Giovedì 23 Marzo 2017 - Ore 21:00
Nel 1944 l'ereditiera Florence Foster Jenkins è tra le protagoniste dei salotti dell'alta società newyorchese. Mecenate generosa, appassionata di musica classica, Florence, con l'aiuto del marito e manager, l'inglese St. Clair Bayfield, intrattiene l'élite cittadina con incredibili performance canore, di cui lei è ovviamente la star. Quando canta, quella che sente nella sua testa come una voce meravigliosa, è per chiunque l'ascolti orribilmente ridicola. Protetta dal marito, Florence non saprà mai questa verità. Solo quando Florence deciderà di esibirsi in pubblico in un concerto alla Carnegie Hall, senza invitati controllati, St. Clair capirà di trovarsi di fronte alla più grande sfida della sua vita.
Regia: Stephen Frears
Interpreti: Meryl Streep, Hugh Grant, Simon Helberg, Rebecca Ferguson, Nina Arianda, John Kavanagh, David Haig, Christian McKay, Mark Arnold
Sceneggiatura: Nicholas Martin
Fotografia: Danny Cohen
Montaggio: Valerio Bonelli
Musiche: Alexandre Desplat
Durata: un'ora e 51 minuti
Ingresso: 4.00 € - Il costo del biglietto
"Mentre il nostro cinema fa harakiri offrendo cinepanettoni indigeribili, il Natale propone anche questa commedia melomane piena di grazia crudele e gorgheggi (...). Stephen Frears (...) evita di approfondire il tema ma ragiona su affetti e ugola mirando ai talent di oggi. La sincerità della signora la protegge quando si presenta vestita kitsch con ali d'angelo o da señorita: Meryl Streep, sempre più unica, rifà esattamente con voce sua gli stessi errori vocali, strepitosa anche nella velata doppiezza, in ogni sguardo. Due angeli custodi: il marito, un Hugh Grant mai così bravo, con raffinatissima malinconia presenile e uno strepitoso pianista allibito e bruttino, Simon Heiberg, che suona e tappa le orecchie incredulo a suon di dollari. Tutti, ovvio, sull'orlo del baratro." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 22 dicembre 2016)
"(...) interpretazioni davvero grandiose dei tre protagonisti. Una sempre sublime Meryl Streep, tutta parrucche e posticci. Uno scatenato Hugh Grant, semplicemente portentoso nei panni di quel lestofante con un cuore che da attore mancato mette tutta la sua arte al servizio di quella colossale montatura (non perdete la prima scena, soprattutto se avrete la fortuna di assaporare i dialoghi in originale). E la rivelazione Simon Heiberg, il piccolo pianista spiantato che si ritrova complice di quel circo e non può più tirarsi indietro. Pur sapendo che suonare insieme a quella "cantante" sarà probabilmente la sua fine. Come tutto questo si articoli in una storia imprevedibile ma coerente e psicologicamente inattaccabile, basata sulle cronache e soprattutto sui diari di quel marito a suo modo devoto, conviene scoprirlo al cinema. Ma solo Stephen Frears, uno dei registi più inclassificabili e sorprendenti in circolazione, poteva riuscire a cogliere con tanta esattezza e trascinante senso dello spettacolo il lato «ridicolo, commovente e insieme grottesco» di questi personaggi eccentrici quanto adorabili." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 22 dicembre 2016)
"Non è che ci procuri molte gioie, ma la categoria dei film medi di buon artigianato è assaiutile per ridurre il nefasto gap tra cinema (presunto) d'autore e cinema (presunto) d'evasione. Specie se - come nel caso di «Florence» - il cast funziona particolarmente bene mettendo in sordina la prevalenza nella messinscena dell'accuratezza di mestiere sulla creatività e lo stile. (...) Un biopic affine anche se meno fedele, «Marguerite» di Giannoli passato due anni orsono alla Mostra di Venezia, sottoponeva a una sorta di requisitoria il velleitarismo del bizzarro personaggio, mentre in questo film poco straordinario, ma molto piacevole Frears tiene a mantenere a una certa distanza nei confronti dei fatti senza ricorrere né a una chiara empatia né a un aspro sarcasmo. Affidandosi, invece, alla solida sceneggiatura concentrata nel cruciale 1944, utilizzando al meglio il cinemascope e servendosi di metafore alquanto facili (l'incontinente passione per la musica è per la donna la perfetta alternativa al sesso inibitole dalla sifilide contratta dal primo marito), la sensazione di una certa irrilevanza viene moderata valorizzando le superbe performance del cast; in primis della Streep che non ha più bisogno di aggettivi e si conferma maestra del trasformismo maniacale (nella versione originale canta anche in maniera orridamente stonata, mentre notoriamente ha una bella voce e sa come sfruttarla), poi dell'ormai maturo Grant che, superato il periodo di appannamento, è nuovamente irresistibile nel ruolo dell'attore inglese fallito Saint-Clair (...) e infine del formidabile Helberg ovvero il minuscolo e stralunato compositore che accompagna al piano la diva." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 22 dicembre 2016)
"Film elegante, mélo struggente, racconto classico ma più sovversivo di quanto non appaia dietro ai lustrini esibiti dalla high society americana del tempo, 'Florence' vive nel perfetto equilibrio dell'arguzia del regista di Leicester e del talento smisurato di Meryl 'Lady Oscar' Streep. Godibile e non solo per signore." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 22 dicembre 2016)
"Dopo un quarto d'ora è possibile che qualche spettatore (più d'uno probabilmente) salti su a dire: io questa storia l'ho già vista. Non sbaglia. Il canovaccio (con nomi mutati) è lo stesso di 'Marguerite' film francese di qualche anno fa, storia di una riccona melo-mane che si ostinava a cantare in pubblico, nonostante fosse stonata come una casseruola. 'Marguerite' romanzava, 'Florence' invece è un bio-pic fedele alla vicenda di Florence Foster Jenkins, una miliardaria di New York, rimasta proverbiale per le sue stravaganze negli anni 30 e poi in quelli di guerra. Il grosso del film riprende gli ultimi mesi di vita di Florence nel 1944 quando vennero brutalmente i nodi al pettine, cioè la stonatissima venne trattata come tale dopo lustri passati a bearsi delle recensioni e degli applausi compiacenti. (...) Piacerà enormemente ai fans di Meryl Streep, qui lanciata verso la sua ennesima candidatura all'Oscar. Un po' meno a chi è fan a corrente alternata e giudica Meryl forse la più brava attrice del suo tempo, ma certamente la più caccolosa, manierata, leziosa dell'ultimo mezzo secolo. Qui il personaggio le consente di scatenarsi al di là di ogni decenza, col risultato che il centro del film finisce per non essere più lei, ma uno stupefacente Hugh Grant che fa il marito-manager devoto ai limiti del masochismo. Noi Grant lo davamo sinceramente bollito. Assurto alla notorietà nei ruoli di svagato giovin signore, sembrava al capolinea quando la giovinezza se n'era andata e quindi il diritto alla svagatezza. Guidato da un grande direttore come Stephen Frears, Grant riesce a rendere plausibile Bayfield fino alla fine. E a conciliare nel pubblico l'idea che forse Florence era fasulla, ma il buon marito no." (Giorgio Carbone, 'Libero', 22 dicembre 2016)
"Dovrebbe arrivare il quarto Oscar per la strepitosa Meryl Streep: la ventesima nomination sarebbe troppo poco. Quant'è brava non lo si scopre oggi; eppure ogni volta riesce a sorprendere per la naturalezza e la classe con cui sa dar vita a un'eroina magicamente diversa dalle precedenti. In questa divertente, a tratti irresistibile commedia, diretta con la consueta eleganza dal veterano inglese Stephen Frears, la troviamo nei panni ingioiellati dell'ereditiera Florence Foster Jenkins. (...) ottimo Simon Helberg, bizzarro incrocio tra Alvaro Vitali e John Turturro (...)." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 22 dicembre 2016)