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L'equipaggio della U.S.S. Enterprise deve affrontare un viaggio più epico che mai per dare la caccia a una irrefrenabile entità distruttiva che ha messo in atto un devastante attacco terrorista, dalle disastrose conseguenze globali, ai danni della Flotta Stellare. In una situazione tanto delicata quanto rischiosa, il Capitano Kirk, motivato anche da questioni personali, guiderà una missione sospesa fra la vita e la morte, dove l'amore e l'amicizia verranno messi a dura prova e i sacrifici verranno fatti in nome dell'unica famiglia che ormai conta per lui: l'equipaggio dell'Enterprise.
Regia: J.J. Abrams
Interpreti: Chris Pine, Zachary Quinto, Zoe Saldana, Benedict Cumberbatch, Simon Pegg, Karl Urban, John Cho, Bruce Greenwood, Alice Eve, Anton Yelchin, Peter Weller, Nick Tarabay, Tom Archdeacon, Noel Clarke
Sceneggiatura: Alex Kurtzman, Damon Lindelof, Roberto Orci
Fotografia: Daniel Mindel
Montaggio: Maryann Brandon, Mary Jo Markey
Musiche: Michael Giacchino
Durata: 2 ore e 12 minuti
J.J. Abrams non tradisce: il sequel di Star Trek è un'esperienza di visione senza gravità. Lasciatevi cullare
Star Trek - Into Darkness conferma le virtù e i limiti del J.J. Abrams regista. Eccellente direttore d'orchestra al lavoro sul repertorio di altri, il creatore di Lost prosegue il suo percorso di crescita senza inventare nulla ma riportando ogni cosa al loro antico splendore. Proiettando sul proprio avvenire il faro del passato. Nelle mani di J.J. Abrams la "Nuova Hollywood" degli Spielberg e dei Lucas si riscopre classica, segmento mitico di una storia lontana, non abbastanza però da essere dimenticata né troppo poco perché non susciti nostalgia.
Del resto, basterebbe rileggere i titoli della sua filmografia per riconoscergli una spiccata vocazione archeologica (mentre si prepara a confrontarsi con il tabù di Star wars), da non confondere però con il complesso della mummia. Il suo cinema è antico, non antiquato. Come quelle vecchie macchine d'epoca tirate a lucido e rimesse in carreggiata. Salirci a bordo è uno spasso.
Se il primo Star Trek era servito soprattutto a rispolverare l'icona, effettuando un calco della memoria sulla pelle di un moderno immaginario, questo sequel scava dentro un modello dotato di una sua fisionomia. Stavolta non abbiamo bisogno di presentazioni: con il capitano Kirk (Chris Pine), Spock (Zachary Quinto) e gli altri abbiamo già familiarizzato. Questo permette ad Abrams e al team di sceneggiatori (Kurtzman, Orci e Lindelof) di costruire un giocattolo più complesso, migliorandone la resa ludica - c'è più azione e spettacolo del precedente e un'immersione maggiore grazie all'uso non banale del 3D - e ampliando lo spettro dei temi affrontati. Nomen omen, Into Darkness è meno chiassoso e burlesco del primo ma rivela di contro un'insospettata vena umanista e uno sguardo più maturo, l'occhio attento a questioni da sempre dibattute nella cultura americana come la paternità (tre almeno le figure paterne del film), la leadership, la lealtà e il lutto.
L'equipaggio dell'Enterprise deve vedersela stavolta con un un nemico
più infido, il loro cuore di tenebra, che Abrams delega metaforicamente
alla figura di Khan (l'ottimo Benedict Cumberbatch), terrorista e
superuomo, campione dell'ambiguità e della manipolazione, minaccia di
distruzione della nostra specie tanto concreta quanto simbolica: del
resto, sembra chiedersi e chiederci Abrams, cosa resterebbe di noi una
volta perduta la bussola morale, il fondo e l'orizzonte di valori che ci
ricorda chi siamo?
Si può forse rimproverare al nuovo Star Trek un
approccio ingenuo, persino elementare, ma stiamo comunque parlando di un
ottimo blockbuster non di un trattato di filosofia. Da questo punto di
vista c'è poco da obiettare: confezione di lusso, cast all'altezza,
battute fulminanti e una drammaturgia con il metronomo.
La chiave dell'operazione è proprio il ritmo, il fraseggio morbido e
pulito del montaggio, il movimento fluido della macchina da presa, una
messa in scena che sembra dettata dagli archi e dai tromboni della
magnifica colonna sonora di Michael Giacchino.
Abrams ci regala
un'esperienza di visione senza gravità, facendoci fluttuare nello spazio
come dentro a una campana di vetro. La sua mano ci culla, disegnando
curve di una molle deriva.
Riassaporiamo il piacere infantile del cinema. Felici e narcotizzati, dimentichiamo: dove siamo e che cosa abbiamo davanti. E il naufragar m'è dolce in questo mare. (Gianluca Arnone)
"Nato nel 1966, J.J. Abrams rimase folgorato, al pari di milioni di altri piccoli coetanei nel mondo, dalla visione di 'Star Wars' con quella sua sempiterna lotta fra il Bene e il Male, con quella sua divertente miscela di generi, dal fantascientifico all' epico-cavalleresco. E se è vero quanto sostiene Freud - e cioè che felicità significa coronare i propri sogni di bambino - Abrams attualmente sarà l'uomo più felice del mondo. In attesa di dirigere Star Wars VII (il primo capitolo della terza trilogia, già prevista da George Lucas), ha provveduto a ridare smalto alla serie 'Star Trek', realizzando nel 2009 un applaudito prequel e firmando ora questo secondo episodio, 'Into Darkness', in spirito di continuità ma con un occhio a 'Star Wars'. (...) Non che la sceneggiatura di Robert Orci e Alex Kurztman sia sempre ben orchestrata, ma chi starà a notare il capello a fronte di una pellicola che ha l'inconfondibile, trascinante ritmo dei film di Abrams (vedi 'Mission Impossible III')? Fra sorprese, esplosioni, scontri all'arma bianca, incidenti galattici e quant'altro, lo spettatore imbocca il tunnel dell'avventura e non guarda l'ora (132 minuti) sino alla fine. Abrams, poi, al contrario di un Christopher Nolan non è tipo che insiste più di tanto sulle tinte cupe: il suo è il divertimento puro del cinema-cinema." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 13 giugno 2013)
"L'approccio del poliedrico e infaticabile produttore, sceneggiatore e regista newyorkese si basa su di un «punto e a capo» narrativo rinvigorente sul piano stilistico ed emotivo, ma nonostante l'indubbia abilità compositiva non riesce a sciogliere del tutto gli snodi tra la trama più sovraccarica che mai, le ironiche e rilassate schermaglie del dialogo e le grandi sequenze d'azione che pretendono, ottenendolo, un alto tasso di coinvolgimento adrenalinico. Intendiamoci, siamo al cospetto di un blockbuster di livello, gradevole e soprattutto autosufficiente: tanto è vero che non è indispensabile avere la tessera del fan club nel portafoglio per lasciarsi trascinare dalle predatate avventure dell'ancora giovane comandante Kirk (lo scialbo C. Pine), il vulcaniano dalle orecchie appuntite Spock, Sulu, Bones, Uhura e la celebre astronave UssEnterprise. Dopo avere sciorinato il tipico prologo autonomo alla Indiana Jones (...) «Into Darkness» presenta ai nostri eroi un conto non meno salato sulla Terra del 2259. Sulla quale grava l'incommensurabile minaccia di una vecchia conoscenza dei trekkers, il super-terrorista, superforzuto e superintelligente ex membro della Starfleet Khan (magnificamente incarnato da B. Cumberbatch) (...). Tutto il secondo movimento, compresso da atmosfere soffocanti peraltro debitrici dell'insuperabile 'Batman/Cavaliere Oscuro' di Nolan, incrementa l'ibridazione della classicità con la postmodernità svariando dalla paranoia post 11 settembre al rapporto tra padri e figli, dall'attrazione esercitata dal Male sul Bene e dal passato sul presente all'amicizia virile che, per la verità, sembra sconfinare palesemente in gaytudine galattica. Se non si arriva a padroneggiare appieno, come abbiamo premesso, la consequenzialità dei fatti e tanto meno la verosimiglianza drammaturgica, è impossibile non inchinarsi al cospetto dei mirabolanti duelli celesti, delle fantasmagoriche esplosioni in digitale o anche dei duetti psicologicamente accurati tra gli storici personaggi, diversificati dalle tutine di colori diversi, ma anche da certi caratterini inconciliabili per ragioni genetiche e culturali." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 13 giugno 2013)
"Chissà se i fan della serie, vedendo il nuovo (e attesissimo) film, riusciranno a perdonare al suo regista il fatto di essere già al lavoro al reboot del rilancio di 'Guerre Stellari'? Tra «trekkisti» e appassionati delle 'Star Wars' di George Lucas, infatti, la rivalità è notoriamente insormontabile. Anche se l'eclettico Abrams sembra l'unico in grado di conciliare gli opposti, e di concentrare nelle sue mani i due filoni fantascientifici più globalizzati di Hollywood, abilissimo nel rifondare mitologie pop - come ha dimostrato col precedente 'Star Trek' - per le nuove generazioni contaminando gli «originali» con molte e diverse suggestioni, citazioni cinefile, programmi televisivi di culto, ammiccamenti al sentimento contemporaneo. 'Lost' insegna. La nuova avventura ci riporta ancora una volta nella giovinezza del comandante Kirk, del rigidissimo Spock, di Sulu, Bones, Uhura e Pavel Chekov e dell'Enterprise, in un salto spazio/temporale prima della serie televisiva creata negli anni sessanta da Gene Roddenberry - di cui Abrams si dichiara a sua volta fan. (...) l'Enterprise continua i suoi viaggi alla ricerca di nuovi confini. Kirk e gli altri sono esploratori come vuole la filosofia del loro progetto: «Conoscere universi ignoti, cercare nuove vite e nuove civiltà, avventurarsi laddove nessuno è mai arrivato» con tutta l'ambiguità che ciò comporta. C'è infatti chi manovra nell'ombra, qualcuno che è più vicino a loro di quanto sembri per far scoppiare una guerra «necessaria» manipolando vecchi nemici e risvegliando temibili armi «chimiche». E forse è per questa minaccia all'innocenza, e all'intera Federazione Planetaria, una sorta di Nato galattica, che Abrams vira le tonalità del film (scritto insieme ai «soliti» Alex Kurtzman e Roberto Orci ai quali si è aggiunto Damon Lindelof) al cupo; un'atmosfera notturna (guardando a quella del Batman di Nolan), costruita sul nemico, il vero protagonista, il terribile Khan, una macchina per uccidere progettata secondo le teorie più avanzate del superuomo che viene dal passato. Folle e invincibile - incarnato con lucido senso del pericolo dall'attore inglese Benedict Cumberbatch, (...) Se la guerra fredda era il riferimento fondante per Roddenberry, nelle tenebre di 'Star Trek' come ormai in molti blockbuster, il riferimento quasi d'obbligo è l'11 settembre (visivamente esplicito nei crolli digitali dei grattacieli) con le reazioni di una società democratica alla paranoia di un nemico invisibile. (...) Ma Abrams si spinge oltre, e sulla sua astronave rivisita e riutilizza come un ready made apocalittico tutti i possibili generi e archetipi del cinema hollywoodiano. Dal mito fondante, quella frontiera della conquista - di cui l'Enterprise è l' ennesima variazione - all'eterno rapporto padri-figli. Il Bene e il Male, che ha forma umana e arriva (guarda un po') dal nostro passato... (...) Le figure femminili ci sono ma sono o fidanzate noiose, o inutili come la bionda figlia del cattivo generale Marcus (Peter Weller). (...) 'Star Trek, anche negli anni duemila rimane un modo maschile, ed è per questo terreno privilegiato di applicazione dei generi. Abrams è qualcos'altro che «postmoderno, l'idea vincente è spettacolarizzare in modo semplice l'immaginario, come se la bolla temporale di 47 anni, tra il 1966 e il 2013, abbia assorbito tutti gli sviluppi della serie nella storia del cinema e della tv. E sembra quasi divertirsi a iniettarvi digressioni che hanno come centro sempre l'amicizia tra Kirk e Spock, insieme oltre il tempo, fino al melò queer (...). Il problema è che tutto appare come è, programmatico e impostato. Mai un guizzo, neppure nelle curve. Eppure anche gli archetipi possono ancora conservare qualche mistero." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 12 giugno 2013)
"La serie di 'Star Trek', rivisitata dal tuttologo fantasy J.J. Abrams, ha trovato nel reboot del 2009, 'Star Trek', e nel sequel, 'Into Darkness', nuova vita e nuova linfa. L'operazione compiuta dall'autore di Lost, serie che ha segnato l'epoca di quel genere televisivo, è più intelligente e più illuminata di quanto la semplice commissione commerciale potesse prevedere. Abrams è partito dal prima, reinventando la spedizione stellare prima ancora del suo maturo vagare per i cieli televisivi degli anni Sessanta (la serie originale, inventata da Gene Roddenberry, era di quel periodo e risentiva grandemente delle tematiche legate alla guerra fredda e al pacifismo), retrodatando l'inizio dell'avventura, cogliendo così i nostri eroi, Kirk, Spock e compagnia nella loro giovane età, non ancora appesantiti dalle troppe fatiche legate alle tante esplorazioni e avventure. In questo modo Abrams torna a far rivivere un grande mito del piccolo schermo senza doversi davvero confrontare con questo, anzi anticipandolo con un simpatico sgambetto. I giovani componenti dell'Enterprise sono molto dinamici e vivono le loro sfide facendo sfoggio più di muscoli che di intelligenza. E questa è la prima differenza. L'azione è necessaria alla rinascita, così perdendo uno dei tratti caratteristici dello 'Star Trekek' televisivo. Kirk e Spok nelle loro peregrinazioni spaziali si trovavano sempre a fronteggiare dei nemici in forma di dilemma. La logica e il ragionamento erano le loro principali armi, e questo rendeva la serie davvero originale. Abrams trasforma la logica di Spok in vezzo intellettuale e caratteriale, senza davvero farne ricorso. 'Into Darkness' ne è piena conferma. (...) Se 'Star Trek' originale aveva nel suo orizzonte le grandi questioni del Bene e del Male derivate dalla minaccia nucleare, il nuovo Star Trek risente del contingente e dell'evento fondativo di quest'ultima modernità: l'11 settembre. Molti, come vedrete sono i riferimenti." (Dario Zonta, 'L'Unità', 13 giungo 2013)
"Fantascienza, l'avventura continua. Mai così tanti film come in questo periodo, arrivano sugli schermi per riflettere paure e ossessioni riguardo il nostro futuro. Questa settimana è di scena 'Into Darkness - Star Trek', nuovo capitolo della celebre saga spaziale. Diretto con ritmo e maestria da J.J. Abrams, pupillo di Spielberg, il film immagina un'arma umana di distruzione di massa, capace di trascinare il mondo sull'orlo del baratro e di mettere a dura prova amori e amicizie. Mescolando avventura, western, azione e umorismo, il regista non si lascia condizionare dalla fedeltà alla serie e confeziona un film godibile anche per chi non è un fan della saga." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 13 giugno 2013)
"Una missione potenzialmente suicida, eppure, è la venuta al mondo del film: la logica vulcaniana, l'istinto umano, in mezzo 'Star Trek - Into Darkness', seconda prova di J.J. Abrams al comando della Enterprise. (...) Non solo è tornato, Mr. Abrams si supera: 'Into Darkness' è meglio del precedente reboot 'Star Trek' (2009), e ormai neanche il test del Dna potrebbe confutare che J.J. sia il figlio naturale di Spielberg e Lucas. Con il traballante 'Super8' aveva tessuto le lodi di 'E.T.' e 'Incontri ravvicinati del terzo tipo', ora estrae dal cilindro 'Indiana Jones', lo sposa alla cosmogonia seriale del demiurgo Gene Roddenberry e fa palestra per dirigere tra due anni l'episodio VII di 'Star Wars' (del prossimo 'Star Trek' farà solo il produttore). Se queste sono le promesse, non deluderà: J.J. è l'attuale incarnazione della New Hollywood, ovvero l'erede della generazione dei Movie Brats Spielberg, Lucas, Coppola, De Palma e Scorsese che negli anni 70 rimisero in carreggiata lo studio system stravolgendo i generi. Uomini macchina, ma quella che guidavano: la loro presa ha fatto la storia del cinema, e continua a farla. Gli ultimi tre Abrams se li riserva per il futuro, per ora una J sta per Steven, l'altra per George: umanesimo intergalattico, amicizia, giustizia e vendetta a triangolare tra i pianeti, il regista newyorchese, classe 66, riesce a rendere nuovo ciò che è vecchio, e viceversa. Senza nostalgia canaglia e, nel contempo, senza eludere la reverenza per l'originale: un mediatore, con un occhio al futuro, l'altro ai maestri e la mano al portafogli. I conti tornano: 378 i milioni di dollari incassati finora, a fronte di un budget di 190. La conversione in 3D è tra le migliori mai viste, le musiche del fedele Michael Giacchino hanno gusto e sostanza, i dialoghi sono fulminanti e dischiudono scene intime da Kammerspiel nello spazio, la regia è fluida e accogliente, l'action impeccabile: 'Into Darkness' rimane un'operazione commerciale, ma a cuore aperto. Se J.J. mette empatia e tatto filologico, l'America può riflettere su se stessa, a partire dalla minaccia interna, che non c'è NSA e scudo stellare che tenga. Grazie al magnetico Khan, l'Enterprise imbarca la guerra al terrore e 'Zero Dark Thirty', lo scontro intestino e 'Skyfall', mettendo in parole, opere e missioni un vecchio adagio: per aspera ad astra. Tocca al duro fuori e sensibile dentro Kirk, al vulcaniano dimezzato Spock fare da tramite, con un passo a due di integrazione: lassù qualcuno ci ama, e ricambiare è un gioco da ragazzi. Ingenuo, elementare, J.J. forse lo è davvero, ma fare le pulci a cotanto blockbuster è impresa vana e disperante: qualcuno ha stigmatizzato la concessione al meccanico, il predominio dell'azione sul pathos, eppure si sbaglia. A tracciare la rotta dell'Enterprise è una bussola morale: se da Londra a Klingon il territorio lo conosciamo bene, la carta rileva una sensibilità inusitata, vecchia-e-nuova insieme. A spiegarla sullo schermo uno startrekker con l'anima: J.J. 'in the sky with diamonds'. " (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 13 giugno 2013)
"Piacerà un sacco anche a chi non è mai stato un fan della saga stellare (in cinema e in tv). Che con buona pace dei fanatici persi, era composta in gran parte di film e telefilm noiosetti. Questo fino a quattro anni fa il grande Abrams non aveva rivitalizzato il ciclo da par suo (per capire il par pensate al ciclo 'Lost'). Per 'Into Darkness', J.J. ha moltiplicato le meraviglie. C'è tutto: spettacolosi scontri stellari, un «cattivo» quasi scespiriano (Cumberbatch) e ritmi frenetici da serial degli anni 30." (Giorgio Carbone, 'Libero', 13 giugno 2013)
"Dopo il grande successo del remake del 2009, torna la saga della Uss Enterprise re-immaginata dal J.J. Abrams di 'Lost' e 'Super' 8. (...) Questo secondo episodio (...) è molto godibile (bella la sequenza in cui Khan e Kirk, costretti ad aiutarsi a vicenda, si lanciano nello spazio come missili per proiettarsi clandestinamente in un'astronave) ma si sente la totale assenza di peso femminile. Le donne infatti sono isteriche (sacrificata Zoe Saldana) e al massimo si spogliano, magari per saldare i conti con un padre super-autoritario (la new entry Alice Eve). Insomma e tutto un «three men show»: Kirk, Spock, Khan." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 14 giugno 2013)