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Roma ai nostri giorni. Non è la Roma piaciona, sonnolenta e pigra, è la Roma cinica e grigia degli intrighi, gli affari sporchi, le intercettazioni. Le indagini partono da un incidente stradale che coinvolge un ragazzo di sedici anni. Tutto lascia pensare che si tratti di un incidente ma Corso non ne è convinto. In più quello stesso giorno viene ritrovato il cadavere di un ingegnere che avrebbe dovuto dare il via all'appalto per un mega centro commerciale nei pressi dell'aeroporto. I due fatti sembrano lontanissimi uno dall'altro. Ma così non è.
Regia: Marco Risi
Interpreti: Luca Argentero, Eva Herzigova, Claudio Amendola, Pietro Ragusa, Bebo Storti, Marco Leonardi, Shel Shapiro, Jan Tarnovskiy, Nino Frassica, Pippo Delbono
Sceneggiatura: Marco Risi, Andrea Purgatori, Jim Carrington
Fotografia: Marco Onorato
Montaggio: Clelio Benevento
Musiche: Franco Piersanti
Durata: 1 ora e 30 minuti
Marco Risi si muove tra thriller, dramma e pamphlet politico per raccontare una Roma in noir: onesto
A Roma, oggi. Corso è un investigatore privato, già in servizio alla polizia. Michelle, ex attrice e compagna di Corso molti anni prima, lo incarica di sorvegliare il figlio sedicenne. Corso esegue ma una sera in discoteca ne perde le tracce. Lo rivede fuori del locale, ma è troppo tardi: il ragazzo alla guida di una piccola macchina viene centrato in pieno da un SUV e muore sulla strada. Il dolore della mamma è incontenibile: separata dal padre, è ora sposata con Argento, un avvocato molto potente. Incaricato di andare avanti con le indagini, Corso finisce per scontrarsi con Torre, ispettore di polizia; tra i due c’erano stati in passato non pochi screzi. E anche ora proseguono con aspri confronti.
Marco, il figlio di Dino, dirige qui il suo lungometraggio numero 15: aveva cominciato con la leggerezza di Vado a vivere da solo (1982) e Un ragazzo e una ragazza (1984), ha toccato un certo realismo con Mery per sempre (1989) e Ragazzi fuori (1990), ed è arrivato a Fortapasc (2009).
Qui sta in bilico tra vari generi, costeggia il thriller, scende nel drammatico, sfiora il pamphlet politico. Il risultato è un racconto di generosa verità e di convinta meticolosità visiva. Risi ha il merito di non pretendere più di quello che può dare. Muove l’azione in una Roma notturna, buia, ostile nella quale il respiro dei potenti e dei corrotti alita forte e nel chiuso delle segrete stanze.
Unico appiglio la (presupposta) libertà offerta dalla tecnologia. Il regista ha uno sguardo secco e asciutto. Le regole di genere tengono abbastanza e ne risulta uno spettacolo “medio”,l convincente e di buona tenuta spettacolare.
Luca Argentero e Claudio Amendola duettano a muso più o meno duro, lanciando sferzanti giudizi sullo stato di salute (di malattia) dell’Italia. Eva Herzigova resta in scena poco, e fa bene. Cosi si rende credibile e accettabile. (Massimo Giraldi)
"Un thriller per Marco Risi. Senza rinunciare del tutto a quel realismo di denuncia che lo aveva fatto tanto apprezzare nei due film sulle carceri, 'Mery per sempre' e 'Ragazzi fuori', seguiti con piglio duro da quell'inchiesta sul disastro di Ustica che polemicamente si intitolava 'Il muro di gomma'. Questa volta, sempre con lo sfondo delle tante corruzioni che a tutti i livelli pesano anche sull'Italia recente, affronta, con un testo scritto con Andrea Purgatori e Jim Carrigton, una storia che, attraversata da molti enigmi, svelerà a poco a poco i retroscena che si nascondono tra le pieghe di una certa società di oggi. (...) si snoda con scioltezza, accumulando i vari sospetti sempre con le tensioni necessarie, costruendo ad ogni svoltale occasioni giuste per certi interrogativi pieni d'ansia, facendo attendere le risposte risolutive fino all'ultimo e consentendo così alla regia di Marco Risi di giocare felicemente tutte le sue carte lavorando sui dilemmi più affannosi, sui sentimenti più turbati e su delle sconcertanti rivelazioni sempre ben dosate fra una sorpresa e l'altra. Regge molto bene l'impresa Luca Argentero che la sua sempre lodata mobilità di mimica mette qui generosamente a disposizione del personaggio complesso dell'investigatore, più o meno l'unico onesto in quell'ambiente sordido in cui spesso rischia anche la vita. La madre del ragazzo è, con modi fini e un vago accento straniero, Eva Herzigova, il suo losco protettore è Pippo Delbono. E c'è anche Claudio Amendola, un poliziotto non sempre dalla parte degli onesti. Con sfumature ambigue. Un solo appunto, il 'cha cha cha', nel titolo e quando si affaccia nella vicenda. Senza, nessuno avrebbe qualcosa da obiettare." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo Roma', 19 giugno 2013)
"Pur con ematomi, cicatrici e gli zigomi per una volta al posto giusto, non corna di rinoceronte come nei lifting, Luca Argentero si dibatte sporco e nudo integrale aggredito da sicari sotto la doccia (come Viggo Mortensen nella sauna nella 'Promessa dell'assassino') nella scena più cult, hard (boiled) del noir di Marco Risi dall'ironico titolo 'Cha cha cha', evocando sorpassi dell'Italia del boom, non a caso un passo avanti e uno indietro. Ballando ballando, come nel film di Sorrentino, al ritmo del romanzo criminale borghese di una Roma misteriosa, amorale, occulta (...) un giro dell'oca di sospetti e intrighi che intaccano con droga e altro il giro torbido della famiglia come nelle migliori occasioni di stupri e affini (il perfido mellifluo Pippo Delbono). Svela verità l'occhio privato del detective ex poliziotto Luca Argentero che, liberatosi dalla confezione del carino, ci mette sempre più grinta per proteggere l'ex fiamma e l'ex diva Eva Herzigova, mentre gli è ostile l'ex capo Claudio Amendola (sono tutti ex di qualcosa), simbolo di un'Italia arrogante, mai al di sopra di ogni sospetto (...). Film di genere quindi ben fatto, ben ritmato, ben scritto, con tanti rigagnoli di sottofondo sul paese malato che finisce in canzonetta, ballando con le stelle, secondo l'etica tv: cantare, cucinare e giocare a calcio. Scritto insieme a Purgatori, complice di 'Muro di gomma' e 'Fortapàsc', il thriller gioca su sorpresa e denuncia di un'Italia che supera sempre il senso comune del grottesco, ma senza nulla di didascalico, tutto è manovrato dall'interno psicologico sociale contorto e cinico e dal plus valore immobiliare, spesso illegittimo. È fredda e scivolosa la fotografia di Marco Onorato, l'ultimo lavoro che gli è stato giustamente, affettuosamente dedicato." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 20 giugno 2013)
"Un vigoroso noir anni 40 innestato nel corpo flaccido dell'Italia di oggi. Un plot di geometrico rigore per un paese che di geometrico non ha più nulla («In Italia la distanza più breve tra due punti è l'arabesco» diceva Flaiano). Un «occhio privato» che indaga su una brutta storia di corruzione e delitti (Luca Argentero, troppo apollineo come detective strapazzato dalla vita), e un sottobosco di spioni, faccendieri, poliziotti, dediti all'arte tutta italiana dell'insabbiare e punire. Dai tempi di 'Mery per sempre' e 'Il muro di gomma', Marco Risi scava nei doppifondi della nostra cronaca a colpi di cinema di genere. Ora usa i dubbi e le deduzioni del film-inchiesta, ora gli eccessi del mélo, ora i toni stridenti del pulp. Ma i film più riusciti sono quelli più ancorati alla realtà (come 'Fortàpasc', sull'uccisione del giornalista del Mattino Giancarlo Siani, uno dei migliori in assoluto). Mentre quando lavora in totale libertà personaggi e intreccio risultano sfocati, meno incisivi. È il caso di 'Cha Cha Cha', titolo ironicamente allegro (o forse bene-augurante) per un film che si apre con un cadavere mangiato dai cani, va avanti con un bamboccione della Roma bene ucciso all'uscita della discoteca, e procede fra trame occulte, foto scottanti, intercettazioni telefoniche (ottimo Bebo Storti superspione), e via declinando tutti i passaggi obbligati dell'intrigo all'italiana. Anche se l'aitante ex-poliziotto, nonché ex-amante della madre del ragazzo ucciso (Eva Herzigova, iconica ma inerte), che si trova a sbrogliare la matassa, resta un personaggio troppo idealizzato per convincere. Battezzato Corso in omaggio al rimpianto Corso Salani (protagonista di 'Muro di gomma' e regista in proprio), questo investigatore abituato a occuparsi di corna e ragazzi in fuga, coinvolto in una faccenda molto più grande di lui, si scopre infatti ostinato come Marlowe e atletico come gli eroi di Mickey Spillane. Unico eroe a tutto tondo in un mondo popolato da «cattivi» a loro volta troppo ovvi o irrisolti per appassionarci, dall'ex-collega Claudio Amendola, all'«avvocato» Pippo Delbono, cui il nostro cinema chissà perché offre sempre ruoli da carogna. Un noir molto ideologico, in definitiva, che alimenta certezze più che insinuare angosce. Anche perché se tutti i conti tornano, nulla ci inquieta davvero." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 20 giugno 2013)
"Passando dal film di impegno al film di genere, Marco Risi non rinuncia a far risuonare il campanello della denuncia: il titolo 'Cha Cha Cha' allude a un'Italia che, a passo di danza, cerca l'oblio dalla crisi e dai mali che l'affliggono, segno di atavica superficialità oltre che di indubbio istinto di sopravvivenza. C'è chi nel marcio è abituato a navigare, vedi il commissario Claudio Amendola, c'è chi si ostina a combatterlo. E Argentero, detective privato di ispirazione chandleriana che si aggira con malinconico disincanto nella cornice di una livida Roma, dove capita che un cadavere morto ammazzato venga rubricato alla voce «suicida»; e dove nessuno si preoccupa di indagare sulla dubbia dinamica di un incidente stradale. Ne è rimasto vittima il figlio di Eva Herzigova, sposata al potente Pippo Delbono, nonché ex amante di Argentero che, pur minacciato, non desiste e finisce dritto nel cuore di tenebra della politica collusa al malaffare. Nel copione si avverte qualche debolezza - per esempio Amendola è una figura di antagonista che il film avrebbe tratto giovamento ad approfondire - tuttavia 'Cha Cha Cha' è un noir girato con professionalità e interpretato da un Argentero sempre più maturo." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 20 giugno 2013)
"Roma è spesso stata al centro dell'immaginario cinematografico italiano. A volte questa liaison ha portato a una sorta di vera e propria identificazione. Da Roma il cinema italiano dei nostri tempi si è a volte allontanato, spesso per motivi produttivi, scegliendo altre città e altre location, senza però mutare radicalmente lo sguardo, tanto che Torino piuttosto che Trento sono state raccontate come fossero una Roma provinciale. L'unica vera esperienza alternativa è stata data dal cinema sardo e quel che resta del cinema siciliano. Ora, in questo frangente, stiamo assistendo, certo per coincidenza, a un ritorno prepotente di Roma messa di nuovo al centro di narrazioni eccentriche o di genere. E' stato il caso de 'La grande bellezza' di Paolo Sorrentino (...) Anche l'ultimo film di Marco Risi, 'Cha cha cha', pone Roma al centro di una trama da film di genere, in questo caso un noir. A differenza di Sorrentino che ha espunto in maniera chirurgica la politica e la televisione dal suo bestiario romano, Risi non si fa problemi a metterle di nuovo al centro di una trama che lega malaffare e corruzione, finanza e politica, momenti tangenziali del malcostume italico, immaginando una Roma alla deriva, bottino dinastico di una genia di impostori. Ed ecco, allora, che dalle trame del noir esce una città che sentiamo più reale, fotografata dal bravo Marco Onorato, a cui il film è dedicato, morto prematuramente due mesi dopo la fine delle riprese, lo stesso Onorato che ha firmato i film di Matteo Garrone, compreso 'Reality' per il quale ha ricevuto, postumo, il David di Donatello. Bluastra e notturna, la città echeggia atmosfere da film americani, al servizio di una storia di oggi come di ieri. (...) Abbiamo lasciato Marco Risi qualche hanno fa con un film bello e intenso, 'Fortàpasc' sul giovane giornalista Siani, ucciso dalla camorra in quel di Napoli. Dopo quello Risi, come ha dichiarato, avrebbe voluto fare un film sulla trattativa stato-mafia, scrivendo così un'altra pagina della sua personale storia d'Italia, vista dall'occhio di un regista sensibile e impegnato, che considera il cinema anche come strumento d'indagine e di ricerca di verità impossibili e nascoste, come dimostra la sua filmografia. Il film sulla famosa trattativa non s'è fatto forse perché troppo «al presente» o troppo complicato, ed è arrivato un film più leggero, di genere, in cui non ci sono nomi e cognomi, ma figure tipiche e metaforiche. Questa griglia ha forse impoverito lo sguardo di Risi, che s'è trovato a modulare il suo cinema su di una struttura prevedibile e codificata. La scelta degli attori non è stata sempre felice. Argentero non riesce a far suonare tutte le sue corde, e neanche quelle del personaggio, e persino Pippo Del Bono, attore di spessore, risulta a tratti una macchietta, per non parlare della Herzigova, certo bella ma poco fatale. Insomma se si vuole giocare con il genere bisogna avere tutte le carte in regola." (Dario Zonta, 'L'Unità', 20 giugno 2013)
"Dopo la Roma vuota di Sorrentino arriva quella cinica di Marco Risi che con il noir 'Cha Cha Cha' racconta le indagini di un detective (Luca Argentero) alle prese con lo strano incidente stradale che ha coinvolto un ragazzo di sedici anni. Tra pedinamenti e intercettazioni emergono gli intrighi di un Paese sporco e corrotto dov'è ancora possibile però che la coscienza di ognuno di noi si ribelli in nome dell'onestà." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 20 giugno 2013)
"Evviva, torna il bel noir all'italiana. Merito di Marco Risi che confeziona un prodotto d'altri tempi, con il puro piacere del racconto criminale. Sullo sfondo di una Roma indifferente ai suoi scandali, (in un certo senso, si può leggere un collegamento con 'La Grande Bellezza' di Sorrentino), si snoda un thriller che non si vergogna di pescare negli stereotipi del genere (ad esempio, il detective privato inviso agli agenti), arricchendoli di una tensione che, per una volta, ci fa guardare con orgoglio al nostro giardino. Luca Argentero, bravissimo (...). Il tutto orchestrato da Risi con grande padronanza del genere, sorretto da un cast ispirato e convincente, nel quale spicca il detective Argentero, carismatico e mai sopra le righe. Magari alcuni personaggi sono irrisolti (in particolare, quello di Amendola che meritava più attenzione), ma non andiamo a cercare il pelo nell'uovo. Grazie anche all'ottima colonna sonora, questo è un bel film italiano del quale andare orgogliosi. Di questi tempi, un miracolo." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 20 giugno 2013)
"Marco Risi punta al bersaglio del noir e si avvicina a centrarlo, confezionando un film calibrato in racconto, stile e direzione del cast ben assortito. Se i difetti non mancano - specie nella tendenza al didascalismo nei dialoghi - vi si rileva il coraggio di osare oltre i cliché dell'odierno cinema-medio made in Italy, guardando ai vecchi polar francesi, ai crime movies americani e, ovviamente, al glorioso cinema di genere prodotto nel Belpaese che spopolava nei 70." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 20 giugno 2013)
"Piacerà a chi come noi ha una gran stima di Marco Risi e ingroppisce ogni volta che lo vede (è successo spesso) costretto a prestazioni alimentari. Con 'Cha Cha Cha' (il ballo degli anni 50 ora è divenuto quelle delle morti rimaste insolute) Marco si ricorda finalmente quello che ha imparato dal babbo Dino (cioè tutto) e ci regala un «noir» esemplare non indegno dei classici anni 40 (la sua Los Angeles se l'è andata a cercare in una Roma cupa, immobile, nemica)." (Giorgio Carbone, 'Libero', 20 giugno 2013)