Giovedì 16 marzo - Ore 21:00
Il 15 Gennaio 2009, il mondo assiste al "Miracolo sull'Hudson" quando il capitano Chesley "Sully" Sullenberger effettua un atterraggio di emergenza col suo aereo nelle acque gelide del fiume Hudson, salvando la vita a tutti i 155 passeggeri presenti a bordo. Tuttavia, anche se Sully viene elogiato dall'opinione pubblica e dai media, che considerano la sua un'impresa eroica senza precedenti, le autorità avviano delle indagini che minacciano di distruggere la sua reputazione e la sua carriera.
Regia: Clint Eastwood
Interpreti: Tom Hanks, Aaron Eckhart, Laura Linney, Anna Gunn, Mike O'Malley, Ann Cusack, Sam Huntington, Jamey Sheridan, Autumn Reeser, Jerry Ferrara, Jeff Kober, Holt McCallany, Molly Hagan, Chris Bauer, Michael Rapaport
Sceneggiatura: Todd Komarnicki
Fotografia: Tom Stern
Montaggio: Blu Murray
Musiche: Christian Jacob, Tierney Sutton Band
Durata: un'ora e 36 minuti
Ingresso: 4.00 € - Il costo del biglietto
Ha tutti i crismi del capolavoro civile il nuovo film di Clint Eastwood, Sully, fuori concorso al 34° Torino Film Festival e sicuro contender, a partire da Tom Hanks, ai prossimi Academy Awards.
Il 35esimo lungometraggio di Mr. Eastwood racconta una vicenda vera, già passata alla storia come Miracolo sull’Hudson: l’ammaraggio del volo U.S. Airways 1549 sul gelido fiume Hudson a New York, in seguito al grippaggio di entrambi i motori causato dall’impatto con uno stormo di oche canadesi, il 15 gennaio 2009.
Il comandante Chesley Sullenberger (Tom Hanks) alla cloche dell’Airbus A320, insieme al copilota Jeff Skiles (Aaron Eckhart), fece l’impresa: salvare tutte le 155 persone, tra passeggeri e membri dell’equipaggio, a bordo. Dimenticate il comandante Francesco Schettino della Costa Concordia, Sully fu l’ultimo ad abbandonare il velivolo, dopo aver perlustrato la carlinga due volte per sincerarsi che nessuno fosse rimasto indietro: un eroe, celebrato a furor di popolo com’è giusto che sia. Oltre 50mila i messaggi di stima e tributo ricevuti.
Eppure, Eastwood non ha subito deciso di farne un film. Sully, questo il diminutivo di Sullenberger, dimostrò grande calma nell’emergenza, la sua decisione di abortire il rientro all’aeroporto internazionale La Guardia si rivelò giusta, la scelta dell’opzione ammaraggio pure, e la manovra fu effettuata con grande perizia: a non renderlo un robot, per giunta, sarebbero arrivati gli incubi, l’insonnia, lo stress post-traumatico.
Che cosa cercava Clint? Semplice, la conditio sine qua non per un film: il conflitto. “Il vero conflitto, per me, è arrivato dopo, quando – ha dichiarato il regista – le autorità per la sicurezza dei trasporti l’hanno interrogato sulle decisioni prese, sebbene Sully avesse salvato così tante vite”. Sono state le audizioni del National Transportation Safety Board sul forzato ammaraggio a far decollare Sully, peraltro su una rotta non dissimile da quella scelta da Robert Zemeckis per Flight, interpretato da Denzel Washington.
Per comprensibili motivi drammaturgici e patetici – la costruzione a incastro, tra flashback e flashforward è uno dei sicuri punti di forza – Eastwood ha accorciato la distanza temporale tra il salvataggio e le audizioni, ma non ha inventato nulla: sull’eroe richiesto del perché e del percome delle sue gesta Clint ha ravvisato lo spettro del politically correct e non ha avuto alcuna pietà, regalando a Sully e a noi spettatori un grande film, capace di elogiare il tutti per uno nell’uno per tutti, la collettività nell’individualità eccelsa, l’unione solidale nella forza del singolo.
Non mancano, anzi, battute ironiche (il cocktail inventato per Sully,
due dita di Grey Goose e uno spruzzo d’acqua, non si batte!), dialoghi
fulminanti (non difettano nememno nelle sequenze da court drama vero e
proprio), affidati a un cast in stato di grazia – oltre a Hanks e
Eckhart, Laura Linney, Sam Huntington, Anan Gunn, Autumn Reser e via
scorrendo – né l’elogio del senso di responsabilità, del fare bene il
proprio lavoro, condizione necessaria e sufficiente, in fondo, perché si
possa essere eroi. Ognuno di noi, ogni giorno.
Anarchico di
destra, libertario collettivista, Clint fa di Sully un grimaldello
anti-sistema, colui che rivendica il fattore umano contro gli algoritmi,
le simulazioni al computer, la cieca efficienza e l’occhiuta
indifferenza dei soloni e dei catoni. “Nessuno ci ha avvisati. Nessuno
ci ha detto della perdita dei motori all’altitudine più bassa nella
storia dell’aviazione”, rivendicò in aula Sullenberger. E vinse, tenendo
a braccetto la verità dei fatti.
Coinvolgente, serrato, empatico, Sully evoca, anzi, pre-evoca l’avvento di Trump in questo assolo collettivo anti-sistema, soprattutto, riafferma il potere del cinema, dell’arte tutta, quale fatto politico, quale affondo ideologico, presa di coscienza etica. E lo fa nella cornice del film d’impegno civile e resilienza umana, il solo capace di ribaltare un quasi certo disaster movie in una success-story umanista. Avercene di Sully, avercene di Clint. (Federico Pontiggia)
"Con il magico tocco della migliore semplicità, essenzialità, sobrietà, in una parola classicità di cui ha dato tante prove questo grande del cinema contemporaneo, il film si snoda - brevemente, altra virtù - intorno al paradossale processo che Sully e il suo secondo devono subire da parte delle autorità dell'aviazione civile. (...) Tom Hanks calza a pennello. Nuovo Gregory Peck o Henry Fonda costretto a difendere il proprio onore dalle ombre che ingiustamente lo minacciano. L'uomo integro - con i suoi difetti, che rendono ancora più apprezzabile la sua integrità - che assume sulle proprie spalle il peso schiacciante della responsabilità. Riducendo al minimo le parole, l'esternazione di sentimenti e risentimenti. Un uomo vero, insomma. (...) Clint ha il talento del cantore dell'individualismo americano che - come in 'Gran Torino' e in 'Million Dollar Baby', ma anche nell'ostico 'American Sniper'- è coscienza della responsabilità e virilità delle e nelle scelte." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 1 dicembre 2016)
"Sconsigliato solo a chi ha paura di volare, «Sully» è un film davvero per tutti, ma non nel banale senso promozionale bensì in quello dell'opera superiore alle schermaglie di gusto tra la critica e gli spettatori. Il vecchio Clint, infatti, il cowboy di Leone trasformatosi negli anni in un'icona del cinema americano ha diretto l'ennesimo titolo in cui la linearità della messinscena, l'armonia della tecnica e la sicurezza del ritmo trascendono l'interesse dell'argomento, la pertinenza della cronaca e la consistenza poetico-politica dell'assunto. (...) Dando per scontata l'impeccabile immedesimazione di Tom Hanks, la prima raccomandazione critica è quella di azzerare le preoccupazioni per eventuali eccessi di retorica e soprattutto l'eco di certe interpretazioni che hanno tirato in ballo a vanvera le «false sirene» del coraggio a stelle e strisce, magari shakerato in salsa trumpiana. (...) Sfrondando con sperimentata asciuttezza dialoghi e sequenze, il film riesce a concentrare negli sguardi, i silenzi e la spontanea renitenza a lodi e accuse la verosimile personalità di un ottimo professionista che si scopre via via sempre più spaesato e scettico persino in contropiede alla stessa costruzione drammaturgica che sembra mirare nella direzione opposta. È esattamente in questo dettaglio nient'affatto secondario che risiede la grandezza di Eastwood: non sarebbe giusto svilire un'impresa oggettivamente clamorosa, mala diffidenza del cittadino/spettatore viene indirizzata sul destino riservato a coloro che cercano solo di fare il proprio dovere tenendo la schiena dritta e si ritrovano avvolti in un'epica trionfale puramente consumistica." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 1 dicembre 2016)
"Evitando nella forma e nella sostanza i luoghi comuni del cinema catastrofico (ammirevoli i tempi delle sequenze anche nelle scene più spettacolari, derivate da logica, materiale documentario e anticonformismo registico) Eastwood affida la caratura di un eroe normale a Tom Hanks, eccellenza di equilibrio mimetico e ricerca psicologica. Il portfolio etico di Sully coincide con quello di Eastwood: solitudine del comando, lucidità dell'azione, onore del dubbio, valore individuale della conoscenza. Come sempre, nel cinema di Clint, è uno scontro di poteri: la coscienza e il sistema. Non fosse per l'età, l'avrebbe interpretato." (Silvio Danese, 'Nazione-Carlino-Giorno', 1 dicembre 2016)
"Un film classicamente perfetto, che monta, smonta e rimonta - accorciando solo la distanza temporale tra l'ammaraggio e le audizioni - una vicenda nota per guadagnare pathos e suspense: la sceneggiatura di Todd Komarnicki ha drammaturgia da vendere, i dialoghi sono fulminanti anche nell'epilogo da 'court drama', l'ironia si spreca (il cocktail inventato da un barman in onore di Sully: due dita di Grey Goose e uno spruzzo d'acqua!). E che dire degli attori? Oltre a Hanks, che merita la nomination all'Oscar, e Eckhart, anche Laura Linney, Sam Huntington, Anan Gunn, Autumn Reser incantano. E incanta il vero Chesley Sullenberger, piccolo grande uomo che fece il miracolo della responsabilità: civile, quotidiana, umana." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 1 dicembre 2016)
"Piacerà ai fan di Eastwood che a 86 anni riesce ancora a fare grossi film. E film d'autore. Sully è un altro eroe come piace da sempre al Clint. Come Harry 'Callaghan', come l''American Sniper', un eroe che salva un pezzo d'America, ma dall'America non viene mai riconosciuto né tantomeno amato. Vince, ma vince in solitario. Qui Clint è riuscito a raccontare tre film in uno inscenandoli alla grande tutt'e tre. Dal dramma individuale (...) al dibattito giudiziario (...). Al 'disaster movie' (guardate come l'ottantaseienne è ancora capace di sfruttare le ultime meraviglie della tecnica degli FX)." (Giorgio Carbone, 'Libero', 1 dicembre 2016)
"Clint, con una lezione di cinema, ripercorre, facendo emozionare, quei momenti e il concitato dopo, regalando meritati primi piani ad uno strepitoso Hanks, tornato ai fasti di un tempo." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 1 dicembre 2016)
"Si trema pensando a cosa avrebbe potuto diventare una storia simile in mani meno ferme: grande spettacolo, manipolazioni plateali dello spettatore, scene ricattatorie di panico e distruzione, retorica patriottarda e familista (...). Niente di simile per fortuna. A 86 anni il regista di molti dei più bei titoli americani dell'ultimo ventennio (...), pilota il suo film con la stessa calma sicurezza del suo protagonista, un accigliato, misuratissimo e memorabile Tom Hanks. Concedendo il giusto allo spettacolo, ma sempre restando 'all'altezza dei personaggi', anche se quell'aereo in planata libera sopra New York potrebbe scatenare un nuovo 11 settembre, come dimostrano gli incubi di cui soffre Sully anche a occhi aperti. L'essenziale infatti è non perdere di vista i protagonisti grandi e piccoli di questa vicenda, ovvero quel 'fattore umano' che il pilota invoca in commissione d'inchiesta per dimostrare come il suo intuito sia stato più efficace di tutte quelle simulazioni al computer proiettate in aula. E peccato che Eastwood, unico peccato veniale del film, non fidandosi abbastanza della nostra immaginazione, non mostri nemmeno un istante la commissione d'inchiesta ascoltare sgomenta la registrazione solo sonora di quei 250 fatidici secondi di emergenza, visualizzando invece subito tutto con la potenza appunto di un film." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 20 novembre 2016)
"(...) Clint Eastwood, che avrà pure 86 anni e il difetto di esternare posizioni politiche reazionarie, si dimostra una volta di più cineasta epico di classica limpidezza di stile. La vicenda del pilota di linea Chesley Sullenberger (...) è narrata con essenzialità, senza mai forzare i toni; e sottolineando invece la nota morale e umana. Nella personificazione di Tom Hanks - come sempre magico per credibilità, intensità, capacità di sfumature - Sully non è solo un abile pilota: è un essere profondamente responsabile." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 20 novembre 2016)
"Eastwood affida il ruolo del protagonista a Tom Hanks, con capelli e baffi bianchi, perché se c'è un attore al quale uno affiderebbe la propria vita, questo è proprio lui, che aveva già salvato il suo equipaggio attaccato dai pirati somali in 'Captain Phillips' e in pericolo nello spazio in 'Apollo 13'. (...) Come di consueto, Eastwood adotta uno stile di regia asciutto ed essenziale, contando sulla solida sceneggiatura di Todd Komannicki (basata sull'autobiografia dello stesso Sully) e sulla forza dell'interpretazione di Hanks, Eckhart e Laura Linney (...). Senza dubbio il regista ha firmato progetti più innovativi e dirompenti, ma 'Sully' (...) è uno di quei film capaci di portare la gente al cinema e di regalare fiducia in una umanità pronta a dare il meglio di se stessa semplicemente facendo il proprio lavoro con dedizione e competenza. Perché forse è proprio di questi eroi che il mondo ha bisogno oggi." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 20 novembre 2016)