Sabato 15 ottobre - Ore 21:00
Domenica 16 ottobre - Ore 16:00 e 21:00
Jane Eyre fugge da Thornfield House, la residenza dove lavora come governante per il ricco Edward Rochester. L'isolamento e l'austerità del luogo, oltre alla freddezza di Mr. Rochester, hanno infatti lasciato in segno sulla giovane Jane, nonostante la scorza dura che la vita in orfanotrofio le aveva fatto sviluppare. Riflettendo sul suo passato, e ritrovando la sua naturale curiosità, Jane farà ritorno alla dimora di Mr. Rochester e al terribile segreto che egli nasconde.
Regia: Cary Fukunaga
Interpreti: Mia Wasikowska, Michael Fassbender, Jamie Bell, Imogen Poots, Judi Dench, Sally Hawkins, Jayne Wisener, Sophie Ward, Tamzin Merchant, Simon McBurney, Harry Lloyd, Holliday Grainger, Emily Haigh, Rosie Cavaliero
Sceneggiatura: Moira Buffini
Fotografia: Adriano Goldman
Durata: due ore
Valutazione Pastorale (dal sito della CNVF della Conferenza Episcopale Italiana)
Giudizio: consigliabile, problematico
Tematiche: Adolescenza; Famiglia; Letteratura; Libertà
Charlotte Bronte ha scritto "Jane Eyre" nel 1847, e il cinema vi si è rivolto innumerevoli volte, fino a farne un 'classico' del rapporto cinema-letteratura. Si direbbe che ogni generazione voglia costruirsi e rendere visibile una propria Jane Eyre, adattandola al mutare di gusti, sensibilità, atteggiamenti. Al centro resta tuttavia il corpo essenziale della pagina scritta e delle immagini: che è il binomio amore/morte con le varianti di dolore, privazioni, affetti negati, fughe, voglia di riscatto. Una miscela di neoromanticismo che funziona se affidata a soluzioni visive in grado di cogliere le nuove possibilità tecniche. Il regista californiano dal nome giapponese dirige in modo svelto e dinamico, si fa largo nel buio e nella notte con un cromatismo misterioso, fa parlare sentimenti e silenzi insieme. Coglie il risultato di essere contemporaneo e quindi di dimostrare che una vicenda di oltre 150 anni fa ha qualcosa da dire anche oggi. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile e nel'insieme problematico.
Utilizzazione: il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e da proporre in seguito nell'ambito di una riflessione sul rapporto cinema/letteratura.
Ennesima trasposizione del romanzo di Charlotte Bronte che nemmeno il talento di Michael Fassbender solleva dall'incertezza
I romanzi delle sorelle Bronte sembrano tornati di moda: dopo le Cime tempestose di Andrea Arnold, arriva in sala Jane Eyre, il più celebre romanzo di Charlotte, stavolta direto dal giovane Cary Fukunaga. Jane è un'orfana spedita in un rigidissimo collegio che trova lavoro come istitutrice a casa dello scorbutico Rochester. Ma il rapporto di diffidenza tra i due diventerà presto una passione sconveniente.
Moira Buffini adatta il romanzo tra melodramma e noir gotico, cercando di far emergere uno spirito dickensiano, rendendo il film poco più che un'illustrazione. Il racconto comincia ostentando una certa “modernizzazione”, con flashback arditi, stacchi ellittici e uno stile mobile, giocato sui fuori fuoco e la macchina a mano; ma dopo nemmeno venti minuti si assesta sia come narrazione, più piatta, tradizionale e poco avvincente, sia nello stile che si fa sempre più vicino alle corrette trasposizioni BBC, eleganti ma fredde.
E queste indecisioni e incoerenze spengono i sussulti del film: il tema dell'uguaglianza sociale e affettiva non affiora, la regia perde la possibilità di avere una sua forma e il cuore nero della storia è affidato soltanto alla fotografia di Adriano Goldman: nemmeno gli attori riescono a scaldare il cuore dello spettatore e se Mia Wasikowska se la cava con impeto, Michael Fassbender non trasmette la passione di Rochester, come sarebbe richiesto. E spegnere il pathos e l'ossessione del romanzo, è una sorta di peccato mortale. (Emanuele Rauco)
"Rivisitar un classico è un rischio estremo: o vai in paradiso o dritto all'inferno. Qualche eccezione trova sosta in un limbo, implicitamente tendente al positivo con diversi gradi di moderazione. Questo è il caso della diciottesima cine-transposizione di 'Jane Eyre' che passa per le mani intelligenti di un giovane californiano giappo-latino e si tinge di all star, con il divo del momento Fassbender (Rochester mai così sexy) e la Meryl Streep del futuro Mia Wasikowska. Le atmosfere, tra ovvio realismo fashion (luci naturali! Insegnavano Kubrick e Malick e il digitale asseconda...) e magmatico dark, rievocano l'approccio percettivo al romanzo mentre la riduzione delle oltre 500 pagine sudate da Charlotte Bröonte trova soluzione nella spirale a colpi di flashback. Così nulla si perde e molto si trattiene. Gli elementi tra il noto e il nuovo ben si fondono, e il godimento non è deluso. In attesa del diciannovesimo film." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 6 ottobre 2011)
"Dopo aver esibito le mestizie in fiore di Joan Fontaine (con Orson Welles), di Susannah York diretta da Mann, di Charlotte Gainsbourg (è la volta di Zeffirelli) e della giovane Ilaria Occhini in tv, 'Jane Eyre', eroina del paleo femminismo, uscita dal silenzio già 165 anni fa, rivive in nobile convenzione cine letteraria nell'espressione forte e dolce di Mia Wasikowska, ad altissimo tasso di implosione espressiva. Bravissima, l'ex Alice di Tim Burton, quasi una reincarnazione di Mia Farrow, è l'attrice del momento, star anche della love story di Gus Van Sant: è qui il baricentro narrativo di questa ennesima non ovvia né inutile versione del fortunato romanzo gotico romantico di Charlotte Brönte del 1847, coevo a 'Cime tempestose' della sorella Emily, anch'esso fresco della nuova riduzione apparsa a Venezia. (...) Ricco di chiari scuri, rimandi favolistici (Jane Eyre inizia 'Cappuccetto Rosso', prosegue come 'Cenerentola'), di colpi bassi méelo, il film dell'americano Cary Fukunaga, sceneggiato dalla Moira Buffini di 'Tamara Drewe', rende eterno più che attuale l'evolversi romanzesco, nel piacere rispettoso delle convenienze tradizionali, compreso il prologo dickensiano con orfanelle umiliate e offese: nella prima versione era la piccola Liz Taylor che ci lasciava le giovani penne per il freddo dell'anima e della carne." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 7 ottobre 2011)
"Difficile rispondere positivamente alla domanda se fosse così necessario tornarci su oggi, malgrado tutto l'apprezzamento per l'accurata messa in scena del giovane regista Fukunaga. Sempre che si possa dare per scontato e acquisito, nel 2011, il messaggio veicolato dal tormentato personaggio di Jane, ferma nel difendere la propria dignità con il coraggio solitario dettato dall'intelligenza e dall'intuito, contro tutto e tutti, mentre è accerchiata da una società completamente sorda all'affermazione del principio di dignità da parte di una povera orfana senza dote e senza bellezza. (...) Pregi e qualità. L'ammirevole cura nel creare un'atmosfera, nell'impronta cupa e gotica che, con l'ausilio di location assai suggestive, avvicina il film al gusto del primo Hitchcock americano ('Rebecca') più che a recenti variazioni horror sebbene non manchino situazioni e scene in questo senso. L'altrettanto ammirevole prova di due interpreti in piena ascesa. La giovanissima Mia Wasikowska che va contemporaneamente nelle nostre sale come protagonista del film di Gus van Sant 'L'amore che resta'. E il suo partner Michael Fassbender, anche lui ora nei cinema nei severi e contraddittori panni di Jung in 'A Dangerous Method' di David Cronenberg. Entrambi attori capaci di totali cambiamenti di registro. Eppure resta l'impressione di uno sforzo un po' a vuoto, un po' accademico, che aggiunge poco. Impressione accentuata e peggiorata da certi presunti colpi di stile, forzature modernizzatrici, che fanno inutilmente perdere il filo nel vorticoso su e giù di piani temporali." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 7 ottobre 2011)
"Il primo film dal romanzo di Charlotte Brönte risale al 1910. Niente di nuovo sotto il sole, ma almeno ci sono una sceneggiatrice di vaglia (Moira Buffini, quella di 'Tamara Drewe') e un cast di tutto rispetto. E poi, quando in un film c'è Judi Dench si paga il biglietto solo per lei" (Alberto Crespi, 'L'Unità', 7 ottobre 2011)
"Piacerà certamente più dell'ultima versione del romanzo di Charlotte Brönte diretta da Franco Zeffirelli. Che risultò perfettamente inutile (perché almeno la ventesima lettura e perché mediocre). Inutile non è (anche se certo priva di sorprese) questa trasposizione di Fukunaga. Che non si limita a fotografare suggestivamente la cupa brughiera inglese, ma evoca con maggior grinta delle precedenti 'Eyre' l'insorgere della passione (fisica, fisica) nella coppia protagonista (per Jane è l'inizio del sesso, per Rochester il risveglio da un lungo letargo)." (Giorgio Carbone, 'Libero', 7 ottobre 2011)