Sabato 16 febbraio - Ore 21:00
Domenica 17 febbraio - Ore 16:00 e 21:00
Miglior attrice non protagonista a Anne Hathaway
Miglior trucco a Lisa Westcott e Julie Dartnell
Miglior sonoro a Andy
Nelson, Mark Paterson e Simon Hayes
Francia, XIX Secolo. Jean Valjean - ricercato da decenni dallo spietato poliziotto Javert per aver violato la libertà condizionata - vive sotto falsa identità in un villaggio dove è conosciuto per la sua generosità e per l'aiuto che offre ai più deboli. Tuttavia, l'arrivo sul posto di Javert e l'incontro con la giovane Cosette, figlia dell'operaia Fantine, cambierà ancora una volta la sua vita...
Regia: Tom Hooper
Interpreti: Hugh Jackman, Russell Crowe, Anne Hathaway, Amanda Seyfried, Eddie Redmayne, Samantha Barks, Sacha Baron Cohen, Helena Bonham Carter, Aaron Tveit
Sceneggiatura: William Nicholson
Fotografia: Danny Cohen
Montaggio: Chris Dickens
Musiche: Claude-Michel Schönberg
Un musical possente con interpreti in stato di grazia: il film di Hooper rende giustizia al capolavoro di Victor Hugo
Una manciata di minuti di dialogo e un profluvio di musica: cori e canzoni, duetti e terzetti nei quali si confessano odio, amore, disperazione e perdono, i peccati del potere e l'innocenza delle vittime, i soprusi dei violenti e il riscatto dei pentiti, l'afflato religioso che pervade i destini in collisione di un intero popolo, quello francese, e dei tanti "miserabili" che annaspano verso la libertà, la dignità, il pane, una condizione umana del vivere e una cristiana del morire.
Le millecinquecento pagine del capolavoro di Victor Hugo sono una partitura possente di raccordi sentimentali già predisposti a diventare accordi strumentali e melodie dal sapore pucciniano. Il cinema ha da sempre amato Les Misérables: a Hollywood se ne contano molteplici versioni, a partire dal 1909, con ben quattro mute, e in tutto, comprese le europee, sono una ventina, ma la trasposizione sullo schermo nella forma entusiasmante del famoso musical, scritto da Alain Boublil e Claude-Michel Schönberg - adattamento inglese della loro precedente versione francese - le supera tutte. Capolavoro teatrale nato al Barbican Theatre di Londra l'8 ottobre 1985, ha ricevuto da allora e ovunque attestazioni di travolgente successo: visto da oltre 60 milioni di persone in 42 paesi e 21 lingue, dopo 27 anni ancora record ai botteghini.
Forti del loro carisma e della loro voce, entrano nel travolgente dramma popolare interpreti superlativi. Anne Hathaway, dimagrita per il ruolo di Fantine di dodici chili e con vero taglio di capelli in scena, si aggrappa - apice della commozione, Golden Globe e candidatura all'Oscar - ai sogni che non l'hanno salvata, il suo canto è tragicissimo (I dreamed a dream); Hugh Jackman con salda impostazione e acuti squillanti, le si fa protettore e declina con forti accenti la redenzione del galeotto Jean Valjean, dandone un ritratto forte e delicato. Li dirige Tom Hooper, che passa dalle parole del balbuziente Giorgio VI del pluripremiato Il discorso del Re alle note del canto di questo kolossal musicale, che si apre con l'imponente scena girata ai docks di Portsmouth. Ha scelto i suoi interpreti con scrupoloso provino, li ha costretti a cantare in presa diretta per assicurare al pubblico un maggior realismo (e sicure lacrime), e a loro il coinvolgimento emozionale che un set di cinema avrebbe potuto affievolire. Vedere Russell Crowe, nei panni dell'ispettore Javert, affidare alla sua voce tenorile la follia di una sfida infinita (Stars) e certificare poi la sua sconfitta con uno spettacolare suicidio, è un'indubbia sorpresa, assai più che Amanda Seyfried, ben allenata da Mamma mia!, a cui stavolta è affidato il ruolo dell'innocente Cosette, lanciata in un romantico duetto d'amore (Everyday) con Eddie Redmayne, il giovane e appassionato Marius.
Mancava da oltre quarant'anni una trasposizione così accurata e sfarzosa di un musical (nel 2004 Il Fantasma dell'opera non aveva riscosso unanimi plausi), ossia dai tempi di Oliver! diretto da Carol Reed, tratto dal lavoro teatrale a sua volta tratto dal romanzo dickensiano, che fece incetta di Oscar nel 1968 (combattendo ad armi pari con un altro famosissimo musical, Funny Girl). Quelle erano storie di malaffare, sfruttamento e pietà nei bassifondi londinesi - rifugio del sottoproletariato assediato dalla rivoluzione industriale - ora è Parigi - tutta ricostruita in studio - a fare da sfondo agli ideali politici e sociali di Hugo, nel ventennio di storia compreso tra il 1815 e il 1833. Musica e canto avvolgono ogni sequenza e ogni sentimento, con Hooper che ha voluto personalmente intervenire sul lavoro teatrale chiedendo anche una nuova canzone, Spoken, e una nuova struttura rispetto all'originale, creando un grandioso affresco epico e popolare (2.200 gli splendidi costumi): la Parigi degli eroi e delle fogne, la taverna di Monsieur e Madame Thénardier (Sacha Baron Cohen e Helena Bonham Carter, fantastica coppia di delinquenti), il convento e il palazzo. Hooper segue la partitura senza togliere nulla alla forza espressiva del testo delle canzoni, anzi amplificando il dramma fisico e morale, che nel finale trova una vera apoteosi con il travolgente Do you hear the people sing, voce di popolo e di speranza, quando vivi e morti, sulle barricate parigine, inneggiano alla luce, al sole e all'attesa di un radioso futuro. (Luca Pellegrini)
"Diavolo di un Victor Hugo. Quando nessuno ormai lo leggeva più, i suoi libri rigonfi di passioni sono diventati libretti per musical. E quando quello tratto dai Miserabili è diventato il più visto della storia (...), ecco il regista del 'Discorso del Re' farne un kolossal, come esige l'opera, in cui tutto è macroscopico, pantografato, esagerato. Tutto tranne le voci, perché la sfida è proprio questa: far cantare dal vivo attori di cinema, non sempre dotati dal punto di vista vocale. Faccia tosta, licenza poetica, suicidio d'artista? Se accettate il partito preso e vi concentrate sugli sforzi canori di Hugh Jackman e Russell Crowe anziché sulle loro voci sfibrate, l'esperienza non manca di fascino. (...) Tom Hooper - che sui problemi di voce ha costruito una commedia geniale come 'Il discorso del Re' - non fa «teatro filmato» (a lungo l'accusa più infamante che potesse colpire un regista, salvo poi scoprire che era un falso problema). Fa un film grandioso per impianto. Giocando contro questa grandiosità la debolezza vocale dei protagonisti (non solo vocale: Crowe è talmente superiore a Jackman che Javert finisce per essere molto più tormentato e interessante di Jean Valjean). Certo, fra tante nominations l'unica a meritarla davvero è la vibrante Hathaway (ma sono esilaranti Sacha Baron Cohen e Helena Bonham Carter, coppia di imbroglioni e trasformisti). Ed è vero che il meglio, non succede spesso, sta nelle scene di massa. Alzi la mano chi non si emoziona davanti alle barricate, specie quando canta il piccolo insorto Gavroche (voce meravigliosa stavolta: infatti viene dalla versione teatrale londinese). Del resto anche la prosa turgida di Hugo non faceva psicologia. Faceva spettacolo." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 31 gennaio 2013)
"Questo 'Les Misérables' musicale e cantato (dagli attori) si presenta come un gigante dai piedi di argilla. Vedremo con curiosità l'esito degli Oscar, dove il film di Tom Hooper ('Il discorso del Re') arriverà carico di nomination. Ma il totale azzeramento di pathos (e ce ne vuole) della vicenda di Jean Valjean galeotto per fame, inseguito e perseguitato per tutta la vita dal poliziotto Javert (Russell Crowe) incurante delle innumerevoli buone azioni che hanno abbondantemente riscattato il suo uomo (a parte i quasi vent'anni di lavori forzati) a partire dal salvataggio dell'orfanella Cosette, fa rimpiangere uno qualsiasi dei numerosissimi adattamenti del romanzo di Victor Hugo che dagli albori del cinema fino alla miniserie tv con Depardieu hanno preceduto questo. Inclusi i Jean Valjean di Gino Cervi (1948) e Gastone Moschin (1964). E il bello, si fa per dire, è che il tour de force di cantate, che non danno tregua, non lascia traccia nella memoria. Non c'è un brano che si lasci ricordare. Anne Hathaway, condannata agli stracci e alle lacrime come il personaggio impone, fa del suo meglio come Fantine." (Paolo D'Agostino, 'La Repubblica', 31 gennaio 2013)
"Trasposto per la regia del Toby Hooper di 'Il discorso del Re', 'Les Mis', che ha già ramazzato vari Golden Globes, è in gara per l'Oscar in otto categorie fra cui quella al protagonista maschile Hugh Jackman e all'attrice non protagonista Anne Hathaway, mentre il botteghino Usa viaggia verso i 150 milioni di dollari, e il film in Inghilterra è per la terza settimana in testa agli incassi. Tuttavia alcune critiche statunitensi (e parliamo di testate importanti come 'The New York Times') non sono state affatto tenere, rilevando diverse pecche: gli attori sono ripresi piombando su di loro in monotoni primi piani; nella speranza di movimentare la scena, il regista fa uso e abuso di inquadrature sghembe e grandangoli; la pur suggestiva imbastitura scenografica si avvale dell'evidente ausilio degli effetti speciali e avanti di questo tono. Sono riserve che possono avere una loro ragione, ma per contro si può affermare che Hooper ha lavorato nel pieno rispetto della convenzione non realista del palcoscenico, sia a livello di scenografia che di taglio narrativo; e ridondanza ed eccesso di stile non sono forse connaturati alla pagina di Hugo? Evidenziando del romanzo sia gli empiti cristiani che quelli sociali (...), il film si attiene alla struttura dello spettacolo originario inanellando una dietro l'altra le melodie (49 più una nuova, aggiunta), senza recitativi o dialoghi (le battute saranno una decina): ma cantando dal vivo gli interpreti (da Jackman ad Hathaway a Crowe, passando per gli intermezzi comico-grotteschi della coppia Bonham Carter /Sacha Baron) trasmettono un'autentica emozione; e se, come all'opera, si accetta la convenzione di un racconto in musica, al film ci si può appassionare e commuovere ritrovando quella che per Henry James era la componente essenziale dell'arte di Hugo, ovvero il suo cuore per cui, scrisse, «noi nutriamo un profondo rispetto»." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 31 gennaio 2013)
"Victor Hugo in musica. Con un successo, grazie a Alain Boublil e Claude-Michel Schönberg, che sulle scene di 24 Paesi e in 21 lingue dura da ventotto anni senza accennare a finire. Adesso però è la volta del cinema che, senza canzoni, aveva già affrontato i suoi 'Miserabili' dagli anni Trenta ad oggi quasi una decina di volte, non contando le tante versioni televisive. Ora così è un noto regista ad occuparsene; quel Tom Hooper premiato di recente agli Oscar per 'Il discorso del Re'. Con la collaborazione per la sceneggiatura di William Nicholson e dello stesso Alain Boublil, autore quest'ultimo anche delle canzoni originali, Hooper ha condensato il romanzo in una serie di episodi che ne mettono in rilievo, con calda partecipazione, i momenti più salienti e i personaggi di maggior peso, sia dal punto di vista narrativo sia da quello drammatico, dando ovviamente spazi alle emozioni. (...) Un grande spettacolo in cui grazie alla regia di Tom Hooper il cinema può mettersi in mostra non solo con opulenza ma anche con intuiti fini. L'epoca, la tanta miseria intorno, i fatti storici che coinvolgono i singoli personaggi sono espressi, grazie anche alla fotografia suggestiva di Dany Cohen, nelle cifre di un realismo che molto deve alla pittura. Mentre, all'interno delle splendide scenografie di Eve Stewart, gli interpreti, tutti psicologicamente ben delineati, si muovono cantando in presa diretta e spesso, felice trovata di regia, addirittura in primo piano, riuscendo anche così a dar ciascuno il meglio di sé. Hugh Jackman è Valjean, Russel Crowe è Javert, Anne Hathaway è Fantine, Amanda Seyfried, Cosette cresciuta, i 'cattivi' che l'hanno maltrattata da bambina, Helena Bonham Carter e Sacha Baron Cohen. Due campioni di avidità e di perfidia." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo Roma', 31 gennaio 2013)
"Ci siamo sentiti, si fa per dire, una minoranza nel leggere che il musical 'Les Misérables', ispirato al grande romanzo di Victor Hugo, trasposto nel lontano 1980 da Claude-Michel Schönberg e Alain Boublil, poi adattato in lingua inglese da Herbert Kretzmer nel 1985, è stato visto da più di 60 milioni di persone in 42 nazioni e in 21 lingue, in cartellone a Londra da quasi trent'anni (più longevo di 'Cats'). Accidenti, e noi dove eravamo? Poi abbiamo visto il film, un musical cinematografico molto fedele a quello originale e molto magniloquente, e ci siamo detti: che bello essere minoranza, se questo è quello che piace alla maggioranza. Ma poi abbiamo anche pensato: forse è solo questione di gusti, non ci piace il musical duro e puro, l'opera pop, per intendersi, fatta solo ed esclusivamente di canzoni, che portano avanti la storia, inesorabilmente, a perdifiato, senza mai neanche un momento che sia uno, di pausa, di parole dette, anche quando, davvero se ne sentirebbe il bisogno. 'Les Misérables' appartiene a questa categoria di musical, discostandosi dalle formule miste fatte di dialoghi, canzoni e balletti, come 'Chicago' o 'Mamma mia'. Insomma, il musical ha le sue regole, il suo linguaggio. Se non piace la formula è inutile dirsi delusi da un'operazione cinematografica che fedelmente riporta il fervore dell'originale. Ma quest'argomentazione non ci convince del tutto: se questo tipo di musical - come vien detto - è figlio dell'opera lirica, ma nella sua versione pop, allora, dovrebbe rispondere a criteri non dissimili. Entriamo nel dettaglio, partendo da qualche dato tecnico. Il regista del film, Tom Hooper, lo stesso del 'Discorso del Re' ha deciso di far cantare tutti gli attori dal vivo, e non in playback, come usualmente si fa. (...) Ecco che il velleitarismo del regista mette in ginocchio una produzione già incredibilmente imponente. (...) Non è un caso che la più probabile è Samantha Barks che fa Eponine, cantante vera, già attrice nel musical. Insomma, l'arte menzognera del cinema ha chiesto troppo a questi attori e così le esigenze del cinema cozzano con quelle del musical. Altro aneddoto: Hugh Jackman, che interpreta, Jean Valjean, per realizzare la prima scena, che lo vede tirare di catena in un bagno penale, e per essere cinematograficamente credibile, non ha bevuto per 36 ore. Certo emaciato era, ma pensate quale bel canto ha potuto esprimere la sua arsa ugola." (Dario Zonta, 'L'Unità', 31 gennaio 2013')
"È stato un oggetto di culto per decenni, con 60 milioni di spettatori, tradotto in 22 lingue dalla sua prima l'8 ottobre 1985, e ora il musical ispirato al capolavoro di Victor Hugo, scritto da Alain Boublil, musicato da Claude-Michel Schönberg, e portato al successo dal produttore Cameron Mackintosh, arriva sullo schermo diretto dal regista di 'Il discorso del Re' Tom Hooper. Che sceglie la via dell'opera vera e propria, dove tutto è cantato dal vivo, e un cast importante in cui si fronteggiano come Jean Valjean-Javert, Hugh Jackman e Russel Crowe, che molto si sforzano di recitare e cantare alla perfezione, anche se per il secondo lo sforzo è piuttosto vano. Affiancati da Anne Hathaway dimagrita di dieci chili per entrare nel personaggio di Fantine, (...) Hooper non è regista da respiro epico e tantomeno visionario, si adagia su scene sontuose, costumi, sull'accumulo di materiali e immagini incastonandoli uno dopo l'altro senza sfumature. I suoi bassifondi di Parigi, in cui si aggira l'umanità dolente, stracciona, poverissima, non mutano di tonalità né azzardano letture politicamente aguzze o spiazzanti. Hooper (...) cerca la lacrima - chi resisterà di fronte al faccino affranto di Hathaway/Fantine mentre canta 'I Dreamed a Dream'? - e la spettacolarità rassicurante ammiccando o a un'iconografia ottocentesca anch'essa assolutamente già nota (che gli è valsa tra l'altro otto nomination agli Oscar). E se la natura, e l'ispirazione «teatrale» potevano essere una spinta a osare qualcosa in più, a scatenare fantasie gotiche e variazioni sui capitalismi vecchi e nuovi (...), divengono al contrario l'ennesimo tassello su cui poggiare una costruzione che asseconda lo spettatore, accompagnandolo laddove già si aspetta di arrivare, senza sorprese, sussulti, paure, «tradimenti». Tutto accade come si deve, nel fracasso di emozioni che non sono mai tali, nell'esercizio un po' vuoto di una macchina senza qualità." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 31 gennaio 2013)
"Dopo 27 anni, oltre 60 milioni di spettatori che lo hanno applaudito in 42 paesi e 21 lingue diverse, il musical più longevo della storia arriva anche sul grande schermo, diretto da Tom Hooper. Tratto dal capolavoro di Victor Hugo, romanzo sociale sugli ultimi della terra, 'Les Misérables', tre Golden Globe e otto nomination all'Oscar, mette in musica peccati e redenzione, cadute e riscatto, dolore e speranze di ex galeotti e prostitute, studenti e monelli di strada che alla fine si ritrovano sulle barricate nella Parigi del XIX secolo in rivolta contro la monarchia." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 31 gennaio 2013)
"Tra le tante trasposizioni tratte dal romanzo di Hugo, questa versione, adattamento del musical teatrale di successo, è tra le più emozionanti. La storia di redenzione di Jean Valjean è conosciuta; eppure, il premio Oscar Tom Hooper riesce ad inchiodare lo spettatore alla poltrona, ammaliandolo, lasciando il palcoscenico ai suoi ottimi interpreti, eccetto Crowe (dov'è la voce?). Qualche pecca c'è ma non intacca un buon film, con assolo strepitoso della Hathaway." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 31 gennaio 2013)
"Piacerà anche a coloro che la storia di Victor Hugo (tra le più filmate tra cinema e televisione) la conoscono a memoria. Perché il musical di Herbert Kretzmer (da 27anni in replica a Londra e New York) è grande spettacolo magistralmente tenuto in pugno dal regista del 'Discorso del Re'. Duello di bravure tra Jackman (Valjean) e Crowe (Javert). Il secondo recita meglio, ma il primo è più intonato." (Giorgio Carbone, 'Libero', 31 gennaio 2013)
"Tratto dal celeberrimo musical di Claude-Michel Schönberg e Alain Boublil ispirato dall'omonimo romanzo di Victor Hugo, 'Les Misérables' è diretto dal regista premio Oscar de 'II discorso del Re' Tom Hooper. Le ugole sono altisonanti nel nome e in alcuni casi negli esiti: bravi, di più, la Hathaway di 'I Dreamed a Dream' e il piccolo barricadero Daniel Huttlestone, mentre Jackman e Crowe suonano un po' giù e si rifugiano nell'emozione. Tutto il resto è romanticismo d'assalto, che getta il cuore oltre le ristrettezze del budget - risicati i piani lunghi, effetti speciali d'antan - per cantare in presa diretta il sogno rivoluzionario. Progressista." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 31 gennaio 2013)