Sabato 13 dicembre | Ore 21:00 |
Domenica 14 dicembre | Ore 21:00 |
Il signore della droga Barillo ha piani ambiziosi e intende subentrare al Presidente messicano in carica. L'agente Sands (Johnny Depp), corrotto esponente della Cia, lavora per lui e contro di lui, accettando offerte dai nemici per contrastare la scalata di Barillo. A tal fine, viene assoldato un mariachi (Antonio Banderas) in cerca di vendetta per l'omicidio della sua amata da parte del generale fedele a Barrillo...
Antonio Banderas | El Mariachi |
Johnny Depp | Agente Sands |
Salma Hayek | Carolina |
Willem Dafoe | Barillo |
Mickey Rourke | Billy |
Rubén Blades | Jorge |
Eva Mendes | Agente Speciale Ajedrez |
Enrique Iglesias | Lorenzo |
Regia | Robert Rodriguez |
Sceneggiatura | Robert Rodriguez |
Montaggio | Robert Rodriguez |
Suono | James Mase |
Costumi | Graciela Mazòn |
Trucco | Troy Breeding, Sandra Miguell |
Fotografia | Robert Rodriguez |
Musiche | Robert Rodriguez |
Scenografia | Robert Rodriguez |
Effetti speciali | Brian Montgomery |
Titolo originale |
Once Upon A Time In Mexico |
Durata | 1h e 49' |
Valutazione pastorale a cura della ACEC
Giudizio: inconsistente/crudezze
Tematiche: Cinema nel cinema; Fumetti
Prima c'erano stati "El Mariachi" (1992) e "Desperado" (1995). Oggi Robert Rodriguez (che praticamente fa tutto, tranne l'attore) arriva al capitolo di questa, se così possiamo chiamarla, trilogia delle avventure di El Mariachi. In realtà, più che i personaggi, a dominare è una confusione senza fine: trama sconnessa, i pochi fatti ingarbugliati in un montaggio incrociato, sparatorie di cui si perde il conto, rumori, caos, psicologie a livello zero. Certo siamo dentro una grande parodia, di generi, di caratteri, di situazioni. Qui niente è credibile, tutto è sopra le righe, più che dialogare ci sia atteggia con frasi sentenziose scolpite nella pietra. Qua e là fa capolino una certa efficacia visiva, ma la caricatura e gli eccessi, anche di violenza, prevalgono. Volendo solo fare spettacolo, il film, dal punto di vista pastorale, è da valutare come inconsistente, e segnato da non poche crudezze.
Utilizzazione: Il film é da utilizzare con una certa prudenza in programmazione ordinaria, cercando di non coinvolgere i minori. Stessa attenzione è da tenere per i successivi passaggi televisivi.
"Rodriguez dà forza alla sua saga con un film violentissimo al di là del repertorio splatter. Lo scenario è quello che Steven Soderbergh ha evocato in 'Traffic', l'operazione di polizia Usa per il controllo delle 'risorse' in un mix beffardo fra Fbi e Cia, detto collaborazione fra agenzie, rivali nella stesura di documenti falsi per giustificare i massacri, e Bush-Blair ne sanno qualcosa. Lo schermo di Rodriguez avvampa nella catastrofe, nella sua dinamica interna un po' Tsui Hark un po' Tarantino, caldo, denso, irreale nei suoi pixel ipercromatici, un film che stordisce come un anno intero di notizie dal fronte". (Mariuccia Ciotta, 'Il Manifesto', 29 agosto 2003)
"Girato su sfondi rossi o granata - come nello stile di Rodriguez, che i film se li scrive, se li fotografa, se li monta e se li produce, oltre che dirigerseli -, 'C'era una volta in Messico' è pensato per bambini fino a tredici anni, come 'Spy Kids 3D: Game Over', sempre di Rodriguez, sempre con Banderas. Perché fino a tredici? A quattordici uscirebbero dopo la prima ora, senza aspettare la seconda". (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 29 agosto 2003)
"Il marchio Miramax si rivela ancora una volta micidiale: questo è un cinema americano che non crede alla propria dignità storica e tenta di svenderla agli europei in un gioco di svuotamento parassitario cadenzato dagli effetti frastornanti del digitale e dell'alta definizione. A pensarci bene c'era molta più classe avventurosa e molto più 'spirito dei luoghi' in uno qualsiasi degli episodi di 'Zorro' della nostra infantile televisione". (Valerio Caprara, 'Il mattino', 29 agosto 2003)
"Robert Rodriguez non avrà molto da dire, ma almeno fa tutto da sé. Girato in fretta e in digitale, 'C'era una volta in Messico' lo ha scritto, diretto, fotografato, montato, musicato, ambientato, saccheggiando se stesso, Sergio Leone e moltissimi altri con divertimento e disinvoltura. Ne esce un film elettrizzante o letale, dipende dai gusti, gratuito e iperspettacolare come gli ultimi Tarantino e Kitano. Anche se molto più 'vecchio', volgare, caciarone, o forse proprio per questo, troverà il suo pubblico." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 21 novembre 2003).
"El Mariachi" atto III secondo Rodriguez: chitarra, divi e pistole
C'era una volta in Messico è il terzo film di Robert Rodriguez (da 30 milioni di dollari) della trilogia iniziata con El Mariachi, film da incassi platenari con un budget minimo (7000 dollari), e proseguita con Desperado. Il film si potrebbe ribattezzare 'chitarra e pistole', per la personale rivisitazione delle tradizioni messicane, anche se dal regista è stato pensato sulla falsariga della famosa trilogia del dollaro di Sergio Leone (seguendo il consiglio di Quentin Tarantino). Qui si conferma che con l'aumentare del budget di un film, in base ai canoni di Hollywood, sembra che debbano conseguentemente prolificare le immagini di sparatorie, sangue, esplosioni, fughe rocambolesche, secondo una visione molto vicina ai videogiochi e nel complesso poco attenta alla presenza di solidi contenuti. Ritroviamo Antonio Banderas nel ruolo di El Mariachi, il mitico eroe con la chitarra a tracolla, accompagnato dall'amata Carolina (Salma Hayek) e ormai rassegnato a una vita di isolamento. Ma viene intercettato da Sands (Johnny Depp), un corrotto agente della Cia, che lo arruola per fermare un colpo di stato ai danni del presidente del Messico. El Mariachi è un mercenario che non si risparmia nell'avventura dalle tinte di rivoluzione, di lotta per il potere e di vendetta. Ma la vera attrazione film è rappresentata dal cast: oltre ad Antonio Banderas, che si esibisce in rocambolesche evoluzioni, c'è Johnny Depp, che regala una distaccata performance tra ironia e dramma, Willem Dafoe nel ruolo del boss della droga, Salma Hayek, il redivivo Mickey Rourke, il musicista panamense Ruben Blades, Enrique Iglesias e l'italiano Marco Leonardi. Come le due opere precedenti, Rodriguez ha scritto, diretto e prodotto il film e svolto le funzioni di direttore della fotografia, scenografo, montatore e compositore delle musiche. (Daniela Bisogni)