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Romanzo di una strage - Marco Tullio Giordana

Romanzo di una strage - Marco Tullio Giordana

Sabato 14 aprile - Ore 21:00

Domenica 15 aprile - Ore 16:00 e 21:00

A Milano il 12 dicembre 1969 un'esplosione alla Banca Nazionale dell'Agricoltura provoca 17 morti e circa 90 feriti. Alla Questura, il commissario Calabresi e i suoi superiori Marcello Guida e Antonino Allegra cominciano a seguire la pista anarchica, verso la quale si erano già orientati in merito alle altre bombe esplose in città negli ultimi mesi. Tra i fermati c'è Giuseppe Pinelli, mentre poco dopo viene arrestato Pietro Valpreda, un ballerino riconosciuto da un tassista. Trattenuto oltre i termini di legge, Pinelli precipita dalla finestra dell'ufficio di Calabresi e muore. Mentre a Treviso e dintorni i giudici Calogero e Stiz scoprono le trame eversive di alcuni gruppi neonazisti, e Giovanni Ventura e Franco Freda vengono arrestati, Calabresi indaga con più attenzione sul traffico internazionale di armi. Ritenuto da molti il colpevole della morte di Pinelli, Calabresi il 17 maggio 1972 viene ucciso appena uscito da casa.

Regia: Marco Tullio Giordana

Interpreti: Valerio Mastandrea, Pierfrancesco Favino, Fabrizio Gifuni, Laura Chiatti, Luigi Lo Cascio, Michela Cescon, Giorgio Colangeli, Giorgio Tirabassi, Omero Antonutti, Thomas Trabacchi, Fausto Russo Alesi, Denis Fasolo, Giorgio Marchesi, Andreapietro Anselmi, Sergio Solli, Antonio Pennarella, Stefano Scandaletti, Giacinto Ferro, Giulia Lazzarini, Benedetta Buccellato

Sceneggiatura: Sandro Petraglia, Stefano Rulli, Marco Tullio Giordana

Fotografia: Roberto Forza

Montaggio: Francesca Calvelli

Musiche: Franco Piersanti

Durata: 2 ore e 10 minuti

 Biglietti esselunga Vieni al cinema alla domenica sera - a Casatenovo costa meno Prendi sei e paghi cinque - Tessere a scalare

Valutazione Pastorale (dal sito della CNVF della Conferenza Episcopale Italiana)

Giudizio: Consigliabile, problematico, dibattiti

Tematiche: Famiglia; Giustizia; Politica-Società; Storia; Terrorismo

"Qualche tempo fa -ricorda Giordana- alcuni ragazzi, nel corso di un'intervista televisiva, rivelavano nelle loro ingenue risposte la più assoluta ignoranza riguardo piazza Fontana. Qualcuno azzardava si trattasse di un episodio di terrorismo, attribuendolo però alle Brigate Rosse, sorte invece nel decennio successivo. La disinformazione su questo capitolo cruciale della storia italiana è totale (...) Credo che un film, pur nelle inevitabili necessarie semplificazioni, possa aiutare la ricostruzione di un avvenimento così controverso, possa fissarlo nella memoria dello spettatore, appiccicandosi al suo 'vissuto' quasi come una esperienza personale.(...)". Queste premesse di fondo indicate da Giordana sono del tutto condivisibili, nell'ottica appunto di riportare in primo piano la nostra Storia e di fornire elementi per ricostruirne lo svolgimento. La materia è spinosa, ardua, difficile da dipanare, non aiutata certo dai troppo lunghi tempi processuali. Il copione cerca di rimettere tutto sul tappeto, e il regista ne resta un po' intrappolato, indeciso se scegliere il tono della ricostruzione storica, della denuncia amara, della storia di 'genere', tra thriller, fantapolitica, spy story. Da questa incertezza deriva anche il titolo, che Giordana riprende da quello di un articolo di Pasolini pubblicato sul Corriere della Sera il 14 novembre 1974 ("Cos'è questo golpe? Il romanzo delle stragi"). L'insussistenza delle prove contro Pinelli e la complicità di apparati 'forti' con frange estreme di destra restano il terreno che trova nel copione maggiore attenzione. Ma tutto fa parte di una rinnovata attenzione verso l'aperture di pagine in realtà mai chiuse e la ricerca di qualche soluzione condivisa. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.

Utilizzazione: il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in successive occasioni come avvio a riflessioni sugli avvenimenti ricostruiti, anche con il contributo di altre voci e testimonianze.

cinematografo.it - Fondazione ente dello spettacolo ***** Piazza Fontana secondo Marco Tullio Giordana: forse la verità non esiste, ma giustizia è fatta. Ovvio, al cinema

Milano, 12 dicembre 1969, ore 16.37. Un’esplosione alla sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura di Piazza Fontana: 14 vittime, altre 3 dopo poche ore, 90 feriti. “Una caldaia”, si disse nell’immediato, ma così non era. Eppure, tra servizi e segreti, anarchici e neofascisti, Cia e quant’altro, giustizia non è stata fatta. Allora cinema, allora Romanzo di una strage.

Che il titolo del nuovo film di Marco Tullio Giordana scimmiottasse Romanzo criminale - d’altronde, produce sempre Cattleya - era un’opzione, anche fastidiosa, ma così non è: al contrario, viene dal celebre articolo di Pasolini sul Corsera del 14 novembre ’74, “Cos’è questo golpe? Il romanzo delle stragi”. PPP concludeva: “I so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove”. Dunque, è l’arte - sia letteratura che cinema - a doversene prendere carico, a giudicare “sapendo” ma non potendo dimostrare.

Nelle note di regia, Giordana scrive: “Oggi, passati più di 40 anni, queste prove sono diventate finalmente accessibili, a disposizione di chiunque voglia davvero sapere. E’ giunto il momento di raccontarle, di tirarle fuori”. Esagerato, anche fuorviante (del resto, il claim è “La verità esiste”), ma non è il punto: la fragile, manchevole verità di questo Romanzo, se c’è, non è storica, ma cinematografica. Non è necessariamente una diminutio, ma come potrebbe essere altrimenti?

Calabresi (Valerio Mastandrea, sensibile) e Pinelli (Pierfrancesco Favino, appassionato), Valpreda e Moro (Fabrizio Gifuni, compunto), il golpe e i golpe, siamo noi, siamo l’Italia ultima scorsa: soprattutto, siamo le vittime, cui il film è dedicato. Titoli di testa per loro, e in coda quelli delle morti esemplari - da Pinelli a Calabresi - e della verità processuale che esemplare, soluta e resoluta non è stata, non è e - crediamo - non sarà. In altre parole, e qui sta la sottile linea rossa del film (il suo merito più folle, più precario e insieme più urgente), la giustizia che non hanno avuto, non la verità che i familiari, i parenti delle vittime e noi tutte altre vittime non abbiamo avuto. Paradossale, ma davvero Romanzo di una strage ci consegna una giustizia, non una - la - verità: verdetto funzionale e finzionale affidato a pagine, volti, elusioni e allusioni - ma Saragat era golpista? - degne di un Romanzo scolastico. Anche, se non soprattutto, perché deve essere visto nelle scuole.

E dove sta in un'ipotetica scala di valori? Qualche gradino più su della fiction tv (lo stile di Giordana è questo, vi ricordate La meglio gioventù?), qualcuno più giù dell’inarrivabile Carlos (sì, lo Sciacallo) di Olivier Assayas. C’è pathos, empatia, freschezza ed effetti speciali a segno, ma anche enfasi, dialettismi, attori no (Laura Chiatti, moglie di Calabresi: proprio no!) e registri sfalsati, eppure davvero possiamo chiedere a un film quello che le aule giudiziarie non hanno saputo riguadagnare?

D’appendice è la Giustizia, non il Romanzo. Che, al contrario, segnala lo stato dell’arte del nostro cinema, e di certo non il peggiore: Giordana non è Petri, ma nemmeno noi siamo quegli spettatori. Eppure, mutatis mutandis, la passione civile non è tramontata - ma solo evoluta: per altri, smagrita... - e l’impegno trova ancora lo schermo, la Storia, quella brutta, le storie del cinema. Che poi i titoli di coda non siano la sentenza definitiva, beh, chiedete all’aula, non alla sala. (Federico Pontiggia)

La critica

"La scena autobiografica del tram è per paradosso la più genialmente visionaria di 'Romanzo di una strage', uno dei rari film da vedere per poterne discutere. Ci voleva coraggio per fare a distanza di quarant'anni il primo film su Piazza Fontana ed è indubbio che Giordana e gli sceneggiatori Rulli e Petraglia ne abbiano avuto. Ma forse ne occorreva una dose supplementare per affrontare un vero viaggio negli orrori dell'eterna guerra civile italiana. Dove il film lascia perplessi è nell'estendere il mistero ai fatti storici. Nessun mistero, nessuna doppia pista bipartisan, a cavallo fra anarchici e neo fascisti, come si ipotizza nel finale del film. Sostenere queste tesi non serve a pacificare gli animi, com'è forse nelle intenzioni di Rulli e Petraglia, ma soltanto a spargere un inaccettabile perdonismo generale." (Curzio Maltese, 'La Repubblica', 30 marzo 2012)

"Non si sa se Marco Tullio Giordana sia molto, poco o per nulla lieto della diatriba che il suo film oggi in circuito sta precocemente suscitando sui media. Anche perché, dal nostro punto di vista, è molto più importante verificare 'sul campo' la forza d'impatto del film, la sua originalità espressiva e la sua coerenza drammaturgica piuttosto che rinfacciargli l'adesione parziale o totale a questa o quella tesi sui convulsi avvenimenti italiani tra la fine dei Sessanta e l'inizio dei Settanta. Discutere è sempre utile, ma è difficile negare che discutere sulle spoglie di un film sulla scorta di marmorei presupposti ideologici è una pratica inguaribilmente vecchia; d'altra parte si deve pure tener conto che Giordana e soprattutto gli affiatati e prolifici sceneggiatori Rulli & Petraglia sono i capiscuola di un sottogenere, il cosiddetto cinema d'impegno civile all'italiana, ciclicamente demolito proprio dagli intellettuali e gli opinionisti attestati sullo stesso versante. Ne consegue il pericolo che anche questo maxi-soggetto, impastato di cronaca e, appunto, di romanzesco in parti variabili, sia ridotto a innescare un ozioso duello tra sinistra moderata e/o riformista e sinistra antagonista e/o giustizialista. Giordana non è un regista da colpo di fulmine, ma la sua filmografia, dopo l'inizio imbarazzante ('Maledetti vi amerò', 'La caduta degli angeli ribelli'), ha ottenuto degni riscontri grazie a 'I cento passi' e 'La meglio gioventù' e, proprio in relazione alla duplice destinazione di quest'ultimo, 'Romanzo di una strage' dà l'impressione d'assomigliare a un'onesta fiction tv riveduta e corretta sulla scala del grande schermo. (...) Sorvolando qua e là (le sentenze sgradite della magistratura; la campagna d'odio lanciata contro lo 'sbirro defenestratore' da Lotta Continua ecc.), azzeccando qualche caratterista (il questore D'Amato di Colangeli) e sbagliandone qualcun altro (la Gemma Calabresi di Laura Chiatti), descrivendo l'Italia dell'epoca come una specie di Prussia bismarkiana, infarcendo i dialoghi d'accenti sentenzioso-didascalici e quindi distaccandosi dalle innovative procedure linguistiche di 'Gomorra' o 'Il divo' (ma anche da quelle delle serie come 'Romanzo criminale' o 'Faccia d'angelo')." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 30 marzo 2012)

"Un film per chi c'era e ricorda benissimo tutto l'orrore scatenato quel lontano 12 dicembre 1967, quando alle 16.37 un'esplosione devastò la sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura in Piazza Fontana a Milano provocando diciassette morti e una novantina di feriti. Un film per chi non c'era, o era troppo giovane per ricordare e oggi, quarantatré anni dopo, è convinto che queste cose accadono solo nei film. O negli altri paesi. 'Romanzo di una strage' di Marco Tullio Giordana, mirabilmente interpretato da un cast di ottimi attori (tra cui Valerio Mastandrea, Piefrancesco Favino, Fabrizio Gifuni) ricostruisce, dall'uccisione dell'agente Antonio Annarumma a quella del commissario Luigi Calabresi, il complicato puzzle di quegli anni dominati dalla strategia della tensione, da intrighi e complotti, menzogne e depistaggi, finti suicidi e attentati, sullo sfondo di un paese che sembrava avviato a una nuova dittatura. Non tutte le tessere vanno al loro posto, nella finzione come nella realtà, si sorvola sulle responsabilità di Lotta Continua ma al tempo stesso si ridisegna il profilo umano di tanti protagonisti di quegli anni, a cominciare dallo stesso Calabresi per finire ad Aldo Moro passando per l'anarchico Pinelli." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 30 marzo 2012)

"Spiacerà a chi magari non s'aspettava il film obiettivo (...), ma dall'autore di 'La meglio gioventù' s'attendeva un'opera soda, robusta, incalzante, un thriller politico all'americana. 'Romanzo di una strage' è invece sì, ben diretto, recitato (ma quante belle facce han scovato), chiaro e scandito nella narrazione. Ma i suoi limiti sono quelli di una fiction televisiva (che differenza c'è? Che un film al cinema ti fa scattare sulla poltrona, il teleromanzo nella poltrona ti sprofonda)." (Giorgio Carbone, 'Libero', 30 marzo 2012)

"«lo so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli. lo so. Ma non ho le prove». Marco Tullio Giordana riparte da Pasolini, e l'articolo del '74 'Cos'è questo golpe? Il romanzo delle stragi' diventa un film, 'Romanzo di una strage'. Sempre 'Romanzo criminale' è, eppure tra il Calabresi di Mastandrea, il Pinelli di Favino, l'Aldo Moro di Gifuni e i rispettivi storici non c'è quella distanza fascinosa ma fuorviante tra il Freddo, il Libano, il Dandi e la vera Banda della Magliana. La strage di Piazza Fontana, le diversioni e le eversioni conseguenti, le morti eccellenti di Pinelli, Feltrinelli e Calabresi tornano sullo schermo per ricordarci che giustizia non è fatta: «Io so», ripete Giordana, ma nemmeno lui ha le prove. Allora, cinema civile, senza il graffio di Petri, ma con il mood scolastico per l'auspicabile visione nelle scuole: qualche gradino più su della fiction tv, qualcuno più giù del 'Carlos' (lo Sciacallo) di Assayas, l'enfasi, i dialettismi e gli attori no (Laura Chiatti) ci sono, ma si può pretendere da un film quello che le aule giudiziarie non hanno saputo, potuto e voluto? D'appendice è la Giustizia, non questo Romanzo." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 29 marzo 2012)

Pierfrancesco Favino

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