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Ambientata negli anni 70, è la storia di George Smiley, un ex agente del MI6 ormai in pensione, alle prese con la nuova vita fuori dai servizi segreti. Quando un agente caduto in disgrazia gli rivela la presenza di una talpa nel cuore del Circus, Smiley è costretto a rientrare nel torbido mondo dello spionaggio. Incaricato di scoprire quale tra i suoi ex colleghi abbia deciso di tradire lui e il paese, Smiley restringe la ricerca a quattro possibili sospetti.
Adattamento di uno dei romanzi più celebri di John Le Carré, "La talpa", primo volume della cosiddetta “Trilogia di Karla”. Presentato in concorso al Festival di Venezia 2011.
Regia: Tomas Alfredson
Interpreti: Gary Oldman, Colin Firth, Tom Hardy, Mark Strong, Ciarán Hinds, John Hurt, Benedict Cumberbatch, David Dencik, Stephen Graham, Simon McBurney, Toby Jones, Kathy Burke, Konstantin Khabensky
Sceneggiatura: Peter Morgan
Durata: 2 ore e 7 minuti
Valutazione Pastorale (dal sito della CNVF della Conferenza Episcopale Italiana)
Giudizio: Consigliabile, problematico
All'origine c'è il best seller omonimo di John Le Carrè, maestro riconosciuto del thriller. Si parla di "guerra fredda", cioè anni e relativi avvenimenti che dal crollo del muro di Berlino in poi sembrano quasi dimenticati ed è invece opportuno riportare in primo piano a livello di memoria storica anche per le giovani generazioni. Il quadro è quello in cui Occidente e Est Europa vivono una dimensione politica fatta di contrasti che devono per forza muoversi nell'ombra, di nascosto, basati sul travestimento, sulla bugia, sulla perdita d'identità. L'intricato e sfaccettato copione si fa seguire senza un attimo di riposo, teso e serrato. Il regista (lo svedese Alfredson impostosi con "Lasciami entrare") si attiene alla pagina scritta che affida a immagini dense e inquiete. Grande è l'attenzione ai dettagli e alla ricostruzione ambientale. Si parla di una veste formale di alto livello che non è fine a sé stessa ma funzionale a restituire credibilità al racconto, alla sua 'verità' narrativa. Alla quale si aggiunge il convincente apporto degli attori, che raccontano il pathos, i conflitti etici, la difficoltà delle scelte da prendere in una fase storica cruciale, tra vita pubblica e privata. Una bella spy story per un film che, dal punto di vista pastorale, é da valutare come consigliabile, e problematico per i temi che richiama con efficacia.
Utilizzazione: il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in seguito come proposta di prodotto di 'genere' coinvolgente e spettacolare.
Dal capolavoro di Le Carrè, il capolavoro di Alfredson: in Concorso per scovare La talpa e trovare il cinema
"La prego, non realizzi il film del libro né un remake della miniserie TV. Esistono di già". La richiesta di John Le Carrè è stata rispettata in pieno da Tomas Alfredson, chiamato a confrontarsi con il capolavoro dello scrittore britannico: La talpa arriva sul grande schermo, ed è una folgorazione.
Il regista svedese, già artefice del "piccolo" caso Lasciami entrare, si attiene scrupolosamente alla preghiera di Le Carrè (quella di non tentare l'inutile "traduzione") e riesce nella straordinaria impresa di trasformare una spy-story in un trattato sulla visione. Per farlo, affida all'agente in pensione George Smiley (un Gary Oldman spaziale) una missione affascinante, al tempo stesso improba, dall'ambizione sconfinata: scoprire chi, tra i suoi vecchi colleghi di Circus (nome in codice dei Servizi britannici), sia il doppiogiochista al soldo di Karla (capo dello spionaggio sovietico), diventa il pretesto per dare inizio ad una danza, lenta e inesorabile.
Nessuna concessione allo spettacolo, esaltazione silenziosa di ogni singolo dettaglio, estetica della sottrazione mirata a ritrovare il senso più profondo, efficace, di ogni singola parola in ogni singolo dialogo, di ogni inquadratura o movimento di macchina, solo in apparenza saltuariamente accessori, o di raccordo: lo spettatore è invitato a compiere una scelta - in questo replicando, se si vuole, la situazione in cui si sono trovati gli sceneggiatori (Bridget O'Connor, Peter Straughan) e il regista al cospetto del libro, prima di concepire il film - ad accettare o meno l'invito, a scommettere o meno sulla propria capacità d'osservazione.
D'altronde Alfredson lo mette in chiaro sin dalla prima sequenza del film, con quella veduta dall'alto su Londra, che attraverso il carrello indietro svela ai nostri occhi che stanno osservando non "qualcosa", ma qualcuno che osserva: capirlo alla fine del film, insieme all'epifania di Smiley, potrebbe essere troppo tardi.
Sorretto da un cast fantastico (Colin Firth, Tom Hardy, John Hurt, Toby Jones, Mark Strong, Benedict Cumberbatch, Ciaran Hinds e David Dencik) e da un ottimo lavoro sulle luci (la fotografia è di Hoyte Van Hoytema, sodale di Alfredson), il film è ambientato nel 1973, un anno prima che uscisse La conversazione di Francis Ford Coppola. Con il quale ha più di una semplice affinità: a buon intenditor, poche parole. (Valerio Sammarco)
Sorretto da un cast fantastico (Colin Firth, Tom Hardy, John Hurt, Toby Jones, Mark Strong, Benedict Cumberbatch, Ciaran Hinds e David Dencik) e da un ottimo lavoro sulle luci (la fotografia è di Hoyte Van Hoytema, sodale di Alfredson), il film è ambientato nel 1973, un anno prima che uscisse La conversazione di Francis Ford Coppola. Con il quale ha più di una semplice affinità: a buon intenditor, poche parole. (Valerio Sammarco)