Sabato 10 aprile | Ore 21:00 |
Domenica 11 aprile | Ore 16:00 e 21:00 |
Due famiglie incrociano i destini a causa dei figli quindicenni caparbiamente decisi a sposarsi. Un banale incidente stradale catapulta il protagonista-narratore, Ezio (Fabio De Luigi), al centro di questo microcosmo, nel quale i genitori possono essere saggi, ma anche più sballati dei figli, le madri nevrotiche e coraggiose, le nonne inevitabilmente svampite, le figlie bellissime e i cani cocciuti e innamorati. In poche parole, due famiglie di oggi, che sfuggono alle catalogazioni e alle etichette, in evoluzione continua, in equilibrio precario, vive, felici e confuse.
Il soggetto è tratto dall'omonima commedia di Alessandro Genovesi
Regia | Gabriele Salvatores |
Sceneggiatura | Gabriele Salvatores |
Alessandro Genovesi | |
Fotografia | Italo Petriccione |
Montaggio | Massimo Fiocchi |
Margherita Buy | Diego Abatantuono |
Fabrizio Bentivoglio | Fabio De Luigi |
Gianmaria Biancuzzi | Alice Croci |
Carla Signoris | Valeria Bilello |
Valutazione Pastorale (dal sito dell'Associazione Cattolica Esercenti Cinema - ACEC)
Giudizio: consigliabile, problematico
Tematiche: cinema nel cinema, famiglia, libertà, matrimonio - coppia
Dal profondo Nord Est del precedente "Come Dio comanda", Salvatores ci
invita a spostarci a Milano, città viva e vibrante, piena di attività e di
molte culture. "Happy family" é una storia soprattutto spiazzante.
Rifacendosi ad un testo teatrale, il regista scrive il puzzle narrativo come
fosse il diario della precarietà contemporanea, tra il bel vivere e le belle
case della buona borghesia e una irrefrenabile voglia di fuga. Nello
schizofrenico diagramma delle paure quotidiane si insinua la malattia, che
può essere vera (il tumore maligno) o simbolica (l'uso di 'canne'). Passati
i cinquanta, la famiglia si propone a Salvatores come il luogo di una
comunità magari disordinata ma alla quale volere bene e nella quale
recuperare quell'armonia che sembra sempre sfuggire di mano. Il gioco del
cinema é ancora in grado di offrire quella duttilità espressiva che fa
confondere vero e falso quasi senza farsene accorgere. La famiglia della
finzione diventa il presupposto di quella vera. Ma la realtà spesso supera
la fantasia e la ragnatela del 'cinema nel cinema' si fa fitta, sconfinando
negli incubi pirandelliani: siamo tutti dei "Fu Mattia Pascal" e abbiamo
bisogno di qualcuno che scriva la nostra vita per noi? Dal punto di vista
pastorale, il film é da valutare come consigliabile, e nell'insieme
problematico.
Utilizzazione: il film é da utilizzare
in programmazione ordinaria, e in seguito come esempio di prodotto italiano
con molti tratti originali. Attenzione é da tenere per i più piccoli in
vista di passaggi televisivi o di uso di VHS e DVD.
Divertissement metacinematografico per Salvatores: minimalista e sorridente, con un occhio ai Tenenbaum
Riduzione di Woody Allen e Wes Anderson (I Tenenbaum, soprattutto nelle tappezzerie…), I soliti sospetti e Charlie Kaufman, ecco il divertissement metacinematografico di Gabriele Salvatores, che prende dal teatro (dell’Elfo, da cui viene lo spettacolo e la co-sceneggiatura di Alessandro Genovesi) e ci porta in una Milano bifamiliare, partorita dalla “beautiful mind” dell’aspirante sceneggiatore Fabio De Luigi: Happy Family di - quasi tutti - happy few meneghini (fichetti è un valido sinonimo), personaggi in cerca non di un autore, ma di una storia che vada avanti. Divisa a immagine e somiglianza della vita in “Personaggi e interpreti”, “Confidenze” e "The Family", ovvero l’approdo nell’ipertesto sociale, familiare è un occorrenza, una commedia non per caso, ma del caso, che invita a lasciarsi andare, aprendo a inedite amicizie (l’avvocato Fabrizio Bentivoglio e il precario Diego Abatantuono, spassosi 20 anni dopo Turnè), flirt e coming out, fino all’elaborazione che non segue, ma precede il lutto. Il tutto col sorriso sulle labbra, disimpegno - qui e là invertito da accenni edificanti... – e concessioni al minimalismo: gustoso, fresco, futile, un piccolo film che respira (di) grande.