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1925: Dodge Connolly (George Clooney), leggenda del football americano non più giovanissimo, vede la sua squadra in serie difficoltà dopo il ritiro del loro sponsor.
Carter Rutherford (John Krasinski) è un eroe della II Guerra Mondiale con un gran talento per il football e fama di uomo integerrimo e generoso.
Connolly crede di trovare in Rutherford la soluzione di tutti i suoi problemi, ma a guastare tutto arriva Lexie Littleton (Renée Zellweger), detective ficcanaso decisa a scoprire la verità sul troppo perfetto passato del giovane atleta.
Regia | George Clooney |
Sceneggiatura | George Clooney |
Duncan Brantley | |
Rick Reilly | |
George Clooney | John Krasinski |
Renée Zellweger | Stephen Root |
Wayne Duvall | Peter Gerety |
Keith Loneker | Malcolm Goodwin |
Matt Bushell | Tim Griffin |
Robert Baker | Nick Paonessa |
Jonathan Pryce | John Vance |
Valutazione Pastorale (dal sito dell'Associazione Cattolica Esercenti Cinema ACEC)
Giudizio: Accettabile, brillante
Tematiche: Sport
Se è impeccabile come attore, Clooney quando fa anche il regista si pone obiettivi molto precisi. Qui periodo e ambientazione rimandano a momenti storici ben identificati non solo sotto il profilo storico ma anche cinematografico. A fare da guida c'è la grande commedia americana anni 30, tra equivoci, ripicche, scambi di persone, frivolezze e molte serietà. I sentimenti comandano, l'individuo predispone, la squadra vince, la vittoria arriva. Il ritmo è efficace e coinvolgente. Forse rifugiarsi nel passato può essere talvolta comodo, ma Clooney lo fa con rispetto e affetto esemplari. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come accettabile e certamente brillante.
Utilizzazione: il film è da utilizzare in programmazione ordinaria, e da proporre in seguito come spettacolo simpatico e di immediata fruizione.
"Mescolando le atmosfere di 'Scandalo a Filadelfia' e le suggestioni della 'Signora del venerdì' il regista Clooney costruisce il ritratto di un ambiente ingenuo e un po' rozzo come quello sportivo, costretto a fare i conti con un mondo che sta cambiando troppo velocemente. (...) La regia di Clooney non è costruita con la sotterranea tensione dei lavori di Cukor o di Hawks ma piuttosto con la voglia dichiarata del 'falso' e con il piacere del gioco fuori da ogni schema e regola. Convinto, giustamente, che la commedia sofisticata abbia perso la sua capacità di graffiare sui costumi e sui difetti americani ma altrettanto giustamente convinto che mantenga ancora il suo piacere di meccanismo narrativo capace di allargare il cuore e rigenerare la mente." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 11 aprile 2008)
"Sapevamo che George Clooney si sente un po' il Clark Gable, un po' il Cary Grant dei giorni nostri: così come sapevamo che gli piacciono le storie ambientate nel passato americano. Con 'In amore niente regole' è riuscito a realizzare una sintesi delle due cose, dirigendo e interpretando un film che è un atto d'amore dichiarato alle commedie romantiche hollywoodiane della Golden Age e alle relative star: da Gable a Grant, appunto, a Katharine Hepburn, Miriam Hopkins, Spencer Tracy. (...) George gioca bene con il repertorio dell'epoca, tra risse omeriche, retate della polizia, ritmi e colori esumati dal cinema del tempo che fu. Cura in modo particolare il suo personaggio, prendendosi in giro come ama fare di solito, ma ancora di più, aggiudicandosi il favore dello spettatore con un 'carattere' di simpatico fanfarone, sleale in campo e refrattario alle regole. Meno bene la Zellweger, adepta abituale del birignao cinematografico che, invitata a nozze dalla parte, s'abbandona peggio del solito al suo repertorio di vezzi e mossette." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 11 aprile 2008)
"Clooney si lancia a testa bassa, con tanto di baschetto, in questa nuova avventura che cerca di rinverdire i fasti della screwball comedy. Mossettine e ammicchi risultano oggi un po' irritanti, mentre i dialoghi in punta di fioretto, senza trascurare le sciabolate, tra George e Renée sono tra gli elementi che tendono a far restare a galla il film. La nascita del football professionistico suona un po' affrettata, dalle stalle alle stelle in un attimo, ma il dato più interessante del film è quella crisi incombente, che di lì a poco si abbatterà su tutti, sindaco compreso, tracannando superalcolici negli speakeasy o sul campo. E le regole del titolo italiano? Non sono tanto quelle dell'amore, bensì del gioco che diventando ufficiale prevede nuove norme di comportamento, in campo e fuori, con tanto di commissario nominato dall'esecutivo." (Antonello Catacchio, 'Il Manifesto', 11 aprile 2008)
"Troppa carne al fuoco? Vero. La smorfiosa Zellweger inimmaginabile come nova Rosalind Russell? Vero anche questo. Ma il formidabile carisma del nuovo Cary Grant e una batteria dolcissima di caratteristi tirano fuori il film dal fango farsesco di esilaranti partite di football. Buona anche la terza, George." (Francesco Alò, 'Il Messaggero',11 aprile 2008)
"Clooney regista teme però che Clooney interprete diventi odioso per il pubblico, specie per quello americano, e lo rende un mascalzone a metà, più che un simpatico mascalzone: Renèe Zellweger si limita a ripetere il personaggio del modesto ma fortunato (in Oscar) 'Chicago'. La ricostruzione d'epoca è limitata ma perfetta." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 11 aprile 2008)
"'In amore niente regole' è l'omaggio divertito di Clooney alla 'sophisticated comedy' dei tempi d'oro. Quella dei dialoghi brillanti, dell'umorismo raffinato, delle schermaglie sentimentali che qui coinvolgono in un triangolo il sornione George, una giornalista alle prese con un mondo al maschile (Renèe Zellweger) e un falso eroe di guerra. In una fotografia seppiata, c'è pure il tributo alle comiche slapstick del cinema muto e la malinconia per un ambiente pionieristico in cui i giocatori si ubriacavano con scazzottate nei bar prima di una partita, non sempre avevano a disposizione tutti gli uomini, ricorrevano a ingegnose e buffe scorrettezze." (Federico Raponi, 'Liberazione', 11 aprile 2008)