Sabato 26 gennaio - Ore 21:00
Domenica 27 gennaio - Ore 16:00 e 21:00
Sabato 2 febbraio - Ore 21:00
Domenica 3 febbraio - Ore 16:00 e 21:00
Virgil Oldman è un genio eccentrico, esperto d'arte, apprezzato e conosciuto in tutto il mondo. La sua vita scorre al riparo dai sentimenti, fin quando una donna misteriosa lo invita nella sua villa per effettuare una valutazione. Sarà l'inizio di un rapporto che sconvolgerà per sempre la sua vita.
Regia: Giuseppe Tornatore
Interpreti: Geoffrey Rush, Jim Sturgess, Donald Sutherland, Sylvia Hoeks, Philip Jackson, Dermot Crowley, Liya Kebede
Sceneggiatura: Giuseppe Tornatore
Fotografia: Fabio Zamarion
Montaggio: Massimo Quaglia
Musiche: Ennio Morricone
Durata: 2 ore e 4 minuti
Valutazione Pastorale (dal sito della CNVF della Conferenza Episcopale Italiana)
Giudizio: consigliabile, problematico
Tematiche: Donna; Giallo - Triller; Metafore del nostro tempo
Dice Giuseppe Tornatore che si tratta di "una storia d'amore raccontata attraverso la tessitura narrativa del thriller, ma senza assassini né assassinati, né tantomeno investigatori". Lasciatosi alle spalle quello di "Baaria", il regista siciliano compone un nuovo affresco, collocato in altri confini ma segnato dalle stesse caratteristiche. L'ossessione dello spazio, l'incubo del mondo esterno, l'identità da rivelare guidano il copione, come già avveniva in "Una pura formalità" (1994) e "La leggenda del pianista sull'oceano" (1998). In quella grande villa entra la vecchia Europa (Virgil) e forse esce la nuova (Claire e Robert, esperto di robot). L'arte e la bellezza fanno male, procurano dolore. Rinunciando a complicati filosofemi, Tornatore preferisce abbandonarsi al piacere di costruire un racconto impeccabile, senza sbavature né difetti, affidato alla nitida presenza di Geoffrey Rush nel ruolo principale. Partendo dalla frase "in ogni falso si nasconde una parte di verità", il film si propone come un robusto prodotto di genere, che, dal punto di vista pastorale, è da valutare come consigliabile e nell'insieme problematico.
Utilizzazione: il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in seguito come esempio di pellicola italiana (girata però in digitale) pensata per un mercato il più ampio possibile. Qualche attenzione è da tenere per minori e piccoli in vista di passaggi televisivi e di uso di dvd e di altri supporti tecnici.
Un thriller senza assassini né assassinati: Tornatore e un ottimo Geoffrey Rush per un film che indaga l'autenticità del falso
Nella professione di antiquario e battitore d’asta, Virgil Oldman è ormai una indiscussa autorità internazionale. Tanto impeccabile e preparato sul lavoro, quanto solitario e gelido nella vita sociale. Riceve la telefonata di una donna che lo prega di accettare l’incarico di procedere alla valutazione e successiva vendita di mobili e opere d’arte contenuti nella grande villa di famiglia. Sembra un impegno facile che però subito si complica perché quella voce non vuole saperne di farsi vedere, salta ogni appuntamento, inventa scuse. Virgil deve superare irritazione, disappunto, nervosismo prima di capire che la ragazza, di nome Claire, si trova in una stanza della villa, chiusa lì da anni in quanto affetta da agorafobia. L’antiquario decide di aiutarla, la vede, se ne innamora, la aiuta a cominciare una nuova vita. E così, forse, condanna se stesso. Dice bene Tornatore, spiegando che si tratta di “una storia d’amore raccontata attraverso la tessitura narrativa del thriller, ma senza assassini né assassinati, né tantomeno investigatori”. Tuttavia, dentro atmosfere spiccatamente anglosassoni, anche se mancano Holmes, il dott. Watson e Scotland Yard, lo scontro tra vittima e carnefice è apparecchiato quasi da subito, e si protrae fino alla fine della cena.
Dentro una trama semplice e coinvolgente, che fa appello più alla geometria della suspense che non ai sussulti dell’emozione, Virgil è un dandy di programmatica eleganza e di studiato distacco dalle cose. Indossa i guanti anche a tavola, e trova una persona che veste su di sé la maschera di un’intera stanza. Virgil non la vede, e questo è già un bello smacco per uno abituato a fare della visione il proprio lavoro quotidiano. Secco e rapido nel giudicare i dipinti, Virgil perde tutta la freddezza di fronte alla ‘indifesa’ Claire. Finisce che Virgil e Claire si scambiano l’identità. Burbero ma autentico lui, debole ma dolcissima lei. Il fatto è che tra loro si insinuano l’arte, la bellezza, la memoria. E i conti ben presto sballano.
Lasciatosi alle spalle quello di Baaria, Tornatore compone un nuovo affresco con altri confini ma con uguali obiettivi: l’ossessione dello spazio, l’incubo del mondo esterno, non - dice - in una prospettiva filosofica ma affidata alla gioia della narrazione in un contesto mitteleuropeo. In quella villa entra la vecchia Europa e forse esce la nuova. Smaltato, impeccabile, senza sbavature né difetti, affidato alla nitida presenza di Geoffrey Rush (ma non siamo in Shakespeare in love), attraversato dalla suadente colonna sonora di Morricone, La migliore offerta è un film di ‘genere’, giusto per ogni pubblico, girato bene con la tecnica del digitale, semplice e diretto. Rimanda al Tornatore di Una pura formalità (1994) e di La leggenda del pianista sull’oceano (1998). Del resto, dice un personaggio del copione, “in ogni falso si nasconde una parte di verità”. (Massimo Giraldi)
"Al pari di 'Una pura formalità' e 'La sconosciuta', 'La migliore offerta' rientra in un ideale filone di thriller metafisico dell'anima molto nelle corde di Giuseppe Tornatore. E' affascinante il modo in cui in un'innominata città mittel-europea (in realtà Trieste), il cineasta imbastisce il romanzo d'amore fra il nevrotico Geoffrey Rush, celebre battitore d'aste, e una giovane donna (Sylvia Hoeks) che, causa una grave forma di agorafobia, vive reclusa in una decrepita villa piena di antichi cimeli. Ma è proprio grazie a una serie di snervanti rinvii, a una presenza fisica perpetuamente negata, che nel cuore altero e misogino di Rush matura folle la passione per la misteriosa damigella. Una passione sino a quel momento riservata solo ai ritratti femminili raccolti nella sua preziosa collezione. Tornatore conduce il gioco con raffinata maestria sul filo di un'astratta suspense, ben sottolineata dalla musica di Ennio Morricone, fino a uno scioglimento finale un po' troppo precipitoso e lambiccato che, tuttavia, rimane un peccato veniale in un film di tale smalto. E Rush è semplicemente straordinario nello scivolare dai vertici di un'algida solitudine dentro la spirale di un'inquietante ossessione d'amore." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 3 gennaio 2013)
"Un esperto può facilmente capire quando un'opera d'arte è stata falsificata. Per un uomo innamorato, invece, sarà sempre molto difficile conoscere le possibili verità a due facce della natura umana, fino a commettere errori. Su questo assioma si costruisce quasi per intero il nuovo film di cui Giuseppe Tornatore è autore totale, soggettista, sceneggiatore, regista, dopo l'esperienza non proprio recentissima di Baarìa. (...) Un finale molto intricato fornirà parecchie chiavi, un po' sulla linea di quell'altro thriller di Tornatore che era 'Una pura formalità'. Questo, però, proprio al momento di concludere, pur rispettando la logica, la affida a dei viluppi narrativi forse un po' troppo macchinosi, facendo emergere certe verità, anziché da un racconto lineare, da una serie piuttosto eccessiva di scatole cinesi; senza però, con questo, nuocere minimamente a tutte le tensioni drammatiche e anche emotive fatte abilmente scaturire soprattutto nella prima parte del film. Con salda e sempre convincente vitalità. Dà loro esemplare vigore l'interpretazione, come Virgil, di Geoffrey Rush ('Il discorso del Re'), Claire è l'olandese Silvia Hoeke. Non dimentico però la splendida colonna sonora di Ennio Morricone, anche con mestissimi cori, la fotografia suggestiva di Fabio Zamarion, i costumi di Maurizio Millenotti." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo Roma', 3 gennaio 2013)
"Lontano dagli universi di 'Baarìa' e dalle sue polemiche, Giuseppe Tornatore ritrova una traccia ispiratrice in una storia di sua invenzione, pensata per l'ambientazione straniera (principalmente a Vienna) e per l'interpretazione di un cast di star internazionali. L'ottimo Geoffrey Rush, presente in ogni inquadratura, è la stella fissa attorno alla quale si tiene un film più manierista che sostanziale, e che dunque poco convince." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 3 gennaio 2013)
"Piacerà a chi ha nostalgia dei gialli alla Hitchcock e si ritrova inopinatamente un degno erede nella persona del sicilianissimo regista di 'Baarìa'. Col sostegno di un grande Geoffrey Rush, Tornatore arriva là dove Alfred non aveva mai osato: costruire un thriller con un protagonista (almeno per un'ora) di totale scostanza." (Giorgio Carbone, 'Libero', 3 gennaio 2013)
"Raffinato e intrigante melodramma sentimentale, imparentato con il giallo e con il mistero. Giuseppe Tornatore lo ha ambientato nell'insolito mondo dell'arte, evitando di collocarlo geograficamente. Il maturo, misogino banditore d'aste Geoffrey Rush non sa dir di no a una misteriosa Claire, che gli chiede una perizia di mobili e quadri. Fino al magistrale ribaltone conclusivo. Una storia che affascina, a parte qualche lungaggine e diverse licenze poetiche." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 3 gennaio 2013)