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Kay e Arnold sono la classica coppia annoiata da tanti anni di matrimonio. Stanca della routine e con tanta voglia di riaccendere la passione, Kay sconvolge suo marito con una proposta "folle": una settimana di terapia matrimoniale nella cittadina di Great Hope Springs, dove vive un famoso consulente matrimoniale. Nessuno dei due, però, sembra sapere cosa li aspetta: all'inizio superare le inibizioni e gli imbarazzi non sarà affatto semplice ma sarà l'unico modo per riaccendere quella scintilla di quando si erano innamorati.
Regia: David Frankel
Interpreti: Meryl Streep, Tommy Lee Jones, Steve Carell, Jean Smart, Marin Ireland, Susan Misner, Ben Rappaport, Patch Darragh, Bill Ladd
Sceneggiatura: Vanessa Taylor
Fotografia: Florian Ballhaus
Montaggio: Steven Weisberg
Musiche: Theodore Shapiro
Durata: un'ora e 40 minuti
David Frankel veste la fine - e il nuovo inizio? - del matrimonio: Lee Jones e la Streep strepitosi, coraggioso il dramedy
La coppia scoppia. Anzi, è già scoppiata. Solida, all’apparenza, ma i muri parlano e dopo un po’ pure le figure: Kay (Meryl Streep) non ce la fa più, vuole ritrovare la perduta intimità, perché col marito orso Arnold (Tommy Lee Jones) oramai è la stessa sterile, pragmatica solfa anaffettiva, abulica e anoressica. Si salva solo il desco, ma nemmeno questo è familiare: uova con bacon per lui, e la Domanda, l'unica rimasta: “Ti va bene l’arrosto?”. Tutto il resto è non: sesso non se ne fa più, l’amore è il terzo incomodo, le camere separate, e con vista sempre più scarsa sul sogno matrimoniale che fu. E allora… terapia, da un rinomato guru nel Maine (Steve Carell). Riusciranno a salvare quel che ormai pare insalvabile? Innanzitutto, ci devono andare, e Arnold prende l’aereo in extremis, molto nolente, scettico sulla possibilità di riuscita, sul quid salvifico della terapia. Sul divano si siede dal lato opposto della moglie, in mezzo i silenzi, i non detti e i non agiti di 31 anni di matrimonio vissuti pericolosamente: il pericolo dell’oblio, il pericolo della noia. La cura passa dal letto, con esercizi più o meno sessuali da portarsi in albergo: fellatio, fantasie, pulsioni, nulla vien risparmiato, ma non ci sono occhiolini gettati in platea, ammiccamenti pelosi o quant’altro.
Dopo Il diavolo veste Prada, il regista David Frankel rispolvera il minimalismo realista e veste la fine (e il nuovo inizio?) di una coppia come tante, sospesa tra un “glorioso” passato da riesumare e le odierne nozze imbiancate - e i sepolcri farisaici non sono peregrini. In delicato equilibrio tra dramma e commedia, la barra è a dritta su questa vita non illustre di un uomo e una donna non illustri: Streep e Lee Jones sono dei mostri di bravura, e il film gli sta addosso per non smarrire la retta via, quella che chiama le cose col loro nome - il sesso e i suoi derivati - e non teme di scendere a patti con la noia del suo oggetto d’indagine. Non si sogna più, non si cerca più la via di fuga (al bando le scappatelle), ma si deve fare esercizio, mettersi a tavolino, pardon, letto, per riattizzare i cocci di un matrimonio andato in frantumi.
Bergman avrebbe gradito (un filo, non esageriamo), spettatori meno illustri gradiranno come davanti a uno specchio fedele e dolente: Il matrimonio che vorrei è soprattutto il matrimonio che abbiamo, ahinoi. Frankel, pure lui, fa il suo bel esercizio: non di stile, ma di contenuto. Sì, possiamo vivere felici e contenti, ma solo davanti allo schermo. (Federico Pontiggia)
"Chi ha detto che Hollywood non fa film per adulti? I protagonisti del 'Matrimonio che vorrei' sono sui sessanta, e affrontano il tema meno sexy che esista: la crisi matrimoniale. (...) In questo senso il film di Frankel, già regista del perfido e divertente 'Il diavolo veste Prada', funziona anche come un test, a tutte le età. Non c'è bisogno di essere in zona Viagra, infatti, per sorprendersi a pensare cosa risponderemmo a quel dottore imperturbabile. O magari, ed è anche più imbarazzante, come reagirebbero i nostri genitori davanti a domande così esplicite e consigli, come dire, così pragmatici. Con immagini talvolta non meno eloquenti. Mai infatti avremmo creduto di vedere un primo piano del cavallo dei calzoni di Tommy Lee Jones. Ma l'inquadratura funziona come quello che i teorici del montaggio sovietici chiamavano effetto-Kuleshov: tutto, o quasi, è affidato alla nostra immaginazione... Come in amore, in fondo. Come al cinema, quando immagini e parole hanno il buon senso di non esaurire il senso profondo del film." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 18 ottobre 2012)
"Scritto dalla giovane Vanessa Taylor, Il matrimonio che vorrei finisce con l'essere una storia senza sorprese, pacificante, che piacerà molto al folto pubblico degli sfigati matrimoniali." (Roberto Nepoti , 'La Repubblica', 18 ottobre 2012)
"(...) commedia tarata sui nuovi orizzonti dischiusi a signore & signorine non rassegnate ultrasessantenni. Il cui ingrediente forte consiste nel duetto tra due mattatori come la Streep e l'ex duro Tommy Lee Jones, qui nei panni di coniugi alle prese con la mesta decadenza dei matrimoni contratti nella notte dei tempi: tutto scorre nelle tonalità middle class color pastello, i sentimenti sono dati per scontati, le camere sono separate e di vita sessuale neanche a farne cenno. La splendida sessantatreenne non ne può più di bacetti sulla guancia e un bel giorno costringe il renitente marito ad accompagnarla a un corso per coppie tenuto dal celebre dottor Fred. Il film di David Frankel ('Il diavolo veste Prada') è certo scorrevole, garbato e al cento per cento credibile, ma lo humour e il ritmo zoppicano sin dall'inizio, per asciugarsi del tutto all'impatto con lo psicoterapeuta. Qui tutto si fa serioso e il disinibito repertorio dei riferimenti più che al divertimento del pubblico sembra mirato al suo aggiornamento." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 18 ottobre 2012)
"L'indubbio valore di 'Il matrimonio che vorrei' sono i coniugi protagonisti Meryl Streep/Tommy Lee Jones, per non parlare del comprensivo psicologo Steve Carell, dispensatore di consigli atti a salvare (o, eventualmente, troncare) un rapporto in crisi. Della Streep, che abbiamo ammirato non poche volte in ruoli sentimentali, sapevamo che è capace di intarsiare un personaggio su qualsiasi registro, utilizzando le più sfumate note di cesello e sottotono. La sorpresa è il duro per eccellenza Tommy Lee Jones, semplicemente perfetto nella parte di un marito che sotto la scorza di un volto ingrugnato e impassibile nasconde un'inattesa vulnerabilità. (...) Grazie agli straordinari interpreti, quella che poteva risultare una banale storiella diviene un'accattivante commedia dolce/amara; mentre il regista David Frankel impagina con finezza il duetto (e il terzetto quando è in scena Carell) in uno stile essenziale quasi da «strip», cui la morbida fotografia di Florian Ballhaus conferisce un carattere di intimità." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 18 ottobre 2012)
"Non è un film sulla crisi coniugale di una coppia in età della middle class americana in stanza nel Nebraska, o meglio non è solo questo. 'Il matrimonio che vorrei', al di là del titolo (nella versione è 'Hope Springs'), racconta in modo tanto affabile quanto diretto, il sesso nella terza età, e lo fa mettendo in scena un anti-melodramma, quasi una sit-com pensosa e dal ritmo blando. Protagonista assoluta, una coppia inedita e stranamente ben assortita (anche se sulle prime uno penserebbe a un mis-casting): Meryl Streep e Tommy Lee Jones. (...) dopo aver letto un manuale ad hoc, la metodica mogliettina organizza un viaggio di una settimana in un piccolo paesino nel Maine proponendo il loro disastro sessuale alle cure di un psicologo per coppie mosce. Dal Nebraska al Maine, dalla casetta di un matrimonio sonnecchiante alla stanza di uno psicologo di periferia, pronto a scuotere la coppia con domande impensabili sulla loro sessualità. E qui il film, al netto delle scenette a due più o meno riuscite, arriva al suo cuore e lo fa senza veli, duro e puro, mettendo in scena un confronto diretto dal sapore quasi teatrale capace di arrivare a dire cose che al cinema non siamo abituati a sentire, soprattutto americano: il sesso orale, le fantasie erotiche, la masturbazione, il kamasutra matrimoniale... Il regista è quello di 'Il diavolo veste Prada', la sceneggiatrice, al suo esordio al cinema, ha scritto il fantasy per la televisione "Il trono di spade", gli attori sono due star assolute del cinema americano che qui giocano e si sfidano in un torneo di sommessa bravura." (Dario Zonta, 'L'Unità', 18 ottobre 2012)
"Arriva (...) nelle sale la commedia agrodolce di David Frankel, 'Il matrimonio che vorrei', dove Meryl Streep e Tommy Lee Jones, sposati da oltre 30 anni, vanno da un terapeuta di coppia per rianimare la loro unione spenta. Diciamo subito che il linguaggio in materia sessuale è decisamente esplicito, ma mai volgare, grazie anche al garbo dei due attori." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 18 ottobre 2012)
"31 anni di matrimonio, la coppia scoppia, si dorme divisi, la domanda è diventata: «Ti va bene l'arrosto?». (...) Riusciranno a riattizzare le loro nozze imbiancate? La risposta è del regista de 'II diavolo vesta Prada', David Frankel, che qui veste minimal e realista infilando la camera nel buco della serratura: fellatio, posizione del missionario e fantasie assortite, non si nasconde nulla, ma senza farsa né occhiolini, perché a parlare è il mesto quotidiano di una coppia smunta come tante altre e l'età non conta. In equilibrio tra dramma e commedia, non si tralascia nemmeno la noia: non un difetto, ma il pregio di un film coraggioso, che sulle spalle di due giganti, Streep e Lee Jones, trova la forza per raccogliere i cocci di un matrimonio e un sogno, infranto. Non ci sono vie di fuga, nemmeno le scappatelle, ma l'amore ai tempi della tenerezza che non ho, la comprensione che non so, il sesso che non voglio. Da vedere, anzi, consumare." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 18 ottobre 2012)
"Questo film sembra girato apposta per tutti quelli che sostengono, in maniera convinta, che il matrimonio sia la tomba dell'amore. Che la routine coniugale finisca inevitabilmente, dopo tanti anni, per smorzare passioni e desideri trasformando la nostra metà in una sorta di coinquilino che, il più delle volte, è pure molesto. Sesso? Neanche a parlarne. Complicità? Smarrito il senso. Si tira a campare, giorno dopo giorno, ripetendo gli stessi gesti, inscenando le solite abitudini, infischiandosene dei bisogni degli altri, sacrificati sull'altare di un egoismo sempre più radicato. È l'idea da cui parte 'II matrimonio che vorrei', commedia che rientra in pieno nel filone (i protagonisti sono personaggi che rasentano la terza età) rinverdito dal brillante 'Tutto può succedere'. (...) Il tutto servito con volgarità sopportabile (visto quello che gira nelle sale), con un uso sapiente della regia (soprattutto, durante le sedute), messo in scena da due attori a dir poco superbi. Insomma, da vedere." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 18 ottobre 2012)
"Piacerà a tutte le signore sui 60. E naturalmente agli ammiratori di Meryl Streep che invecchiando migliora. Ha messo da parte la recitazione tutta coccole e assomiglia sempre più un essere umano. Ma la rivelazione è Tommy Lee Jones che smessi gli eterni panni di «duro» fa mostra di un imprevisto talento per la commedia sentimentale." (Giorgio Carbone, 'Libero', 18 ottobre 2012)