Sabato 10 gennaio |
Ore 21:00 |
Domenica 11 gennaio | Ore 16:00 e 21:00 |
Una landa desolata, bagnata da piogge e acquitrini in una provincia del nordest. Case sparse e costruite su una superstrada in mezzo a rivendite di materiale edile, centri commerciali, neon e solitudine. Qui vivono un padre e un figlio: Rino e Cristiano Zena. Rino è un lavoratore precario, Cristiano fa le scuole medie. Il loro è un rapporto d’amore tragico e oscuro. Un legame talmente forte che neanche la morte può sciogliere. Soli combattono contro tutto. Rino educa suo figlio come sa, inculcandogli principi sbagliati, razzisti, maschilisti e spesso violenti. Cristiano lo ama, lo venera, lo considera il suo faro, la sua guida spirituale. Hanno un solo amico. Si chiama Quattroformaggi. Che non sta tanto bene. Per via di un incidente, la sua testa non funziona più come prima. Quattroformaggi vive per Rino, adora Cristiano, e passa le sue giornate in casa costruendo uno strano presepio, fatto di pupazzi, soldatini, bambole e oggetti che lui recupera dalle discariche della città. Poi in una notte di tempesta, dove i lampi squarciano il cielo e la pioggia inzuppa case, campi e uomini, nel bosco che circonda la cittadina, accade la tragedia...
Tratto dall'omonimo romanzo di Niccolò Ammaniti.
Regia | Gabriele Salvatores |
Sceneggiatura | Niccolò Ammaniti |
Gabriele Salvatores | |
Antonio Manzini | |
Fotografia | Italo Petriccione |
Montaggio | Massimo Fiocchi |
Alvaro Caleca | Filippo Timi |
Elio Germano | Fabio De Luigi |
Sito Ufficiale |
Valutazione Pastorale (dal sito dell'Associazione Cattolica Esercenti Cinema - ACEC)
Giudizio: Discutibile / ambiguità
Tematiche: Famiglia - genitori figli; Giovani; Letteratura; Male; Povertà-Emarginazione
Sei anni dopo, Gabriele Salvatores replica la collaborazione con lo scrittore Niccolò Ammanniti. Ad un suo romanzo si era rivolto infatti per "Io non ho paura" (2002). Ma se lì lo sfondo era una Puglia assolata e riarsa, qui il panorama cambia completamente. Nel paesino c'è poco sole, quasi sempre piove e prevale il buio. I tre personaggi principali (gli unici importanti, a dire il vero) vivono sulla linea di confine della miccia destinata a prendere fuoco: lungo quella terra di nessuno dove le regole sono azzerate e prevale la legge del più forte. Lo scenario è cupo, l'ambientazione, per quanto tutta in 'esterni', configura l'idea di un tunnel senza fine, di una lunga notte dell'anima dove anche la ragione ha perso la capacità di fermarsi a pensare. Rino vive da emarginato e a questa soluzione cerca di portare anche il figlio, spesso rovesciando con lui il significato dei valori di libertà, convivenza, dialogo. Un racconto nero, dal quale il regista fatica ad uscire, adducendo alcune poco convincenti spiegazioni di riscatto da leggere in filigrana. A supportarle, queste spiegazioni, manca una dialettica narrativa forte e incisiva (come nella sequenza alquanto tirata via della cerimonia religiosa per il funerale della ragazza). E così, tra denuncia e accettazione, resta prevalente un preciso senso di incertezza. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come discutibile, e segnato da molta ambiguità.
Utilizzazione: il film può essere utilizzato in programmazione ordinaria, con opportune indicazioni per lo spettatore circa la delicatezza della materia. Attenzione é da tenere per i minori e i più piccoli in vista di passaggi televisivi o di uso di VHS e DVD.