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Il film racconta le vicende dei tre poliziotti Cobra, Negro e Mazinga, che hanno più di 40 anni e militano nel VII Nucleo di Polizia, un reparto speciale mobile in prima linea contro ultrà, black bloc, No Tav etc. Tratto da un libro di Carlo Bonini il film il cui titolo è l'acronimo di All cops are Bastards (tutti i poliziotti sono bastardi) racconta la storia di questo gruppo di poliziotti del reparto celere con toni duri e violenti, raccontando da un punto di vista diverso manifestazione ed eventi pubblici dentro il casco di un poliziotto.
Tratto dall'opera letteraria "A.C.A.B." di Carlo Bonini, edita da Giulio Einaudi Editore.
Regia: Stefano Sollima
Interpreti: Pierfrancesco Favino, Marco Giallini, Filippo Nigro, Domenico Diele, Andrea Sartoretti
Sceneggiatura: Daniele Cesarano, Barbara Petronio, Leonardo Valenti
Fotografia: Paolo Carnera
Montaggio: Patrizio Marone
In parte coraggioso, troppo spesso sopra le righe. Dal romanzo di Carlo Bonini, i celerini secondo Sollima
All Cops Are Bastards. 40 anni dopo, l’acronimo motto del movimento skinhead inglese è diventato richiamo universale per la guerriglia nelle città e negli stadi. Parte da qui, e dal romanzo di Carlo Bonini (Einaudi), il film di Stefano Sollima, per seguire da vicino l’esistenza di tre celerini di vecchia data (Favino, Nigro e Giallini) e di una nuova recluta (Domenico Diele). E prova ad interrogarsi su un mestiere che, per più di qualcuno, diventa ragione di vita: cameratismo e fratellanza le parole d’ordine, il rispetto delle regole “ad ogni costo” (anche contro la legge) la missione primaria. A discapito della vita privata, degli affetti, delle famiglie.
E’ un film, ACAB, che da fatti reali di cronaca (su tutti, la guerra scoppiata a Roma la sera che venne ucciso Gabriele Sandri, con tanto di finale a Piazzale Maresciallo Diaz, richiamo all’omonima scuola di Genova dove nel 2001 ci fu il massacro) cerca di tracciare una linea di congiunzione tra le molteplici ragioni d’odio che regolano i nostri tempi. E lo fa anche con discreto coraggio, ma perde più volte di vista la tenuta del racconto e dei personaggi, troppo spesso sopra le righe, talmente nella parte da diventare più bastardi del necessario.(Valerio Sammarco)