Sabato 19 gennaio | Ore 21:00 |
Domenica 20 gennaio | Ore 16:00 e 21:00 |
Ispirati dalle parole del dott. Stephen Malley, loro idealista professore di Scienze Politiche alla West Coast University, Arian e Ernest decidono di fare qualcosa di importante e significativo nelle loro vite: si arruolano quindi nell’esercito per unirsi ai combattimenti in Afghanistan. Mentre i due ragazzi devono sopravvivere sul campo di battaglia, il dott. Malley è alle prese con il senso di responsabilità per quanto avvenuto e con un altro suo studente, Todd, che nel suo distacco e nella sua apatia sembra essere l’opposto dei suoi colleghi partiti per la guerra. Nel frattempo a Washington un senatore che ambisce alla Casa Bianca è in procinto di fare rivelazioni bomba ad una giornalista, rivelazioni che potrebbero cambiare il destino di Arian ed Ernest, e di tutti i soldati americani impegnati in Afghanistan.
Regia | Robert Redford |
Sceneggiatura | Matthew Michael Carnahan |
Tom Cruise | Meryl Streep |
Robert Redford | Michael Peña |
Peter Berg | Derek Luke |
Tracy Dali | Louise Linton |
Jennifer Sommerfield | Andrew Garfield |
John Brently Reynolds | Rustee Rutherford |
Valutazione Pastorale (dal sito dell'Associazione Cattolica Esercenti Cinema ACEC)
Giudizio: accettabile, problematico, dibattiti
L'America, gli ideali, l'identità. Gli interrogativi su un tema così frequentato eppure sempre irrisolto bruciano ancora dentro la coscienza di Robert Redford, che ormai ha un'età abbastanza matura, ha conosciuto tante americhe, ha attraversato, come uomo di cinema, tante guerre e tante 'morali'. Qui, come regista e come uno dei protagonisti, si affida quasi completamente alla parola. Dialoghi serrati, incalzanti, al limite della verbosità, eppure utili nel loro scavare a fondo posizioni, sfumature, distinzioni. Il contrasto etico più forte è, sembra superfluo dirlo, nella difficile conciliazione tra i valori del popolo americano e il suo essere (quasi) sempre impegnato in una guerra. Il copione non propone niente di veramente nuovo, ma é onesto, denso di elaborazioni concettuali, fecondo di spunti per riflettere. Anche sul ruolo della stampa e della televisione. Dal punto di vista pastorale, il film é da valutare come accettabile, problematico e adatto per dibattiti.
Utilizzazione: il film é da utilizzare in programmazione ordinaria, e da riprendere in molte occasioni per approfondire le molte suggestioni che offre, sopra ricordate.
Sarebbe piaciuto a Mankiewicz questo film, per l'importanza che attribuisce alla parola, alla dialettica e alla retorica: il regista di 'Eva contro Eva', 'Giulio Cesare' e 'Masquerade' avrebbe saputo apprezzare quella che era stata la sua qualità principale, un cinema fatto di idee, recitazione e poco altro. Ma ricchissimo d'intelligenza e lucidità. (...) Il film, sceneggiato da Matthew Carnahan, e tutto costruito intorno a questi due teatrini della persuasione, dove l'abilità retorica del senatore cerca di smantellare la scettica razionalità della giornalista, mentre l'impegno del professore si sforza di fare breccia nelle posizioni rinunciatarie del suo studente. Redford non risparmia critiche né alle scelte troppo remissive della stampa né a quelle qualunquiste dello studente e sembra avere ammirazione solo per il coraggio e la coerenza dei due ex allievi arruolatisi, disposti al sacrificio estremo della vita. E' il pegno che paga alla retorica dell'eroe insita nella cultura americana ma anche il mezzo per ricordare che quella retorica ha origini classiste e ragioni politiche." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 24 ottobre 2007)
"Niente di nuovo, ma chissà che il film non possa ugualmente aiutare a riflettere. Verboso, declamatorio, 'Leoni per agnelli' appartiene al cinema di parola e consta di tre dialoghi che si svolgono in luoghi diversi nello stesso giorno: un'intervista di Meryl Streep al senatore Cruise a Washington; uno scambio tra due amici, nero e messicano, agonizzanti in Afghanistan; una conversazione tra il professor Redford e uno studente della Università californiana a suo tempo frequentata dai due amici ormai morti, sull'indifferenza e l'impegno. Le star protagoniste danno un contributo essenziale: ma la troupe, in nome della serietà dei temi del film, ha rifiutato di partecipare a qualsiasi festa della Festa romana." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 24 ottobre 2007)
"La misurata polemica è efficace spettacolarmente solo quando battibeccano cortesemente Cruise e la Streep. (...) Non abituati a ragionare secondo diversi fusi orari, come fanno gli americani, gli italiani stenteranno a capire che le continue inquadrature degli orologi devono far capire che gli episodi sono sincroni. In fondo è la trovata migliore del film. La Streep è al secondo film alla Festa: nel primo, 'Rendition', era la gelida funzionaria della Cia, con la stessa magnifica disinvoltura. Proprio alla Festa, la Loren ha detto d'odiarla. Invece dovrebbe invidiarla." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 24 ottobre 2007)
"Che malinconia ritrovarsi l'icona-Redford nei panni e nei tratti stropicciati e cascanti di un logorroico cattedratico... Anche se si sapeva benissimo che il biondo compare di Paul Newman nei classici 'Butch Cassidy' e 'La stangata', nonché il divo sexy del cinema alternativo anni '70, è diventato a settantuno anni un vate della sinistra americana e l'instancabile boss dell'anti-hollywoodiano Sundance Institute, l'effetto tempo perduto finisce col destabilizzare in partenza 'Lions for Lambs' di cui è produttore, regista ed attore. (...) Purtroppo il film sbaglia totalmente l'impianto, restando sempre indeciso e irrisolto tra il tono teatrale delle ammiccanti battute politiche dell'episodio Cruise/Streep, l'imbarazzante predica del prof Redford e la claustrofobica routine dello scorcio guerresco: incanalati ciascuno nel suo ambito, i temi non trovano un ritmo, eseguono uno spartito sconnesso e, soprattutto, mancano l'attesa fusione finale in senso sia drammaturgico che emotivo. Probabilmente il copione aveva inserito chiavi psicologiche già usurate: il turgido senso del potere che elettrizza il senatore, l'idealismo piagnucoloso del docente in pantaloni di velluto e camicia botton-down, la spacconeria dei due giovani prima emarginati dalla società e poi mandati al macello dalle manovre di Washington e dall'incapacità dei comandanti. Ma certo RR doveva impegnarsi di più, in primo luogo perché il cinema non può accontentarsi delle didascalie e in secondo perché vogliamo sempre un gran bene all'eroe di 'Corvo rosso', 'Come eravamo', 'Il grande Gatsby' e 'I tre giorni del Condor'." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 24 ottobre 2007)
"Con attori meno dotati sarebbe un autogol, nobile ma verboso. Con questo cast, e con dialoghi tanto affilati, è un'americanissima prova di coraggio - e di ottimismo della volontà. Mentre l'Occidente sprofonda nell'ironia, nel disincanto, nelle dietrologie, Redford ci ricorda che siamo tutti sulla stessa barca e ognuno deve fare il suo dovere. meglio: essere se stesso fino in fondo. Anche se sono gli altri a morire, magari per una causa sbagliata. Facile respingere il messaggio al mittente con sufficienza, parlare di retorica, dire la guerra l'hanno volutagli Usa, non ci riguarda. Ma sarebbe più onesto riconoscere che stavolta Redford parla a tutti noi." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 24 ottobre 2007)
"Questo è il film. Semplice. Recitato da attori 'forza della natura', di ogni genere e età (siano essi tenori, baritoni, soprano, stonati o controtenori). Il vero misterioso oggetto invisibile ripreso dal bel film è l'inconscio collettivo, lo stesso che poi fa votare la sinistra, soprattutto estrema, anche in Italia per Berlusconi o Cofferati, in nome dei nostri interessi materiali che, ci spiega Redford, sono in questo modo assai malamente tutelati. Fantasia e impegno al potere, invece, come nel '68. In California, l'estate scorsa, mi hanno raccontato, una storia simile a 'Lions and Lambs'. Impegnati e politicizzati quanto altri mai (sono ragazzi della Santa Cruz University), hanno scoperto che alcuni di loro avevano staccato la spina delle discussioni interminabili davanti a 10 birre e, marines, erano partiti. A fare 'i leoni' ma comandati e imbrogliati, come sempre avviene, fin dalla prima guerra mondiale, da quegli agnelli di generali. Clinton, svela 'Rendition', progettò sequestri clandestini di terroristi pericolosi da smistare in segreto. Vero. Dopo Mogadiscio ... Che Bush jr. abbia applicato quelle regole per salvare terroristi dalla furia devastante, di Arian, Ernest e Todd, non ce lo aveva però finora raccontato nessun film. Usa." (Roberto Silvestri, 'Il Manifesto', 24 ottobre 2007)
"Il passo di 'Lions for Lambs' è quello solito di Redford, forse leggermente più didascalico. Spettacolo messo al servizio di qualche convinzione. Niente di radicale, niente di rivoluzionario, ma sincero e onesto sì." (Roberta Ronconi, 'Liberazione', 24 ottobre 2007)
"Questo discreto prodotto - a basso costo, va riconosciuto - del rispettabilissimo impegno liberal, riesce a essere in una botta sola moralista, con la giornalista e il politico, sia didattico, con Robert Redford e il suo allievo, e anche vagamente retorico, nella resistenza epica e sprezzante della morte dei militari americani circondati dai talebani." (Luca Mastrantonio, 'Il Riformista', 24 ottobre 2007) "Due parti del film su tre consistono di lunghi dialoghi fra personaggi seduti a una scrivania. ' Leoni per agnelli' (titolo che allude a una battuta di Redford: i soldati inglesi della prima guerra mondiale erano leoni comandati da generali imbelli come pecore) va preso per quello che e una critica alla Casa Bianca, e un'amara riflessione della parte 'democratica' del paese su ciò che Bush ha fatto all'America. Quando Redford incita l'allievo all'impegno, sembra Kennedy quando disse: 'Non domandatevi cosa il vostro paese può fare per voi, ma cosa voi potete fare per il vostro paese'. L'idealismo kennedyano si scontra con il modernissimo cinismo del senatore Tom Cruise, il personaggio più sinistro e indimenticabile del film. Alla fine il messaggio è noi democratici siamo brave persone e amiamo l'America, ma Bush ci ha rotto il giocattolo e dobbiamo far qualcosa per aggiustarlo. Lodevole e condivisibile: ma bastava la conferenza stampa, non serviva anche il film." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 24 ottobre 2007)
"Non sappiamo come dirvelo, ma qualcuno lo deve pur fare. Robert Redford si tinge i capelli (sfumatura tra Biscardi e la Brambilla). Ma come, il film manda un messaggio e noi indugiamo in dettagli da sciampista? Per forza, sennò dovremmo dire che la fotografia è un gradino sotto il professionale, e purtroppo lo è anche la recitazione di Meryl Streep, giornalista costretta a un botta e risposta di quasi mezz'ora con il senatore repubblicano Tom Cruise. 'Voglio dichiarare guerra a chi fa la guerra', spiega il regista. E aggiunge: 'Sappiano i giovani che ribellarsi giusto'." (Maria Rosa Mancuso, 'Il Foglio', 24 ottobre 2007)