta origini Cherokee. Ma una lunghezza eccessiva e il ritmo fanno di questo western un'occasione non sfruttata al meglio." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 4 luglio 2013)
"C'era una volta il selvaggio West e c'è ancora, ma è una mera evenienza: dopo il successo planetario di 'Pirati dei Caraibi', attore (Depp), produttore (Jerry Bruckheimer) e regista (Gore Verbinski) spacciano deserti per mari, assalti al treno per arrembaggi, banditi per ciurme e ritentano il colpo gobbo. Ma cambiando il setting degli addendi, il risultato cambia? Due ore e mezzo senza troppa noia, la chimica tra Depp e Hammer e il volemose bene che spazza i sentieri selvaggi: strano ma vero, chi massacra questo 'The Lone Ranger' per lo più si sperticava per i Pirati, eppure la differenza è sulla carta geografica, non sullo schermo." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 4 luglio 2013)
"I personaggi interpretati da Johnny Depp nei film di Tim Burton, Jim Jarmusch, John Waters e Terry Gilliam, sono state variazioni sull'eccentrico 'naif' e l'outsider incompreso. Una «brand»: rafforzata dall'immagine pubblica di patinato ribelle e rocker dilettante oltre che sex symbol «alternativo» che ne ha fatto una delle superstar della sua generazione. In tempi più recenti la serie dei 'Pirati' ha introdotto una variante farsesca nel suo repertorio con il personaggio di Jack Sparrow, pirata freelance fra lo svanito e l'esistenziale. Un registro comico che l'attore riprende ed elabora in 'Lone Ranger' nei panni di Tonto, lo sciamano un po' «discount» col nome che calza a pennello soprattutto da noi e nei paesi ispano-parlanti. Si tratta di un personaggio assurto a icona culturale nel popolare sceneggiato 'The Lone Ranger' prima in radio (1933) e poi in tv (1950). Questo omonimo blockbuster Disney, prodotto da Johnny Depp e Jerry Bruckheimer e firmato da Gore Verbinski già regista de i 'Pirati dei Caraibi', ribalta la dinamica degli originali sceneggiati e serie tv elevando il comprimario Comanche a vero protagonista. (...) Una scena di stazione di frontiera (...) cita subito apertamente quella insuperata di 'C'era una volta il West'; dai primissimi piani alle note di Hans Zimmer che arraffa in abbondanza dagli spartiti di Ennio Morricone.(...) Tonto e John si ritrovano a combattere i banditi, incatenati controvoglia l'uno all'altro stile 'Muro di Fango' in una lunga sequenza di acrobazie intricamente coreografata sul tetto del treno in corsa che è il dichiarato-omaggio di Verbisnky al 'Generale', il film di Buster Keaton che viene citato a più riprese nel corso del film. Dopo un esplosivo finale d'ordinanza, parte il «buddy-movie» imperniato sulla palese incompatibilità degli improbabili compari. Malgrado i tentativi di ironia e di scorrettezza politica, il registro dominante è quello della farsa da multisala, ben lontano per dire da un anti-western come il sublime 'Dead Man' di Jim Jarmusch dove Depp aveva interpretato l'ignaro ragioniere perduto nel West scambiato per William Blake dall'enigmatico medicine man Nobody. Quando avrà convinto il diffidente John a reincarnarsi come il Lone Ranger i due diventano una coppia da comedy classica anche se il ruolo di spalla passa al Ranger (Armie Hammer), sullo sfondo di un West sulla soglia del progresso irrevocabile. Il baricentro del film rimane tuttavia Tonto e le rappresentazioni degli indiani nei western hollywoodiani, con attori bianchi travestiti e grossolani stereotipi di selvaggi, sono notoriamente problematici. ll comanche sbadato di Depp, un po' saggio e un po' buffone, in questo senso è potenzialmente un campo minato anche se l'intenzione è chiaramente una sorta di riabilitazione postmoderna in cui, dopo i western revisionisti pro-indiani degli anni 70 e dopo 'Balla coi Lupi', idealmente è lecito ormai fare degli indiani un paritario oggetto comico. Ecco quindi Tonto promosso da caricatura da radiosceneggiato a protagonista comico-demenziale che come il capitano Sparrow, è fortemente debitore del Brancaleone da Norcia di Vittorio Gassman nella maniera in cui miscela l'eroico e il farsesco. Consapevoli dei pericoli i produttori hanno comunque messo le mani avanti con un blitz preventivo di pubbliche relazioni a base di incontri con tribù, una anteprima stampa organizzata nel museo di storia indiana di Santa Fè e un ufficio stampa che tiene a sottolineare ad ogni opportunità un'ipotetica consanguineità di Johnny Depp con gli indigeni d'America dovuta ad una bisnonna «in parte Cherokee» oltreché la cittadinanza onoraria concessagli dai Comanche col nome di 'Mah-woo-meh'. Il progetto complessivo di Depp e Verbisnky tuttavia è più ambizioso e implica la rilettura ironica di un personaggio che ne è quasi per definizione refrattario: un eroe da avanspettacolo patriottico, radicato nell'abbondante repertorio di moralismo da educazione civica lievemente kitsch del dopoguerra. Alla fine però si tratta al massimo di una dissacrazione «soft» del genere con l'innesto di commedia «slapstick» da cinema muto. Nella misura in cui 'Lone Ranger' è un film da botteghino che flirta con nozioni «colte» e cinefile, è un esperimento abbastanza interessante. Per il resto siamo pur sempre sul terreno bruckheimeriano della rutilante e violenta avventura da multisala, un film che nel complesso può essere letto come un coraggioso tentativo di blockbuster postmoderno oppure semplicemente un mash-up di citazioni ingarbugliate." (Luca Celada, 'Il Manifesto', 4 luglio 2013)
"Sulla carta, e sullo schermo, è tutto un po' troppo politicamente corretto anche se non ci dispiace affatto l'accoppiata Hammer-Depp, la necessità di una pacificazione tra indiani e yankee (ecco perché l'evocazione del western dalla parte dei pellerossa 'Il piccolo grande uomo') e qualche personaggio assurdamente pittoresco come la Madame Red di Helena Bonham Carter (quando è lontana dal marito Tim Burton... d il meglio di sé), in grado di ficcarti piombo in corpo sparando dalla sua gamba d'avorio. Poca cosa i cattivi. Assai scialbi. E se si sbaglia la nemesi dell'eroe, sono problemi. Anche in un nuovo western scombiccherato fondato sulla surreale grazia di Johnny Depp. Non si prevedono incassi stellari in patria, vista la problematicità di una trama che vede i nordamericani brutti, sporchi e cattivi. C'è il rischio che questo primo capitolo di una potenziale saga... rimanga solitario come il suo Ranger." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 4 luglio 2013)
"Piacerà.Mica tanto a quanti ricordano il fumetto di Flanders e i film e i telefilm degli anni '50. Dove Tonto era immancabilmente I'«american native» nobile e fiero, (Aurelio Galeppini, quando volle dare un volto a Tiger Jack ,il pard indiano di Tex Willer, si ispirò evidentemente a Flanders). Johnny Depp chiamato a fare il Tonto ripete le sue mossette del capitan Sparrow dei 'Pirati dei Caraibi' e persino le moltiplica. Con lui, la location non sembra più il Far West, ma una carnevalata dei Gay Pride. Il punto è che lo scopo di 'The Lone Ranger', nelle evidenti intenzioni del produttore Bruckheimer e del regista Verbinski (gli stessi dei 'Caraibi'), non era quello di resuscitare il Cavaliere Solitario, ma di dare a Depp un'ulteriore occasione per sfarfallare (il filone piratesco era ormai stato spremuto come un limone). Quindi premesse abbastanza deprimenti (e inoltre la conferma che il pubblico dei Pride conta più di quello, ormai quasi estinto, dei western). Per fortuna si tratta sempre di un film della pregiata ditta Jerry Bruckheimer. Da almeno 20 anni Jerry a Hollywood è garanzia di grande avventura, di azione che non lascia fiato. La sua rinomanza, partita da 'The Rock' con Sean Connery, è stata consolidata in tempi più recenti da 'Prince of Persia' e 'King Arthur' (grandi avventure che hanno mandato a casa contenti anche spettatori di non facile contentatura). 'The Lone Ranger' (decisamente stucchevole quando cerca di non perdere per strada il pubblico dei 'Caraibi') è trascinante, trionfante quando si lascia andare all'azione a ruota libera (gli stunt men fanno meraviglie cavalcando sui tetti dei treni in corsa e saltando da un convoglio all'altro). Una consolazione per i nostalgici del vecchio 'Ranger'. L'ouverture del 'Tell' è rimasta. Il bianco cavallo Silver galoppa ancora diretto da Gioacchino Rossini." (Giorgio Carbone, 'Libero', 4 luglio 2013)
"Cavalca 'Lone Ranger' nelle praterie degli incassi estivi contando molto sulle smorfie «pittate» di Johnny Depp, qui nei panni dell'indiano Tonto. E' lui a raccontare la storia dell'avvocato maldestro John Reid diventato mito, ovvero il cavaliere solitario. Il film dura tanto ma, a parte qualche inevitabile passaggio a vuoto, il ritmo è bello frizzante. I duetti trai due stravaganti protagonisti sono il tocco in più, insieme ad un buon cast di contorno e a una scenografia da Oscar." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 4 luglio 2013)