Venerdì 14 dicembre - Ore 21:00
Domenica 16 dicembre - Ore 16:00 e 21:00
Sabato 22 dicembre - Ore 21:00
Domenica 23 dicembre - Ore 16:00 e 21:00
Martedì 25 dicembre - Ore 21:00
Mercoledì 26 dicembre - Ore 16:00 e 21:00
Si segnala che l'iniziativa promozionale
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è sospesa e riprenderà domenica 13
gennaio 2013
Il viaggio di Bilbo Baggins, coinvolto in un'epica ricerca per reclamare il Regno Nanico di Erebor governato dal terribile drago Smaug. Avvicinato dal mago Gandalf il Grigio, Bilbo si ritrova al seguito di tredici nani. Il viaggio li conduce per terre piene di pericoli e avventure, abitate da Goblin, Orchi e Wargs. La loro meta principale è raggiungere le aride Montagne Nebbiose, ma prima dovranno sottrarsi ai tunnel dei Goblin, dove Bilbo incontra una creatura che gli cambierà la vita per sempre... Gollum. Qui, da solo con Gollum, sulle rive del lago seminterrato, l'ignaro Bilbo Baggins non solo si scoprirà così ingenuo e coraggioso al punto da sorprendere persino se stesso, ma riuscirà a impossessarsi del “prezioso” anello di Gollum che possiede qualità inaspettate ed utili... un semplice anello d'oro, legato alle sorti della Terra di Mezzo in modo così stretto che Bilbo non può neanche immaginare.
Regia: Peter Jackson
Interpreti: Martin Freeman, Cate Blanchett, Elijah Wood, Lee Pace, Andy Serkis, Orlando Bloom, Ian McKellen, Ian Holm, Richard Armitage, Christopher Lee, Mikael Persbrandt, Dean O'Gorman, Benedict Cumberbatch, Luke Evans, Stephen Fry
Sceneggiatura: Guillermo del Toro, Peter Jackson, Fran Walsh, Philippa Boyens
Soggetto dal romanzo "Lo Hobbit", di J. R. R. Tolkien
Fotografia: Andrew Lesnie
Musiche: Howard Shore
Il ritorno di Peter Jackson nella Terra di Mezzo di inaspettato ha solo l'esito: non funzionano i 48 fotogrammi al secondo
Può considerarsi fallimentare un'impresa che rappresenta il massimo dell'eccellenza tecnica di oggi e che è destinata a segnare in ogni caso la futura storia del cinema? Ebbene sì, Lo Hobbit fa anche questo. Il ritorno di Peter Jackson nella Terra di Mezzo è segnato da un paradosso: mantiene alti, molto alti, gli standard del fantasy hollywoodiano, coniugando gigantismo produttivo e piacere della narrazione, stupore infantile e riflessione adulta, intrattenimento di massa e cultura alta, artigianato e digitale, ma inciampa sul passo più ardito, l'esperienza visiva.
L'esperimento tecnologico voluto da Jackson, girare in 3D a 48 fotogrammi al secondo (per eliminare l'annoso problema della messa a fuoco della pellicola in presenza di movimenti vorticosi della mdp), lascia in effetti interdetti. Come già avevano messo in evidenza i critici americani, la tessitura delle immagini è talmente nitida ed esasperata nei dettagli da risultare posticcia. Sembra davvero di assistere a uno show televisivo in HD. Le scene, specie quelle in interni (vedi la riunione dei nani nella casa di Bilbo Baggins), esplodono in piena luce, una luce diafana che abbatte ogni separazione tra sfondo e primo piano e che restituisce immagini incorporee, fasci luminosi che si muovono a velocità innaturale. Pure silhouette digitali. Un effetto che finisce per penalizzare - annullare? - la resa in profondità del 3D.
Per il resto la seconda grande trasposizione di Tolkien su grande schermo ha la maestosità della prima trilogia, ma non lo stesso fascino. Il film risente dell'asincronia rispetto alla fonte letteraria. Se Lo Hobbit di Tolkien costituiva l'abbozzo, la premessa ingenua della grande epopea del Signore degli Anelli - quest'ultimo raccontava eventi accaduti 60 anni dopo ampliandone al contempo respiro, mitologia e ambizioni - al cinema le cose sono andate diversamente, inversamente: Il Signore degli Anelli, con i suoi viaggi, le terre, gli hobbit, i nani, gli elfi, gli orchi, i goblin, i troll e i gollum, c'è già stato. E' un immaginario che riproposto oggi, pur con tutta la maestria della squadra creativa di Jackson e della Weta (la maggior parte dei quali già premiati con l'Oscar grazie alla saga precedente: Andrew Lesnie alla fotografia, Dan Hennah alle scenografie, Howard Shore alle musiche, Peter Swords King e Richard Taylor ai trucchi, Joe Letteri agli effetti speciali), non ha uguale forza epifanica. Certo, gli innesti - primo fra tutti Martin Freeman nel ruolo di Bilbo giovane, ma anche lo stregone bruno Radagast (Sylvester McCoy), fiabesco ambientalista con escrementi di uccello a coprirgli parte del viso, e il re dei nani Thorin Scudodiquercia (Richard Armitage) - sono riusciti, la compagnia dei nani non ha nulla da invidiare a quella dell'Anello e le creture del male (dall'Orco Pallido e il suo mannaro bianco al Negromante, un po' meno il Drago Smaug) sono ancora una volta all'altezza.
Eppure il loro percorso narrativo risulta meno interessante, e non solo perché Jackson ci mette un'ora buona (su tre) prima di far decollare l'azione, ma proprio perché il viaggio di maturazione, la lotta tra Bene e Male, la sete di Potere, la fedeltà a una missione, erano tutti temi già ampiamente sviluppati dalla trilogia dell'Anello. Di nuovo semmai c'è il motivo del ritorno, la nostalgia di casa e la rivendicazione della propria terra, dalle reminiscenze bibliche (il re dei nani guida il suo popolo disperso come un fiabesco Mosé) e aperto a ogni tipo di lettura attualizzante. L'atmosfera è più distesa, il ritmo picaresco, lo spazio maggiormente verticale (le scenografie mirabolanti di Hannah rivisitano in chiave barocca le architetture impossibili di Escher). Ian McKellen, Andy Serkis (il Gollum) e Cate Blanchett garantiscono carisma e continuità tra le due trilogie. Ma "la nuova" resterebbe comunque superflua, se non fosse per quel tentativo pionieristico di spostare in avanti i confini della tecnologia e della visione. Scommessa fallita, lo abbiamo già detto, ma non peregrina. Dopotutto, dietro a ogni grande rivoluzione c'è una storia costellata di insuccessi. (Gianluca Arnone)
Critica "J.R.R. Tolkien era uno stimato studioso di antica letteratura sassone a Oxford quando nel 1931/32, rivolgendosi come ideali lettori ai suoi bambini, scrisse 'The Hobbit'. Pubblicato nel 1937, il successo del fantasy produsse quel sequel epico e grandioso che è 'Il Signore degli Anelli'; nel corso della lunga gestazione della saga, in vista di anticiparne o sottolinearne temi portanti (fra cui il motivo dell'anello), Tolkien si trovò ad apportare alcuni ritocchi a 'The Hobbit' (rieditato ora da Bompiani in una magnifica edizione a cura della Società Tolkeniana italiana). Avendo fatto il percorso inverso a quello dello scrittore, il regista Peter Jackson si è confrontato con il problema opposto di rispecchiare la vena leggera, buffa, ironica del prequel, senza tradire lo spirito cupo e tenebroso della trilogia realizzata fra il 2001 e il 2003 con straordinario riscontro di pubblico; mentre la scelta di suddividere in tre puntate 'The Hobbit' (in uscita da qui al 2014) è stata probabilmente motivata dalla necessità di recuperare gli ingenti costi di produzione, distribuendo la spesa e moltiplicando gli incassi. Tali considerazioni nulla tolgono al valore di questo primo capitolo, che è la conferma di un'alta professionalità e di una indubbia capacità creativa. Se Tolkien è riuscito da par suo a dar vita a un mondo di fantasia popolato di mitologiche creature - elfi orchi gnomi goblin draghi - bisogna riconoscere al cineasta neozelandese di aver saputo trasporre dalla pagina allo schermo questo universo con coerente e affascinante forza immaginifica." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 13 dicembre 2012)
"Piacerà al pubblico piccino, principalmente. Non so se Tolkien quando scrisse 'Lo Hobbit' pensò principalmente al lettore under 10. Ma certo la storia che consegnò ai posteri (e che Peter Jackson ha fatto sua) strizzava più l'occhio alla favolistica nordica che al romanzo che oggi viene chiamato di 'Spada e stregoneria'. 'Sword and sorcery' era certamente la parte degli «Anelli» dedicata alle battaglie del futuro re Aragon. Ed erano appunto le battaglie il motivo principale del consenso (tanto consenso, tre miliardi di dollari) dello spettatore adulto. 'Lo Hobbit' invece potrebbe essere tranquillamente intitolato «Bilbo e i quattordici anni» tanto è lo spazio che viene dato, nella caratterizzazione di personaggi alla mini armata Brancaleone diretta verso il Monte Fato. L'attore scespiriano Richard Armitage (statura 1.85) nel ruolo di Thorin, ha la parte del leone. Ma anche gli altri (tutti recitati da interpreti di normale costituzione) hanno il loro siparietto. Il Brontolo della situazione si chiama Bifur (e va in giro colla testa spaccata da un'ascia), il Dotto Dori, il Mammolo, Gloin. Gli adulti si chiederanno: ma uno spettatore maggiorenne e vaccinato, troverà qualcosa da mordere in questo «signorino degli anelli»? Beh, sì, certamente, come narratore popolare Peter Jackson è da dodici anni (cioè dal primo «Anello») un numero uno (l'ha dimostrato anche nei film seguenti, come nel remake di King Kong). Sa come predisporre i colpi di scena, maneggiare la tensione e la commozione. E poi come riesce ad appagarti gli occhi. Per tutti i suoi 166 minuti 'Lo Hobbit' è sempre al massimo dello splendore. Non s'è mai vista, credo sullo schermo, una simile profondità di campo. Tanto da far sentire male non pochi spettatori a una delle anteprima americane." (Giorgio Carbone, 'Libero', 13 dicembre 2012)
"Primi quaranta minuti soporiferi; poi, il regista scatena il 3D regalando alcune scene (nelle caverne dei goblin) di notevole effetto. In alcuni casi anche troppo, neanche fosse un film di Indiana Jones. Cast in palla, a partire dall'ottimo Freeman." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 13 dicembre 2012)
"Arriva (...) il sospiratissimo 'Lo Hobbit - Un viaggio inaspettato' di Peter Jackson che racconta le vicende che precedono di sessant'anni la saga de 'Il signore degli anelli'. 48 fotogrammi al secondo e in 3D rendono le immagini straordinariamente reali, ma il film decolla dopo più di un'ora e la tecnologia sottrae una buona dose di magia alle immagini." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 13 dicembre 2012)