Sabato 23 marzo - Ore 21:00
Domenica 24 marzo - Ore 16:00 e 21:00
Domenica 31 marzo - Ore 16:00 e 21:00
Lunedì 1 aprile - Ore 21:00
Vedi anche: Invito al cinema: Benvenuto Presidente
In un piccolo paesino di montagna vive un uomo dal nome impegnativo: Giuseppe Garibaldi, per tutti Peppino. Ama la pesca, la compagnia degli amici, la biblioteca in cui lavora da precario. E' un ottimista anche se il figlio che lo accusa d'essere un fallito. Un giorno, a causa di un pasticcio dei politici, accade una cosa incredibile: Peppino viene eletto per errore Presidente della Repubblica Italiana. Strappato alla sua vita tranquilla, si trova a ricoprire un ruolo per il quale sa di essere evidentemente inadeguato, ma il suo buonsenso e i suoi gesti istintivi risultano incredibilmente efficaci. Certo il protocollo non è il suo forte. Janis Clementi, inflessibile quanto affascinante vice segretario generale della Presidenza della Repubblica, si affanna inutilmente nel tentativo di disciplinare le imprevedibili iniziative del Presidente...
Regia: Riccardo Milani
Interpreti: Claudio Bisio, Kasia Smutniak, Giuseppe Fiorello, Omero Antonutti, Remo Girone, Massimo Popolizio, Michele Alhaique, Cesare Bocci, Franco Ravera, Gianni Cavina, Stefania Sandrelli
Sceneggiatura: Fabio Bonifacci
Fotografia: Saverio Guarna
Montaggio: Giogiò Franchini
Musiche: Andrea Guerra
Nota: l'iniziativa Vieni al cinema alla domenica sera - costa meno! è spostata, solo per la settimana di Pasqua, a lunedì sera
Valutazione Pastorale (dal sito della CNVF della Conferenza Episcopale Italiana)
Giudizio: futile, superficialità
Tematiche: Politica-Società; Potere; Storia
Dice Milani: "L'obiettivo era realizzare una favola leggera, una commedia che cercasse di essere popolare ma non populista. Cercando di non seguire l'onda lunghissima dell'antipolitica". I buoni propositi sono encomiabili, meritano fiducia e restano come traccia generale nell'economia dello sviluppo. E' opportuno tenere questo metodo di approccio, perché la situazione politico-sociale italiana è talmente degenerata e in preda al caos che tirarne fuori un racconto motivato, compiuto e credibile è in ogni caso impresa non semplice. Resi i giusti meriti al copione scritto da Bonifacci, bisogna aggiungere che i rischi paventati di uno script attraversato da demagogia e strisciante qualunquismo restano e tolgono effervescenza al racconto. La bravura di Bisio, della Smutniak, del valoroso gruppo di caratteristi intorno fa i conti col crescere eccessivo di paradossi, di coloriture e di sfrontate utopie sopra le righe: dando la sensazione di voler ricondurre l'idea del neo presidente ad una sconsiderata utopia. Salvo eliminare umorismo e taglio scanzonato con il moraleggiante discorso finale che mette tutti sullo stesso livello. Ladri i politici, ladri i cittadini: e allora? Ed era proprio necessaria quell'approvazione che il Presidente concede ai due bambini che fanno già coppia maschile a scuola? Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come futile e non privo di superficialità.
Utilizzazione: il film può essere utilizzato i programmazione ordinaria e in successive occasioni, ben tenendo presente quanto detto sopra sui suoi limiti espressivi.
La favoletta politica di Milani e l'equivoco della commedia grillina. Risultato? Un film a due stelle
Grillino, anzi no. Benvenuto presidente! è tutto un equivoco. E' indignato e indulgente, populista e antipopulista, moralista e misericordioso.
Scritto da Fabio Bonifacci e diretto da Riccardo Milani ricicla lo spunto di Dave - Presidente per un giorno e sale sul carro dei registi-picconatori alla Bellocchio, Albanese, Bruno, Andò che di recente, con modalità proprie ed esiti differenti, hanno provato a raccontare tormenti e baruffe della seconda repubblica.
Questo film, dicevamo, è equivoco già nella forma, che è quella di tante commedie passate prossime, la forma - anzi la formula - della favola che è un modo tutto italiano di accostarsi alla realtà prendendone le distanze, di impallinarla così, per gioco, senza assumersene veramente la responsabilità. "In democrazia la forma è tutto", declama un politico navigato (il segretario generale del Presidente Omero Antonutti), ma anche al cinema conta qualcosa, o no?
La favola spinge il pedale sull'iperbole, come se la politica italiana non fosse già paradossale, ridicola e iperbolica di suo. Di fatto si ride poco, nonostante un paio di gag "alla Totò" possano dirsi riuscite e Claudio Bisio porti la consueta, innata simpatia. Bisio è Giuseppe Garibaldi, anzi Beppe così facciamo contenti i grillini. Ha 55 anni, è un ex bibliotecario e, a tempo perso, un mediocre pescatore di trote. La manovra maldestra di tre parlamentari traffichini (Giuseppe Fiorello, Massimo Popolizio e Cesare Bocci) lo trasforma, dall'oggi al domani, nel nuovo inquilino del Quirinale, tra l'incredulità generale e i mal di pancia dei "poteri forti" (Pupi Avati, Lina Wertmuller, Gianni Rondolino e Steve Della Casa). E il Beppe nazionale, sostenuto dagli amici e da uno stuolo di collaboratori fedeli (Kasia Smutniak e Remo Girone), è destinato a dare una bella "scossa" all'ingessato e degradato mondo politico italiano. E non solo a quello.
Il tema dell'insider e del "candido" era stato già sfruttato - e meglio - da Viva la libertà, che poteva contare su un copione maggiormente ispirato e attori più sicuri. Ma il punto non è questo: Benvenuto presidente non si schioda mai dal complesso della farsa. E' questo il punto. Inizia come una lezioncina di educazione civica, prosegue sulla strada del "bacchettonismo" bonario, finisce sparando nel mucchio, accordando un'indulgenza plenaria tipicamente nostrana: tutti colpevoli, nessun colpevole. Eppure non c'è mai un cambio di passo, un movimento inatteso, una dissonanza di tono. E' identico dal principio alla fine, nel graffio e nella carezza, nel peccato e nell'assoluzione.
E' un film che si preoccupa di non farsi etichettare (forse sull'onda delle recenti cronache politiche), che vive di troppe indecisioni. E' a suo modo uno specchio del momento che sta attraversando il paese. Il che non è necessariamente un complimento.
P.S. I panni sporchi una volta si dovevano lavare a casa, ed era male. Oggi serpeggia invece un puntiglio di segno opposto, non meno odioso: i panni sporchi si stendono e si mostrano senza vergogna, perfino con perfido sorriso, come se bastasse questo a farci sentire più onesti e puliti, in coscienza tranquilli. E' il trend della nuova stagione politica italiana, una nota di merito con una punta di rischio: anzichè togliere lo sporco ci si accontenta di ostentarlo, denunciarlo, in breve e alla lettera ri-velarlo. Una pericolosa, probabilmente involontaria, strategia del nascondimento a cui questa nuova, vecchia, commedia italiana, pur con tutte le buone intenzioni, finisce per prestare il fianco. (Gianluca Arnone)
"'Benvenuto Presidente!' è la versione comica e anche un po' farsesca e favolistica di 'Viva la libertà' di Roberto Andò che non manca di spunti ironici e di toni da commedia ma che non intende essere comico. Due film fantapolitici che entrano in sintonia con il clima del momento. E se già il primo ha trovato i suoi riscontri nel pubblico, questo diretto da Riccardo Milani (ma scritto da Fabio Bonifacci) porta con sé in tal senso potenzialità ancora maggiori. (...) Anche se 'Benvenuto Presidente!' non si eleva al di sopra del film barzelletta alla Totò (ricordate 'Gli onorevoli'?) e anche se stimola tutte le possibili pulsioni che le cronache ci abituano a liquidare frettolosamente come populiste e demagogiche, non si può certamente negargli, oltre che freschezza e simpatia da vendere, anche l'intuizione tempistica di aver intercettato sentimenti e aspettative e impazienze diffusissime. Sarebbe puerile immaginare che si tratti di un contributo alla soluzione delle questioni aperte, ma è interessante che il cinema - il cinema leggero e di intrattenimento - ritrovi un po' di capacità di ascolto e interpretazione degli umori. Con un tocco di furbizia politicamente corretta, per non sembrare qualunquista, il film fa infine capire a Peppino che quello non è il suo posto e che la politica, riformata e 'svegliata' dal suo passaggio impetuoso, deve riprenderselo. Interessante anche annotare che la produzione è quell'Indigo di Nicola Giuliano e Francesca Cima che si è distinta come sigla produttiva di Sorrentino, il regista italiano più sofisticato e innovativo dei nostri anni." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 21 marzo 2013)
"Il racconto più che grottesco è farsesco (...). Con questa chiave si sono prese diverse licenze (...) Certo un po' di populismo e di semplificazioni ci sono ma, come detto, siamo nell'ambito della risata, non del pamphlet. Qualcuno ha voluto vedere dei parallelismi tra il giardiniere Chance di Peter Sellers in 'Oltre il giardino' e questo Garibaldi perché entrambi usano metafore prese dalla natura. Ma Chance il giardiniere parlava in maniera inconsapevole, erano gli altri che gli attribuivano virtù straordinarie, lui era un vero Candide, mentre il Garibaldi di Bisio nel suo essere spontaneo usa i riferimenti di pesca a ragion veduta. Claudio Bisio ha ormai una consapevolezza di sé che lo porta a una sicurezza assoluta, arriva anche a «mostrar le chiappe chiare» ma con un garbo, un pudore e un'autoironia che altri neppure si sognano. Accanto a lui Kasia Smutniak è la predestinata, ossequiosa del protocollo ma dal nome Janis che lascia intuire origini trasgressive. Non sappiamo se esista un backstage, ma se ci fosse sarebbe divertente vedere Bisio a Montecitorio, al Quirinale e impegnato a disfare il vero baldacchino di Cavour." (Antonello Catacchio, 'Il Manifesto', 21 marzo 2013)
"Non film sull'antipolitica, bensì un richiamo alla responsabilità civile che ci arriva da un uomo qualunque (nel recente film di Roberto Andò, 'Viva la libertà', era un professore picchiatello), eroe per caso tra le stanze del Quirinale. (...) A volte graffiante, a volte al riparo tra le pieghe di una comicità più convenzionale e meno coraggiosa, il film non è sempre all'altezza delle ambizioni, ma resta un interessante tentativo di confrontarsi con il malessere di un paese sempre più difficile da raccontare." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 21 marzo 2013)
"Il candido, il folle, ma soprattutto l'uomo qualunque che diventa casualmente un 'leader' pop è una storia vecchia quanto la letteratura. Dunque nulla di nuovo dentro la spassosa commedia diretta da Milani, che tenta - riuscendoci a segmenti - di mettere in ridicolo l'odiata classe politica italiana contemporanea. Film involontariamente 'grillino', parte bene ma finisce in caciara. E Bisio non è Crozza, pelata a parte." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 21 marzo 2013)