Sabato 1 maggio | Ore 21:00 |
Domenica 2 maggio | Ore 16:00 e 21:00 |
Nel 2003, durante la prima fase dell'occupazione americana dell'Iraq, l'ufficiale Roy Miller e la sua squadra vengono incaricati di rintracciare le armi di distruzione di massa che si pensa siano nascoste nel deserto. Invece di scovare i micidiali ordigni si ritroveranno immischiati in una serie di losche operazioni organizzate dai servizi segreti che finiranno per cambiare completamente l'obiettivo della loro missione...
Soggetto tratto dal libro "Imperial Life in the Emerald City: Inside Iraq's Green Zone" di Rajiv Chandrasekaran.
Regia | Paul Greengrass |
Sceneggiatura | Brian Helgeland |
Fotografia | Barry Ackroyd |
Montaggio | Christopher Rouse |
Musiche | John Powell |
Durata | 1h 59' |
Matt Damon | Greg Kinnear |
Jason Isaacs | Amy Ryan |
Khalid Abdalla | Yigal Naor |
Nicoye Banks | Said Faraj |
Sean Huze | Bijan Daneshmand |
Raad Rawi | Jerry Della Salla |
Edouard H.R. Gluck | Allen Vaught |
Brendan Gleeson | Antoni Corone |
Valutazione Pastorale (dal sito dell'Associazione Cattolica Esercenti Cinema - ACEC)
Giudizio: consigliabile, problematico
Tematiche: Guerra; Politica-Società; Storia
Sembrerebbe quasi un film a tesi, rivolto dall'inizio a dimostrare che il motivo scatenante della guerra in Iraq era del tutto inesistente. Il racconto si allarga poi al più ampio, e forte, tema della 'verità' spesso occultata da alcuni ai molti che comunque alla guerra partecipano e mettono a rischio la vita. Gioco sporco e ambiguo del potere da un lato, incredulità dei militari che spesso vestono la divisa con onore e dignità dall'altro. La regia tiene questi due aspetti legati con un ritmo scatenato e frenetico, al limite dello stordimento. Montaggio incalzante, toni sincopati e nervosi: specchio di situazioni delicate, di decisioni da assumere in pochi secondi, di avversari da fronteggiare che non sono solo quelli esterni ma, per gli Usa, anche quelli 'interni' (i servizi segreti contro le forze regolari). Scenario convulso, e toni aspri per denunciare un'altra guerra che forse si poteva evitare. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile. e nell'insieme problematico.
Utilizzazione: il film é da utilizzare in programmazione ordinaria e inseguito come proposta di film del genere 'bellico' con molte altre suggestioni. Attenzione é da tenere per i più piccoli in vista di passaggi televisivi o di uso di VHS e DVD
L'isola che (non) c’è nell’inferno iracheno: Matt Damon alla ricerca della verità per l’ottimo Paul Greengrass
"Non sta a voi a decidere cosa deve succedere qui". Parola di iracheno, megafono di Paul Greengrass, che inquadra la Green Zone di Baghdad, all’indomani della seconda Guerra del Golfo nel 2003.
Scritto dal premio Oscar Brian Helgeland (L.A. Confidential e Mystic River, niente male…) e basato sul bestseller del giornalista del Washington Post Rajiv Chandrasekaran, Imperial Life in the Emerald City: Inside Iraq’s Green Zone (colpevolmente non tradotto in Italia), Green Zone arriva nella filmografia del regista inglese dopo il dittico spionistico The Bourne Supremacy e The Bourne Ultimatum e l'11 settembre di United 93: tutti e tre ritornano qui sia nello stile documentaristico (macchina a mano, montaggio mozzafiato, effetti di realismo speciale) che nella poetica (dare definizione, altra dai massmedia “giornalistici”, al vulnus geopolitico di questi nostri anni) e pure nell’ideologia, con qualche significativo slittamento.
Il primo è il ruolo della CIA: dopo averla bastonata con Bourne, Greengrass osserva come sia "bello avere un personaggio dell’Agenzia che sia una brava persona", ma c’è di più. La Cia, tramite il comandante della postazione di Baghdad Martin Brown (Brendan Gleeson, possente), vuole capire perché le armi di distruzione – poi ribattezzate di "distrazione" - di massa non si trovino, mentre l’agente della DIA del Pentagono Clark Poundstone (Greg Kinnear, perfetto uomo d’apparato bushista) insabbia, distorce e svia, complici i Berretti Verdi (Jason Isaacs) e una stampa a corto di verifica: Lawrie Dayne (Amy Ryan) del Wall Street Journal, che beve tutto e mette in pagina. Poi ci sono gli iracheni: il generale Al Rawi (Ygal Naor, con lo sguardo che uccide) rivendica all'esercito un ruolo di stabilizzazione nel dopo Saddam, mentre Freddy (Khalid Abdalla), una gamba lasciata in Iran, la volontà di fare in prima persona per il proprio Paese.
Tutti contro tutti, americani contro americani, iracheni contro iracheni, americani contro iracheni: in mezzo, il capo Roy Miller, chiamato dall’alto a trovare le armi chimiche e richiamato da se stesso a cercare la verità. Un luogotenente con il volto e la fisicità di Matt Damon, alla terza collaborazione con Greengrass dopo i due Bourne (la quarta in cantiere: focus sulla crisi finanziaria) e sulla (buona) strada di una carriera senza eguali a Hollywood.
Da un sito all’altro a bordo dell’Humwee, i suoi occhi rivelano che la Green Zone, i 10 km² protetti del comando USA e UK, è l’isola che (non) c’è nell’inferno: iracheno, ma a denominazione d’origine controllata statunitense. E Greengrass fa di tutto per dare credito alla sua testimonianza: reduci come attori e consulenti militari, location in Spagna, Marocco e Inghilterra “più vere della vera Baghdad”, tagli sul movimento e raffiche notturne che altro non sono che un nuovo, adrenalinico e civile tallonamento neorealistico. Non ci sono i buoni e i cattivi, ma la gelatina esplosiva che manda in frantumi la verità, quella che un editing di travolgente umanità cerca di ricomporre: senza escludere un solo spettatore, senza venire meno alla scabrosa legittimità del diritto internazionale. Tutti giù per terra: l’Iraq agli iracheni, e non c’è Green Zone che tenga. (Federico Pontiggia)