Sabato 17 novembre - Ore 21:00
Domenica 18 novembre - Ore 16:00 e 21:00
Miglior montaggio sonoro
Migliore canzone ad Adele e
Paul Epworth
Dopo il fallimento di un'operazione ad Istanbul, James Bond viene ritenuto morto. Nel frattempo le identità di tutti gli agenti operativi dell'MI6 vengono rese pubbliche su Internet e il governo britannico chiama M a rispondere delle sue responsabilità. Proprio quando è lo stesso servizio segreto ad essere attaccato, Bond ricompare e M lo incarica di rintracciare Raoul Silva, un pericoloso criminale con il quale ha una questione personale aperta. Bond vede la sua lealtà messa a dura prova dai segreti che M nasconde sul suo passato...
Regia: Sam Mendes
Interpreti: Daniel Craig, Judi Dench, Ralph Fiennes, Javier Bardem, Naomie Harris, Rhys Ifans, Bérénice Marlohe, Albert Finney, Helen McCrory, James Remar, Ben Whishaw, Tonia Sotiropoulou
Sceneggiatura: Neal Purvis, Robert Wade, John Logan
Fotografia: Roger Deakins
Musiche: David Arnold
Mendes celebra 50 anni di Bond trovando la quadra tra antico e moderno, action ed esegesi del personaggio: bel regalo
I fan di James Bond ricorderanno a lungo questa festa di compleanno. Difficile immaginare un cerimoniere migliore di Sam Mendes e un tributo più azzeccato di quello orchestrato da Skyfall per i primi 50 anni di servizio dell'agente segreto più cool della storia. All'inizio fu 007 - Licenza di uccidere (1962) e Sean Connery: l'attore scozzese ne avrebbe fatti sei in dieci anni (l'ultimo: Una cascata di diamanti, è del '71), concedendosi una pausa solo nel '69 (Agente 007 - Al servizio segreto di sua maestà) quando il personaggio venne affidato al dimenticato George Lazenby. Poi vennero i James Bond di Roger Moore (sei film anche per lui, da Vivi e lascia morire del 1973 fino a Bersaglio mobile del 1985), di Timothy Dalton (una doppietta: Zona pericolo e Vendetta privata), di Pierce Brosnan (quattro titoli: debutto con Goldeneye nel '95 e congedo ne La morte può attendere del 2002) e di Daniel Craig, l'ultimo Bond della serie, al centro di una trilogia iniziata con Casino Royale, proseguita con Quantum of Solace e conclusa - crediamo - con Skyfall. Quello che verrà - si parla già del primo 007 nero della storia, papabile Idris Elba - verrà.
Questo è il tempo dei saluti, dei ricordi, di tirare una riga per vedere, un'ultima volta ancora, che cosa ci lasceremo alle spalle. Fa breccia la nostalgia, inevitabile. Già dalla splendida clip che precede la nuova esegesi del vecchio 007, un frullato sonoro di incarnazioni bondiane, gesta spericolate, amanti mozzafiato e gadget mitici. L'intera epopea in cinque minuti, poi si inizia sul serio.
L'incipit di Skyfall è in assoluto tra i più belli e pirotecnici della saga: Bond emerge letteralmente dal regno delle ombre per catapultarsi immediatamente nel cuore dell'azione. Caricatori pronti, femmina al fianco (Naomie Harris), nemico in fuga: inseguito per tetti e per treni, in moto e a piedi e persino a bordo di una gru. Siamo in Turchia, Istanbul; entriamo in medias res, alla maniera del jazz, ritmo del diavolo. E Bond muore. Come e con un proiettile viene scaraventato in acqua. Inghiottito. Titoli di testa. Il tema? La fine con le sue modulazioni di frequenza oniriche. Le immagini? Sfacciatamente cromatiche e retrò, cartoonate e molto anni '70, sono di Daniel Klinman. La canzone è Skyfall, la voce è morbida, sensuale, Adele.
Si ricomincia. Londra è fumosa, M (Judi Dench) è grigia, il contesto che più cupo non potrebbe. Il capo dell'MI6 sta scrivendo il necrologio del suo agente preferito, la politica vuole riformare i servizi e ha messo un mastino del calibro di Ralph Fiennes a fargli le pulci, mentre la copertura dei suoi operativi viene messa in pericolo dall'attacco criminale di qualcuno che è entrato in possesso della lista degli agenti britannici in missione nel mondo. Troppo perché 007, nel frattempo resuscitato chissà come, non torni in azione. Anche perché al centro del mirino stavolta c'è la sua adorata papessa, M medesima. Qualcuno vuole fargliela pagare per uno sgarro antico. Qualcuno un tempo a lei caro. Il villain è Javier Bardem, lo sanno tutti. Ed è fuori di testa come il Joker di Heath Ledger, lo stesso parrucchiere. Tra lui e Bond il conflitto è d'astuzia, di equipaggiamento (antico e moderno quello bondiano), edipico probabilmente. E qui il caro vecchio Mendes ci ha messo lo zampino. Ma è solo uno dei tanti sottotesti possibili.
La sceneggiatura di Neal Purvis, Robert Wade e John Logan è strutturata a vasi comunicanti, teorizza passaggi e passaggi (segreti ovviamente), muovendosi da una traccia a un'altra, da un quesito a un altro, da un problema a un altro, e tutto deve tornare. La regia di Mendes e la sua eccezionale squadra di collaboratori - dal direttore della fotografia Roger Deakins allo scenografo Dennis Gassner, dal montatore Stuart Baird al regista della seconda unità Alexander Witt - la rende materia viva. Tutto ruota attorno al passato, terra straniera per alcuni, terra di conquista per altri. Il passato di M e quello di Bond, lo spionaggio di una volta e la memoria di una saga che qualcuno vorrebbe mandare in pensione, inutilmente. Ma non ci sono cesure nette, non sono possibili. Al limite trasformazioni, eredità su cui lavorare dentro un'evoluzione sostenibile. Mendes miscela con sapienza il vecchio e il nuovo, disegna un inedito Bond (che è il più fragile e fallibile dell'intera serie) riconnettendolo all'antico (e ai suoi Martini, alle sue Aston Martin, ai suoi orologi). Bisogna voltarsi indietro per potere andare avanti, sembra questa la morale. Proiettato verso il futuro ma rivolto ancora al passato, l'ultimo Bond è come l'Angelus Novus di Benjiamin: eroe nel tempo e fuori dal tempo. Mutante ed eterno. Qualcuno di cui non si può fare a meno, il tipo rassicurante, che la sfanga sempre, pure quando le cose si mettono decisamente male.
Finché c'è Bond c'è speranza, senza che per questo 007 voglia essere preso sul serio: "Il mio hobby è la risurrezione", dice lui e il film gli dà ragione, ogni volta. Possono esplodere metropolitane, bruciare case, crollare elicotteri: lui non muore. Skyfall è una continua variazione sul tema "ce la farà?", una narrazione che scalcia di continuo verso la catastrofe, il limite, la fine. Per esorcizzarli ogni volta. D'altra parte non si può uccidere un'ombra (così M definisce i suoi uomini). La si può solo guardare e guardare e guardare. Ed è quello che fa e ci fa fare Mendes attraverso una messa in scena liquida, prismatica, a specchi. Così sofisticata da suscitare ammirazione gelida. Per spettacolarità, architettura del disastro e dispendio tecnico Skyfall è il punto di non ritorno non solo della saga, ma anche dell'action. Difficile fare più di così. Domani sarà solo diverso. (Gianluca Arnone)
"(...) 007 diventa problematico ma non esageriamo. Fra un rovello e l'altro continua a essere il re del cinema d'azione, anzi moltiplica le prodezze fisiche, forse per contrastare l'età che avanza, altro leitmotiv di 'Skyfall'. (...) Così 007 muore per rinascere, e con lui viene riprogettata l'intera serie. Addio gadget super-tecnologici, simbolo pacchiano di un'era trascorsa (l'incontro al museo col nuovo Q, ragazzetto con ciuffo, occhiali e computer, è una delle scene migliori di questo film tutto finezze firmato dal regista di film diversissimi come 'American Beauty', 'Revolutionary Road' e 'American Life'). Addio cattivi ancora dotati di qualche logica. Nell'era del terrorismo globale il villain è uno psicopatico mosso da risentimenti del tutto personali. Uno specchio deformante che 007 dovrà affrontare, forse riconoscendovi qualcosa di sé. Anche se naturalmente il sotto-testo non rallenta mai l'andatura frenetica del film, che si snoda fra pezzi di bravura di ogni genere (...). Morto un Bond insomma non se ne fa un altro: lo si ridisegna. Con tocco d'autore sempre più esplicito. Facile dire cinema d'azione: ma in 'Skyfall' l'azione principale si intreccia sempre a un'azione parallela che fa da contrappunto o controcanto ironico." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 31 Ottobre 2012)
"007 'Skyfall' non delude le attese: il ventitreesimo capitolo è uno dei meglio riusciti della più longeva saga cinematografica della storia. Il regista Sam Mendes, pur non rinunciando a una sua originale lettura del personaggio, ha infatti realizzato una pellicola in cui non manca nessuno degli ingredienti classici che hanno reso leggendario James Bond: l'accattivante canzone sui titoli di testa, azioni adrenaliniche e inseguimenti mozzafiato ben oltre il realismo, ambientazioni esotiche, bellissime Bond girls, il cattivissimo di turno, ma anche l'immancabile Vodka Martini - shaken, not stirred - e neppure la vecchia, mitica e superaccessoriata Aston Martin DB5, richiamata in servizio (tra gli applausi in sala) al pari di miss Moneypenny, incomparabili trait-d'union tra passato e futuro. Del resto è proprio lo scontro generazionale la chiave di lettura di questo film: la lotta tra un nuovo fatto di sofisticati congegni informatici ritenuti imprescindibili per sconfiggere il nemico e un passato in cui l'uomo, con il suo addestramento fisico e mentale, resta essenziale e per il quale i supporti tecnologici sono necessari ma non indispensabili. (...) Grazie a un cast di sicuro spessore - su tutti uno strepitoso Javier Bardem, che dà vita a un cattivo all'altezza di Goldfinger, Dr. No e Rosa Klebbs - Mendes regala agli appassionati un film degno del mito di Bond, condendolo con ghiotte citazioni che dissemina qua e là in un tanto nostalgico e quanto doveroso omaggio al passato. Ma il suo merito più grande è quello di andare oltre il film di genere, soprattutto per l'originalità della lettura dei personaggi di 007 e di M. Il Bond di oggi risponde a meno cliché, è meno attratto dai piaceri della vita, molto più cupo e introspettivo, meno invulnerabile fisicamente e psicologicamente, e per questo più umano, capace persino di commuoversi e piangere: in una parola, più reale. Invece M mostra le altrettanto umane fragilità della donna che si cela dietro la maschera fredda di capo del potente M16, restituendocela meno distaccata e più gradevole. Tra autoironia, consapevolezza di sé e tormenti interiori, lo 007 del bel 'Skyfall' apre una nuova era della saga; e sul grande schermo nulla sarà più come prima per James Bond." (Gaetano Vallini, 'L'osservatore Romano', 31 Ottobre 2012)
"James Bond viene liquidato come «un rottame», ignaro che in Italia sia una parola in gran voga. Non supera i test attitudinali, è vulnerabile, sesso e champagne manco a parlarne. Ma l'anteprima di 'Skyfall' 007 (dal 31 ottobre in 600 copie) strappa i consensi dei migliori capitoli della saga." (Valerio Cappelli, 'Corriere della Sera', 27 Ottobre 2012)
"Era giusto condire con un po' di solennità il film che celebra i cinquant'anni di vita cinematografica di James Bond, l'agente segreto britannico uscito dalla penna di Ian Fleming. E il gioco di citazioni che costella le scene di 'Skyfall', l'ultimo 007 firmato Sam Mendes che oggi arriva nelle sale italiane, centra l'obiettivo con stile. Alcune citazioni sono appena accennate, altre apertamente dichiarate. Parlano soprattutto alla storia di 007, ma in alcuni casi sono invece un tributo ad altri grandi successi del cinema, come a rivendicare il diritto di cittadinanza dei film di Bond nel club delle pellicole imperdibili. (...) In 'Skyfall' si completa quella trasformazione del personaggio Bond cominciata con l'arrivo di Daniel Craig nei panni dell'agente segreto. In sintesi: meno glamour, champagne, ironia (merce rarissima, un sorriso di Craig) e più spazio alla psicologia del personaggio, ai suoi tormenti, alle sue debolezze. Giusta operazione, giacché non avrebbe senso riproporre nel 2012 una formula pensata 60 anni fa. Ma cambiare, evolvere, non vuol dire disconoscere ciò che è stato. Ed evocare situazioni dei precedenti Bond equivale a sottolineare che 'Skyfall' è parte di quella storia di successo. (...) E' chiaro che al ventitreesimo episodio di una serie è praticamente impossibile sfuggire al rischio del bis di qualche situazione, ma ciò che interessa qui non è sostenere che ci sia stata una carenza di fantasia. Al contrario: la riscoperta di alcuni «must» sono un omaggio allo stile 007 che il popolo dei bondiani non pub che apprezzare. (Luca Ubaldeschi, 'La Stampa', 31 Ottobre 2012)
"Bisognava reinventare la tradizione, che sembrerebbe una contraddizione e invece è esattamente quel che fa magnificamente 'Skyfall'. Grazie alla sceneggiatura di Neal Purvis & Robert Wade con il supporto di John Logan, Sam Mendes si è trovato tra le mani la migliore avventura di 007 da molto tempo a questa parte. Sicuramente il primo film della serie che rivaleggia con quelli di Sean Connery. Questo perché Daniel Craig ha la faccia sbattuta di uno che sembra indulgere un po' troppo con l'alcol, in compenso sfodera un fisico costruito con fatica quotidiana in palestra, poi, consapevole del fatto che il tempo sia passato e i tempi cambiati non è più così spudoratamente sciupafemmine. (...) Si ha un bel dire ma il mondo invecchia e invecchiano anche gli spettatori cinematografici, i babyboomers sono rimasti lo zoccolo duro del cinema in sala senza popcorn e a loro si rivolge 007. In fondo sono cresciuti insieme, tante ne hanno viste e qualcuna l'hanno anche fatta, per questo c'è complicità e James strizza l'occhio ai suoi coetanei della fiction, pronti a saltare sulle sedie e applaudire a scena aperta quando rispunta la vecchia e gloriosa Aston Martin grigia. Ma, al contempo, c'è la velocità e gli effetti del cinema d'azione contemporaneo quindi in grado di catturare una fascia di pubblico più ampia. E i primi risultati del botteghino confermano. Questa volta però non sono stati i conservatori del marketing a dare le indicazioni, tra le righe di 'Skyfall', loro farebbero sempre film cloni di precedenti successi, mentre qui c'è più senso anche di tanti film seriosi. Qui c'è il cinema, con le sue emozioni, i suoi sussulti, i suoi ricordi frullati in un paio d'ore che riconciliano con il filone d'azione. E con Daniel Craig vanno ricordati non per dovere ma per piacere la magnifica Judi Dench come indimenticabile M, Ralph Fiennes e Albert Finney che danno spessore e verve ai loro personaggi, infine Javier Bardem come Silva, il biondo antagonista sempre talmente oltre da rischiare di trasformare il suo interprete in un gigione, rischio che lui invece scantona fermandosi appena prima o scartando di lato, nell'ironia del grottesco." (Antonello Catacchio, 'Il Manifesto', 31 Ottobre 2012)
"Anche 007 invecchia. Ferito e acciaccato, barba lunga e occhio vitreo, non vuole farsi rottamare: 'La giovinezza non è garanzia di innovazione', e già lo immagini davanti a una birra con Bersani. Nemmeno è più il garbato mandrillo che conoscevamo: due Bond girl molto verticali (una amica-amante-collega, l'altra caduca femme fatale) e un sibillino coming out per rintuzzare le avance del cattivo Javier Bardem. Insomma, la terza volta di Daniel Craig nei panni di James Bond, 'Skyfall', mette a soqquadro la saga tenuta a battesimo nel '62 da 'Dr. No', affidando la regia al Sam Mendes di 'American Beauty': 'Non ho dato per scontato che 007 fosse un personaggio di per sé interessante'. Metteteci che la mamma è sempre la mamma e la vigliaccheria affiora (Bond colpisce alle spalle), e la rivoluzione umanista è servita: 'Mi hanno portato sull'orlo del baratro', si difende Craig. Ma poi tira dritto: 'Non si può compiacere tutti e sempre, e pazienza per qualche fan', costretto alla macabra visione dell'Aston Martin Db5 in fiamme, l'MI6 colpito al cuore, M (Judi Dench) sotto accusa e una nemesi allevata in casa. Mentre Adele canta la struggente 'Skyfall', crollano le certezze: vuoi vedere che 007 ormai è uno di noi? 'Ha una certa età, deve lottare con la sua scarsa importanza e giustificare la propria esistenza', commenta Mendes. Non tornerà a dirigere la spia di Sua Maestà, ma ha già dato: esistenzialismo, nostalgia e maestria tecnica. Forse non i sudditi, ma gli spettatori avranno di che gradire." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano, 27 Ottobre 2012)
"A 50 anni dalla sua nascita cinematografica, James Bond è più in forma che mai, nonostante gli acciacchi dell'età. Merito anche del regista Sam Mendes che in '007 - Skyfall', il 23° della serie, coniuga spettacolo e autorialità, scene mozzafiato e dialoghi brillanti, facendo rinascere un personaggio che negli anni scorsi ha rischiato di rimanere intrappolato in stereotipi duri a morire. E che Daniel Craig, per la terza volta nei panni dell'agente con licenza di uccidere, ha scardinato mettendo in campo un Bond più martoriato e fragile, più vero e vicino ai nostri tempi." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 31 Ottobre 2012)
"Potrebbe sembrare, a prima vista, un James Bond crepuscolare quello che lotta contro quel tempo che, inesorabile, mina anche il suo fisico da agente segreto. Uno 007 che si scopre debole, vulnerabile, nel fisico come nel morale, impasticcato e mezzo alcolizzato, orfano di una mira decente; addirittura incapace di superare i test per ritornare in missione dopo essere «morto e risorto» nello splendido incipit (accompagnato dalla voce da brividi di Adele) girato tra le strade di Istanbul, con volo finale dal tetto di un treno fin giù negli abissi marini. Skyfall, appunto. Sono cinquant'anni che 007 ama, guida, indaga, spia, uccide con licenza, ma mai come in questo capitolo numero 23 della sua saga lo vediamo così vulnerabile e simile a noi. Questa sua «fallibilità», sapientemente rimarcata dalla regia di Sam Mendes, è il piatto forte di un film diverso da tutti quelli visti fino ad oggi, più complesso dal punto di vista psicologico, da amare anche se si è tra quelli che «007 io non lo sopporto proprio». Merito anche dello spazio sacrosanto concesso finalmente a Judi Dench che duetta per tutto il film con un Daniel Craig sempre più a suo agio nei panni di Bond, James Bond. (...) Ed il cattivo è un Javier Bardem, con capello biondo e tendenza omo, da applausi convinti, uno dei migliori villain visti su grande schermo. Il tutto servito, da Mendes, con tanta ironia, giocando molto sullo scontro tra futuro e passato (non a caso, Bond rispolvera la mitica Aston Martin), tra generazioni tecnologiche (lo spassoso Q) e tradizione, tra vecchio e nuovo. Per andare avanti bisogna saper guardare indietro e questo «restyling» per rivitalizzare Bond è spettacolare. E pazienza se, per una volta, le Bond Girls latitano." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 31 Ottobre 2012)
"È un James Bond crepuscolare in continuo dialogo con l'ombra e con la morte il protagonista di 'Skyfall', 23esimo film sull'agente 007 interpretato per la terza volta da Daniel Craig e diretto da Sam Mendes, il regista inglese premio Oscar per 'American Beauty'. Soprattutto, è un Bond alle prese con una realtà politica complessa, corrotta e contraddittoria, in cui l'Inghilterra (a rappresentanza del mondo occidentale) non è più una super potenza, in cui Bene e Male non sono così distanti e il nemico è tanto interno quanto esterno. (...) Nonostante Mendes faccia continuo riferimento ai precedenti Bond movie, continuando a sottolineare sia la sua conoscenza di quello che è diventato un vero e proprio genere cinematografico che il suo status di fan di 007, 'Skyfall' è soprattutto un film d'autore con alcuni temi cari al regista - la seduzione del Male, il potere delle ombre, la tirannia del tempo che passa - invece che un action movie scacciapensieri. I pensieri, infatti, li fa venire, e tornano su per giorni, complici atmosfere che lavorano sul subconscio (vedi la sottotrama alla 'Quarto potere' che equipara 'Skyfall' a Rosabella, vedi il legame freudiano fra Bond e M). Anche il cattivo del film, il pirotecnico Javier Bardem, è a metà fra il Joker de 'II cavaliere oscuro' di Chris Nolan e l'Hannibal Lecter de 'II silenzio degli innocenti': disturbante ma fortemente seduttivo. In questo universo ambiguo pieno di specchi che rifrangono all'infinito l'identità (Mendes cita il finale de 'La signora di Shangai') Bond naviga a vista e si trincera insieme alle poche persone di cui ancora si fida (forse a torto) come ne il 'Il mucchio selvaggio' di Sam Peckinpah, e lotta contro la globalizzazione, un mondo che corre troppo in fretta e la sindrome dell'ex colonialista che non comprende perché l'impero gli sia sfuggito di mano." (Paola Casella, 'Europa', 31 Ottobre 2012)
"Ebbene sì: anche James Bond è uno scaltro Gattopardo. Cambiare tutto per non cambiare niente, perché la giovinezza non sarebbe una garanzia né di innovazione né di efficienza. Questa dimensione è una parte del motore di 'Skyfall', opus n.23 dell'epica di 007, da oggi nelle sale e da raccomandare assolutamente allo spettatore che voglia coniugare il piacere dell'intrattenimento e sagacia della messinscena. La seconda ruota dell'ingranaggio è una variazione sulla stessa scala: il conflitto fra la classicità dell'avventura all'antica e la deriva modernista, impossibile da eludere al tempo della tecnologia al potere. Ma 'Skyfall' è anche qualcosa d'altro. E la summa di rivisitazioni e citazioni di cinquant'anni di Bond al cinema in cui scatta una specie di 'gioco dell'oca': si va avanti e indietro su un tracciato dove la trama è un pretesto per celebrare il mito e, paradossalmente, per metterlo egualmente sotto lo scacco di una improbabile rottamazione. Perché di dare il 'matto' a 007 non se ne parla neppure: il San Giorgio spia che viene dal Novecento inglese è un inno al carattere e alla tradizione di un popolo e la dimostrazione di come si possa cambiare pelle e maschera mentre il cielo cade in testa o un convoglio del metrò londinese precipita in un buco nero del sottosuolo. Per la prima volta da 'Licenza d'uccidere' il ciclo sbandiera la firma in regia non di un artigiano, più o meno abile, del puro divertimento, ma di un autore con l'etichetta di serietà, rigore e impegno, ovvero Sam Mendes. Ma i fan non si spaventino: Mendes rispetta la popolarità senza rinunciare al suo tocco d'artista. In 'Skyfall' c'è tutto quello che i catecumeni si aspettano da un film di 007, dagli inseguimenti ultraspericolati ai duelli ipercinetici a raffica, ma realizzati secondo uno stile perfezionista e sofisticato di ripresa che per focalizzare il cuore di un action movie non si arrende all'omologazione hollywoodiana. Bensì sciorina un ritmo tambureggiante ma non convulso, astenendosi da quel montaggio frenetico che quasi sempre stordisce per l'accumulo di 'piani e contropiani' da consumare in un battito di ciglia. Anche l'intrigo implica la macchinazione del solito megalomane, dall'ambigua sessualità, che, rubata una lista di agenti sotto copertura, prende però di mira non il mondo ma il Servizio Segreto di Sua Maestà, facendone saltare la sede, per regolare vecchi conti. È un Bond che non ha l'urgenza di copiare i nipotini come Jason Bourne: 007 piuttosto assomiglia ai supereroi dei fumetti con superproblemi nel travaglio dei suoi intimi rovelli e senza concedersi implicazioni mistiche. Daniel Craig, Javier Bardem e Judi Dench sono gli strumenti perfetti per permettere a Bond di morire e risorgere." (Natalino Bruzzone, 'Il Secolo XIX', 31 Ottobre 2012)