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La storia ha inizio quando il fondatore di WikiLeaks, Julian Assange e il suo collega Daniel Domscheit-Berg uniscono le loro forze per diventare dei cani da guardia, in grado di controllare l’attività dei potenti e dei privilegiati. Grazie a un piccolo budget, i due creano una piattaforma online che consente ai loro informatori di trasmettere in forma anonima delle notizie riservate, puntando così i riflettori sui luoghi oscuri dove si nascondono i segreti governativi e i crimini aziendali. In breve tempo, riescono a svelare più notizie importanti di tutti i leggendari mass media tradizionali messi insieme. Ma quando Assange e Berg mettono le mani sulla maggiore raccolta di informazioni riservate nella storia degli Stati Uniti, si scontrano tra di loro e devono rispondere a una questione fondamentale nella nostra epoca: qual è il costo di mantenere riservati i segreti in una società democratica e quale il prezzo da pagare quando si decide di rivelarli?
Basato su Inside WikiLeaks di Daniel Domscheit-Berg e WikiLeaks di David Leigh e Luke Harding
Regia: Bill Condon
Interpreti: Benedict Cumberbatch, Carice van Houten, Daniel Bruehl, Stanley Tucci, Alicia Vikander, Dan Stevens, Anthony Mackie, Peter Capaldi, David Thewlis, Laura Linney, Moritz Bleibtreu, Jamie Blackley, Hera Hilmar, Michael Jibson
Sceneggiatura: Josh Singer
Fotografia: Tobias A. Schliessler
Montaggio: Virginia Katz
Musiche: Carter Burwell
"Certo, il quinto potere è quello di WikiLeaks, da tre anni caso giornalistico ed etico, che ha il compito di controllare gli altri quattro (governo & clero, ricchi, cittadini, stampa) con buona pace dell'affresco di Pellizza da Volpedo. Il tema della diffusione online dei Leaks, i dossier sulla guerra in Afghanistan, è quello primario non solo per la storia travagliata di Julian Assange e del suo super ego ora ospitato nell'ambasciata equadoregna a Londra. Al centro d'una ideale trilogia (aperta da 'Social Network' finirà col biopic su Steve Jobs), il film di Bill Condon, un tempo dedito alle 'Dreamgirls', è tratto da due libri critici verso il personaggio, dando voce e larga eco all'ex amico ora antagonista Daniel Berg. Macchinoso e di parte, il film si fa scudo con l'ampiezza del problema visto con la riserva del pirandelliano «così è se vi pare», ciascuno la vede a suo modo. Trattasi di rivoluzione dell'informazione o di una nuova strategia di spionaggio come la Cia? (...) II film è inferiore a questi compiti storici anche se lo script di Josh Singer (anch'egli vittima di spionaggio) distribuisce meriti e colpe in giro, senza creare personaggi di statura scespiriana, tendendo a privilegiare il melò del tradimento dell'amico rispetto a domande più profonde come la segretezza del mondo, il gioco dei potenti e i rischi della Verità che Oscar Wilde legittimava solo se detta in maschera. Senza togliere meriti al lanciatissimo attore di taglia forte Benedict Cumberbatch, Sherlock Holmes della Bbc, e tutti gli altri, Brühl, Tucci e Laura Linney." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 24 ottobre 2013)
"Che pasticcio. Tanto da non chiarire i tanti dubbi su Julian Assange, il fondatore dell'ormai famoso sito web WikiLeaks. Siamo a Berlino nel dicembre del 2007, quando il biondo, efebico cacciatore di notizie australiano (Benedict Cumberbatch) fa società col programmatore tedesco Daniel Berg (Daniel Brühl). Rancoroso autore del libro, molto partigiano, da cui è tratto il film. Un giro del mondo, dal ritmo inutilmente frenetico, che fa a pugni con la chiarezza." (Massimo Bertarelli, 'il Giornale', 24 ottobre 2013)
"Basato su due libri - 'Wikileaks' dei giornalisti inglesi Leigh e Harding e soprattutto 'Inside Wikileaks' (Marsilio) che il tedesco Daniel Domscheitd-Berg, braccio destro di Julian Assange per 3 tumultuosi anni, ha scritto all'indomani della sua tormentata uscita dal sito - 'Il quinto potere' aveva varie sfide da superare. Fornire un ritratto equilibrato di Assange; e a noi pare che il regista Bill Condon, ben coadiuvato dall'ottimo interprete Benedict Cumberbatch, sia riuscito a fare del fondatore di Wikileaks un personaggio di complesso spessore drammaturgico, fra il profeta visionario e il cinico manipolatore. Meno risolto il tentativo di dare respiro narrativo a una storia inzeppata di notizie e dati tecnici: ma il contrastato rapporto fra Julian e Daniel (il sempre intonato Daniel Brühl) funziona; e del film abbiamo apprezzato il modo onesto con cui, a fronte degli intricati problemi posti dal caso Wikileaks, mette l'accento sulle domande senza pretendere di dare risposte." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 24 ottobre 2013)
"Assai modesto 'Il quinto potere' di Bill Condon che ripercorre la controversa vicenda di WikiLeaks (...). Peccato che invece di riflettere sul significato di questa rivoluzione mediatica, il film preferisca trasformare il fondatore della piattaforma online, una figura senza dubbio piena di ombre, in una sorta di psicopatico pronto a mettere a repentaglio con le sue rivelazioni la vita di molte persone." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 24 ottobre 2013)
"Stroncato dalla critica (38% di recensioni positive, secondo il Tomatometro di Rottentomatoes.com), disertato dal pubblico al primo week end d'uscita, 'The Fifth Estate' è uno dei disastri al botteghino dell'autunno. Un disastro non del tutto spiegabile: il film ha infatti un soggetto di forte attualità, attori bravissimi e un regista di «cassetta impegnata», Bill Condon ('Gods and Monsters' e due 'Twilight'). È inoltre frutto di una cordata alta, che include la casa di produzione progressista Participant (i doc di Erroll Morris su McNamara e Rumsfeld, un film fatto in collaborazione con Occupy Wall Street, più 'Goodbye and Good Luck' di Clooney e un paio di Soderbergh) e la Dreamworks. Strano quindi che da un pool simile sia uscito un oggetto così blando, sonnolento e, suo malgrado, così reazionario. (...) il film è irrimediabilmente lineare, parlatissimo, intrappolato nella sua ambivalenza nei confronti del protagonista e nell'ossessione ecumenica di dare voce, se non proprio ragione a tutti. (...) Nell'arco dei credits d'apertura di 'The Fifth Estate' si va da Gutenberg all'immagine dell'ultimo numero di Newsweek - la nascita e la fine del giornalismo su carta incapsulate in un clip. Sia quella parabola che WikiLeaks meritano una riflessione molto migliore di questa. (Giulia D'Agnolo Vallan, 'il manifesto', 24 ottobre 2013)
"(...) Proviamo a far finta di non sapere cosa sia WikiLeaks e vediamo che tipo di film è, questo 'Quinto potere'. Niente a che vedere con il film omonimo del 1976 diretto da Sidney Lumet, che parlava della televisione e in originale si intitolava 'Network'. Il «fifth estate», invece, è effettivamente il quinto potere che si aggiunge ai quattro classici (clero, nobiltà, borghesia, giornali e mondo dei media). Secondo i teorici dei nuovi mezzi di comunicazione il quinto potere è la rete, e questa è la storia di due ragazzi che padroneggiano la rete meglio di chiunque altro (...). Daniel Berg e Julian Assange (...) Bisogna però dire che il copione di Josh Singer e la regia di Bill Condon sono molto cerchiobottisti, ai limiti dell'ambiguità. Assange viene descritto come un idealista ossessivo, che nel nome della trasparenza totale passa sopra tutto e tutti. Ma il fascino della storia è tutto nelle sue mani (Berg è volutamente descritto come un uomo grigio, senza slanci) e l'ultima parola spetta a lui, in un finale nel quale Cumberbatch si rivolge al pubblico e lascia a noi spettatori il compito di mettere la parola «fine». Film difficile da seguire, complesso, qua e là pasticciato. (...) Nel frattempo Assange attacca di continuo la Dreamworks per aver sfruttato la sua immagine senza aver versato un solo dollaro sul suo fondo per le spese legali, e si accinge a diffondere in rete il primo «WikiLeaks Road Movie», un docu-fiction intitolato 'Mediastan' e girato in Asia. Forse il futuro di Assange è nella produzione cinematografica: sempre dall'ambasciata dell'Ecuador, si capisce." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 24 ottobre 2013)
"Piacerà a chi pretendeva dalla storia di Twileaks un bel filmone americano, affidato a grossi professionisti. E chiedeva per Assange un attore di grande bravura e carisma Cumberbatch, benché afflitto da una parrucca bionda alla Raffaella Cara ci regala un'interpretazione da Oscar. Anche se il suo Assange ci arriva attraverso la versione che ha voluto dare Daniel Domscheit-Berg, amicissimo e poi nemicissimo di Julian (il soggetto è basato su un suo libro)." (Giorgio Carbone, 'Libero', 24 ottobre 2013)
"Negli Usa il film è partito malissimo, appena l milione e 700 mila dollari in una settimana, con ben 1.769 copie, a dimostrazione che il tema non scalda i cuori. 'Merito' del boicottaggio? Non si direbbe. Probabilmente la cine-biografia di Assange, benché diretta dal regista oscarizzato Bill Condon e scritta dallo stimato Josh Singer, viene vista con allegro disinteresse, al pari del recente 'Jobs', il film sul mitico inventore della Apple, che s'è fermato ad appena 16 milioni di dollari. Naturalmente si può capire Assange quando invita il popolo di seguaci a disertare 'Il quinto potere'. Per lui meglio vedere in rete il documentario 'Mediastan. A WikiLeaks Roadmovie' di Johannes Wahlstróm, che rievoca il dietro le quinte dell'Operazione Cablerun. (...) Titolo bizzarro, poiché 'Quinto potere' venne ribattezzato da noi il film di Sidney Lumet del 1976 con Peter Finch, in originale 'Network'. Se lì era la tv-shock praticata da un anchorman furioso a ergersi come quinto potere, qui è il 'citizen journalism' di Assange a porsi come nuova frontiera del giornalismo, per controllare l'attività dei potenti e umiliare la stampa (...). Il film, in bilico tra ricostruzione accurata e afflato visionario, rievoca il successo e la 'caduta' di Assange, specie dopo l'accusa di violenza sessuale ai danni di due ragazze svedesi. Ma l'incedere adrenalinico finisce col tramutarsi, per paradosso, in una soporifera cronaca degli eventi, nonostante la moltiplicazione dei punti di vista e il cast prestigioso nel quale spiccano Laura Linney, Stanley Tucci, David Thewlis. Magari, con Assange ancora vivo e battagliero, sarebbe stato meglio attendere un po' prima di dedicargli un film." (Michele Anselmi, 'Il Secolo XIX', 24 ottobre 2013)