Sabato 3 ottobre | Ore 21:00 |
Domenica 4 ottobre | Ore 16:00 e 21:00 |
Il protagonista è Andrea, scrittore, che un giorno, ad una mostra in ricordo del '68, scorge il suo volto e quello della sorella in una vecchia foto. Nicola è un giovane poliziotto, mentre la sorella Laura è una brava ragazza di estrazione cattolica che prende parte alla contestazione e alle marce per la pace. Altro personaggio di spicco è Libero, operaio della Fiat di Torino.
Il ruolo di Nicola è ispirato alla giovinezza dello stesso regista, Michele Placido
Regia | Michele Placido |
Sceneggiatura | Doriana Leondeff |
Angelo Pasquini | |
Michele Placido | |
Fotografia | Arnaldo Catinari |
Montaggio | Consuelo Catucci |
Musiche | Nicola Piovani |
Riccardo Scamarcio | Luca Argentero |
Elio Germano | Jasmine Trinca |
Margherita Buy | Pierfrancesco Favino |
Michele Placido | Laura Morante |
Massimo Popolizio | Alessandra Acciai |
Valutazione Pastorale (dal sito dell'Associazione Cattolica Esercenti Cinema - ACEC)
Giudizio: Consigliabile, problematico, dibattiti
Tematiche: Famiglia - genitori figli; Giovani; Politica-Società; Storia
Va detto che fare un film sul delicato periodo del '68 e dintorni é tutt'altro che facile. Michele Placido ci prova, e questo è importante. La butta però sull'autobiografico (Nicola è infatti lui stesso, arrivato dalla Puglia, prima poliziotto e poi passato dall'altra parte), e questo limita e condiziona. Perché, dopo i primi momenti, il copione si fa solo illustrativo, perde di vista una linea narrativa, casca nella trappola di dare spazi eccessivi a passaggi emotivi turgidi o a situazioni un po' fuori misura (i braccianti, il rapporto tra Nicola e la 'matura' insegnante di teatro). La storia d'amore a tre non favorisce la necessaria compattezza drammaturgica, le psicologie restano in superficie. Forse l'ambizione dell'affresco spettacolare ha fatto perdere di vista un tono magari più contenuto ma più efficace. Il film resta comunque utile come testimonianza indirizzata ai più giovani e, dal punto di vista pastorale, é da valutare consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.
Utilizzazione: il film può essere utilizzato in programmazione ordinaria, e forse più opportunamente, proposto in occasioni mirate per avviare riflessioni sull'argomento "1968" nella società italiana
Il '68 di Placido tra caricature d'epoca e squilibri stilistici. Utopie da rivedere, film da dimenticare
Forse ci sarà un giorno in cui le future generazioni, digiune di storia, utilizzeranno Il grande sogno come documento del '68. Ci auguriamo di no. Cosa potrebbero capire da una matassa aggrovigliata alla rinfusa, fatta di spot d'epoca (in bianco e nero e super 8, sgranato o rifatto, amatoriale e scimmiottante nouvelle vague), slogan rivoluzionari, sentimentalismo retorico, ammucchiate di piazza e libero amore? Il film di Placido (che a Venezia è riuscito comunque a strappare un premio: il Mastroianni a Jasmine Trinca) è piuttosto una carnevalata sul '68, a cui non manca nessuna delle sue maschere - studenti engagé, professori bigotti, cattivi maestri, poliziotti fascisti, padri cattolici -, dei cliché, del gioco delle parti. Non un affresco dunque, ma illustrazione. Decalco su un repertorio mitologico già disponibile, già ritoccato. Falso su falso. Si dirà: Placido non voleva raccontare un periodo, ma realizzare un film autobiografico (il poliziotto Scamarcio che arriva a Roma dalla Puglia per fare l'attore è il regista ovviamente) basato su ricordi ed esperienze personali. Peccato che quello che racconta avrebbe potuto dircelo anche uno studente nemmeno troppo preparato di oggi. Non doveva esserci nostalgia, aveva avvertito il regista. Vero, c'é stato nostalgismo: ovvero caricatura della nostalgia, enfasi drammaturgica, frasi fasulle, dialoghi imbarazzanti (uno su tutti: quello a letto tra Riccardo Scamarcio e Jasmine Trinca). Ed equivoci estetici. Questo fa arrabbiare di più: lo squilibrio stilistico, la dissociazione poetica, con la forma che sembra dire una cosa e il contenuto un'altra (emblematico in questo senso l'uso scomposto della macchina a mano in scenette di tranquilla vita familiare, o l'abuso di ellissi, di scarti cromatici e di altri ghirigori estetici del tutto ingiustificati). Fumo negli occhi. Lo era anche il grande sogno sessantottino? Placido non può dirlo, perché non si è ancora svegliato. La maggior parte di noi, fortunatamente, sì. (Gianluca Arnone)