Sabato 27 marzo | Ore 21:00 |
Domenica 28 marzo | Ore 16:00 e 21:00 |
Dalla magia di Walt Disney Pictures e dalla fantasia del visionario regista Tim Burton nasce l'avventura epica "Alice nel paese delle Meraviglie", una delle storie più amate di tutti i tempi riproposta in una chiave nuova, magica e fantasiosa. Johnny Depp interpreta Mad Hatter mentre Mia Wasikowska veste i panni della diciannovenne Alice, che dopo tanti anni torna nel mondo incantato da lei visitato quando era bambina; lì ritrova i suoi indimenticabili amici d'infanzia: il Coniglio Bianco, Pinco Panco e Panco Pinco, Toperchio, il Brucaliffo, lo Stregatto, e ovviamente, il Cappellaio Matto. Alice intraprende una nuovo, fantastico viaggio alla ricerca del suo destino e per porre fine al terrorizzante regno della Regina Rossa.
Si segnala che la pellicola proiettata all'auditorium (e nella maggior parte delle altre sale cinematografiche) non è la versione 3D del film.
Regia | Tim Burton |
Sceneggiatura | Linda Woolverton |
Fotografia | Dariusz Wolski |
Musiche | 1h 50' |
Mia Wasikowska | Johnny Depp |
Helena Bonham Carter | Anne Hathaway |
Crispin Glover | Alan Rickman |
Michael Sheen | Christopher Lee |
Matt Lucas | Stephen Fry |
Valutazione Pastorale (dal sito dell'Associazione Cattolica Esercenti Cinema - ACEC)
Giudizio: Consigliabile / poetico
Tematiche: adolescenza, animali, famiglia - genitori figli, film per ragazzi, libertà
Il reverendo inglese Charles Lutwidge Dodgson pubblicò il 4 luglio 1865
un'opera intitolata "Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie",
firmando il libro con lo pseudonimo Lewis Carroll. A quello fece poi seguire
"Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò". Adattato per il cinema
fin dal 1903 e affrontato in mille libri nelle sue valenze simboliche, il
testo arriva a Tim Burton, maestro del fantasy senza tempo. L'autore
americano vi profonde indubbi sforzi di originalità e rinnovamento. Evita le
trappole dello stereotipo, aggira le scorciatoie del prevedibile, e scrive
una vicenda di formazione e di crescita in stile favolistico allo stato
puro, ossia di fantasia senza età. Gli effetti speciali in qualche momento
sembrano condizionarlo, e la visionarietà si confonde con una certa
razionalità quasi aritmetica delle emozioni. Tuttavia lo spettacolo resta
notevole, e Alice continua a restare a pieno titolo nell'immaginario degli
spettatori del terzo millennio. Dal punto di vista pastorale, il film é da
valutare come consigliabile, e nell'insieme poetico.
Utilizzazione: il film é da utilizzare in programmazione ordinaria
e in seguito come proposta convincente per bambini e ragazzi
Funziona a metà l'affinità con Carroll: spettacolare ma freddo il paese delle meraviglie di Burton
Vi si afferma il contrario, ma in Alice in Wonderland l'impossibile non sempre è possibile.
A dispetto del suo tono fatato, leggero, privo delle solite sfumature dark, il nuovo Tim Burton appare quasi disincantato, non convinto del tutto della praticabilità dei sogni (se non in funzione mercantile). Eloquente metafora quella del matrimonio. Lavora a più livelli, introdotta da Burton grazie all'unica licenza narrativa del film rispetto al libro. Muta l'età della protagonista, che non è una bambina ma nemmeno un'adulta, impantanata com'é nella terra di mezzo dell'adolescenza dove l'insofferenza cresce di pari passo con l'esposizione sociale. Naturale che le nozze combinate con lord Hamish – iperbole del conformismo e dell'ovvietà – non si realizzino. L'indisponibilità stavolta è dalla parte dei freaks, "i matti e migliori" che non sanno che farsene dei normali. Rivincita amara che costa una separazione: la trasmissibilità dei mondi di Carroll diviene strappo irreversibile in Burton. Come se il sogno attenesse al sogno, la veglia alla veglia. E se anche Alice acquisirà maggiore consapevolezza solo dopo il viaggio nel mondo onirico, la sua crescita sarà soprattutto un rifiuto di scendere a patti con la realtà, giudicata non meno insensata di Sottomondo (e una volta tornata liquiderà lo squilibrio della vecchia zia come semplice caso psichiatrico).
In questo scambio fallito c'è tutta la misura emotiva dell’operazione, insolitamente fredda rispetto agli standard di Burton. Come se l'affinità elettiva con Carroll – cantore dell'immaginazione anche lui - si fosse tradotta in automatismo senza partecipazione. E' ammirevole come sempre il talento visionario, la cura del dettaglio, la direzione degli attori (formidabili Johnny Depp ed Helena Bonham Carter, bene la Wasikowska, insopportabile la Hathaway), ma mancano sentimenti veri, personaggi memorabili e poesia. E la vera magia che ancora in Sweeney Todd nasceva dall'incontro tra normalità e mostruosità, qui è norma e artificio di un paese delle meraviglie lontano e digitale. (Gianluca Arnone)