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Charlie Kenton è un ex pugile che ha perso la sua ultima occasione di conquistare il titolo quando un robot di 800 kg e oltre 2 metri d’altezza lo ha sostituito sul ring. Ora che non è altro che un promoter a tempo perso, Charlie guadagna abbastanza soldi montando robot di poco valore con metallo di scarto per passare da un incontro clandestino di boxe all'altro. Quando Charlie tocca il fondo, si unisce a malincuore a Max, il figlio dal quale si era separato, per costruire e allenare uno sfidante che possa vincere.
Regia: Shawn Levy
Interpreti: Hugh Jackman, Evangeline Lilly, Dakota Goyo, Kevin Durand, Anthony Mackie, Hope Davis, James Rebhorn, Olga Fonda
Sceneggiatura: John Gatins, Leslie Bohem
Fotografia: Mauro Fiore
Montaggio: Dean Zimmerman
Valutazione Pastorale (dal sito della CNVF della Conferenza Episcopale Italiana)
Giudizio: consigliabile, semplice
Tematiche: Famiglia - genitori figli; Film per ragazzi
Il racconto di Richard Matheson è ambientato nel futuro (2020). Non appena però arriva e si sviluppa l'incontro tra padre e figlio, la lancetta dell'orologio torna rapidamente indietro. Nel contesto di un'idea anche affascinante (la boxe è cambiata: a salire sul quadrato non ci sono più uomini ma robot frutto di tecnologie avanzate, guidati da strumenti comandati da 'allenatori' a bordo ring), il copione sviluppa situazioni da 'vecchio' passato. Ci sono convenzioni narrative evidentemente difficili da scavalcare: l'esistenza fallimentare di Charles e il suo lento ma inesorabile arrendersi alla vivacità e al coraggio del figlio; il rovesciamento dai ruoli tra l'adulto e il piccolo; la seconda occasione che arriva per tutti; la sconfitta finale che però equivale ad una vittoria; la forza dell'individuo che si batte per l'intera società. E' l'immaginario americano, oggi e domani, positivi e trionfalistico. Niente di nuovo ma una realizzazione impeccabile, e film che, dal punto di vista pastorale, è da valutare come consigliabile e nell'insieme semplice.
Utilizzazione: il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in successive occasioni come avventura spettacolare anche per ragazzi.
Robot dal cuore umano per un appassionato apologo sui vinti: anche se non nuovo, ben fatto
Real Steel mantiene ciò che non promette: un bel controsenso. Il film Dreamworks – da noi distribuito dalla Disney, a conferma di come siano saltate antiche gelosie e competizioni – sembrava un action tutto lamiere ed effetti speciali, sorta di Transformers in modalità ridotta. Non lo era.
Certo i robot ci sono, se le danno di santa ragione, il futuro è prossimo e l'America ha sostituito guantoni e sudore della boxe con ferraglia telecomandata a distanza. Ma dentro il grande show di cavi e muscoli d'acciaio batte un cuore umano affamato di vita e riscatto. Quello di un pugile sul viale del tramonto che ha la possibilità di riprendersi una rivincita sul e fuori dal ring, ritrovando la fiducia in se stesso e l’amore del figlio che anni prima non aveva voluto.
Paternità, elogio degli sconfitti e seconde occasioni: Real Steel (dal racconto di Richard Matheson) è classica pastorale americana, ricca di risonanze umane, annotazioni sociologiche, edificazione democratica. Diretto con mestiere da Shawn Levy – ma si sente la mano di Spielberg, produttore esecutivo – conquista per l’ottima prova dei suoi protagonisti: Hugh Jackman ed Evangeline Lilly sono maledettamente intensi, ma la parte del leone è del piccolo Dakota Goyo. Ne sentiremo ancora parlare. (Gianluca Arnone)