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Si racconta la storia di un sicario di New Orleans (Jimmy Bobo) che non conosce le buone maniere e che medita vendetta contro Keegan, un mercenario senza scrupoli che prova a 'liquidarlo' dopo avergli commissionato un omicidio. Lo aiuterà Taylor Kwon, un detective di Washington D.C. col vizio del BlackBerry e della navigazione virtuale, a cui salva la vita. Jimmy e Taylor metteranno le mani su documenti scottanti e su un politico corrotto, che vorrebbe cambiare faccia alla città e poi lucrare sull'edilizia.
Ispirato al celebre graphic novel “Du plomb dans la tête” di Matz (Alexis Nolent).
Regia: Walter Hill
Interpreti: Sylvester Stallone, Jason Momoa, Sarah Shahi, Christian Slater, Adewale Akinnuoye-Agbaje, Sung Kang, Jon Seda, Holt McCallany, Marcus Lyle Brown, Weronika Rosati
Sceneggiatura: Alessandro Camon, Walter Hill
Fotografia: Lloyd Ahern II
Montaggio: Timothy Alverson
Musiche: Steve Mazzaro
Durata: 1 ora e 37 minuti
Applausi per il ritorno di Walter Hill all'action anni '80. Stallone roccioso e ironico
Sicario attempato, Jimmy Bobo (Stallone) è deciso a vendicare il suo partner di lavoro. Taylor Kwon (Sung Kang) è un detective coreano di Washington, arrivato a New Orleans per risolvere il caso di omicidio che ha visto la morte di un suo ex collega, finito in giri loschi. L'obiettivo di entrambi è comune e, per raggiungerlo, faranno coppia: il problema sarà far convergere metodologie di "lavoro" agli antipodi.
E' un grandissimo film, Bullet to the Head di Walter Hill. Perché dimostra che è ancora possibile realizzare credibili action movie come avveniva tra la fine degli anni '70 e la prima metà degli '80, ma soprattutto perché riesce a condensare adrenalina e violenza, ironia e divertimento. Intrattenimento d'autore, insomma, con il regista dei Guerrieri della notte che rispolvera la fortunata struttura del film a "coppia anomala" 30 anni dopo 48 ore: ancora una volta poliziotto e malvivente (all’epoca Nick Nolte e Eddie Murphy) si uniscono, ma se lì si virava con forza alla commedia, qui a funzionare senza intoppi è l'intelligente fusione tra generi, che poggia su un racconto solido e una costruzione classica (merito anche dello sceneggiatore Alessandro Camon, che si è ispirato alla graphic novel Du plomb dans la tete, scritta da Matz e illustrata da Colin Wilson), esaltata dalla rimarchevole prova di Sylvester Stallone.
Roccioso, crepuscolare, ironico, Sly incarna la figura del killer senza scrupoli, "regolato" dai sani, vecchi principi ("niente donne, niente bambini") e disposto a qualsiasi cosa pur di salvaguardare la figlia Lisa (Sarah Shahi). Old style e dritto alla meta, poco incline al compromesso, il suo personaggio trova il contraltare nello sbirro ipertecnologico e ligio al rispetto dei più elementari codici di giustizia. Alla fine, naturalmente, la situazione potrà essere affrontata (e risolta) solamente con il metodo Sly: "Vogliamo combattere? O pensi di farmi morire di noia?", dirà il nostro al gigantesco Jason Momoa, killer al soldo dei cattivi. Game, set, match (Valerio Sammarco)
"Action movie alla Walter Hill, con la cinepresa che fa da stuntman ai due personaggi sullo sfondo d'una violentissima New Orleans dove Stallone, accompagnato dal poliziotto coreano bon ton di Washington, deve vendicare la morte del socio in un trionfo d'amoralità. La solita alleanza telefilmica fra tipi diversi, ma Hill non lascia spazi morti, non c'è tempo per pensarci su, è una girandola di colpi bassi sul modello della commedia d'azione da lui portata al successo negli anni 80 ('48 ore' e il magnifico 'Driver', oltre a 'Eroe della strada'). L'ex Rocky-Rambo si presta coraggiosamente alla prova lifting e sembra Frankenstein senior per come cammina, si muove, guarda tutto d'un pezzo. Tratto da un fumetto francese, il film di Hill vede la vita come la materia di cui son fatti gli incubi con sprazzi di umorismo, battute e battutacce. È quasi un musical bombarolo ma con riferimenti al western, paesaggi notturni di palpabile infelicità e un duello finale con asce contro il perfido Jason Momoa: pensare che produce e distribuisce Disney!" (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 4 aprile 2013)
"Malgrado cominci a somigliare in modo allarmante alla creatura del dottor Frankenstein, Stallone non molla la presa e, dopo il successo dei 'Mercenari' 1 e 2 (ma Jimmy Bobo ha avuto in America una partenza fiacca al botteghino), richiama in servizio I'ultrasettantenne Walter Hill, regista di successo negli anni Ottanta. Uno dei film più noti del quale, del resto, è l'imitatissimo '48 ore', prototipo del poliziesco di strana-coppia che il suo nuovo film (adattato da una storia a fumetti) riprende una volta di più nella variante dei due personaggi agli estremi opposti della legge. Qualcuno apprezza il 'vintage', che poi è l'unico motivo di essere di questa superflua serie B; ma conquistare così il giovane pubblico delle multisale non pare impresa facile." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 4 aprile 2013)
"'Jimmy Bobo' accoppia il regista veterano Walter Hill, memore dei poliziotti Nick Nolte e Eddie Murphy protagonisti del suo (più) riuscito '48 ore', e Sylvester Stallone, eroe muscolare di altri tempi, ma tuttora in forma. Il tutto sulla base di una sceneggiatura ispirata a un fumetto francese di Alexis Nolent che non fa nulla per risultare sensata. (...) Sullo sfondo di una cupa New Orleans, Hill conduce il gioco con un'essenzialità e una velocità di ritmo rari nel cinema d'oggi. Le battute sono tutte di Sly, mentre lo scialbo Kang si limita a fare la figura dello stupido." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 4 aprile 2013)
"Siamo impazziti per questo film lo scorso novembre, quando l'abbiamo visto al Festival di Roma. La Buena Vista l'ha tenuto in naftalina quasi cinque mesi, e anche nel resto del mondo (America inclusa) è uscito a 2013 ampiamente iniziato. Onestà intellettuale vuole che vi diciamo, in tutta franchezza, di non averlo rivisto doppiato: andateci con i piedi di piombo, cercate - ove possibile - l'edizione originale, nel dubbio verificate con il dvd appena uscirà. Direte: è un film con Stallone, inseguimenti/sparatorie/botte da orbi, mica uno psicodramma di Bergman in cui devi apprezzare le sfumature. Errore: in un film di Walter Hill le battute contano quanto i silenzi, e siamo ad esempio curiosi di sentire come è stata tradotta la frase con cui Stallone risponde nel finale allo sbirro, divenuto nel frattempo suo amico, che minaccia di arrestarlo: in originale Sly diceva «that'll be, the day», le stesse parole che dice sempre John Wayne in 'Sentieri selvaggi'. E' uno slang quasi intraducibile (qualcosa del tipo «campa cavallo», ma dipende dal contesto), quindi un cimento su cui si fa la nobilitate di un traduttore. Speriamo in bene. (...) Che il film sia costruito con ritmo impeccabile, e magnificamente girato, non deve sorprendere. Un pizzico di sorpresa ci sarà nel vedere quanto è bravo Stallone, sia pure con il volto tumefatto dalla chirurgia plastica, in questo ruolo da killer donchisciottesco con figlia a carico. Ma Stallone, checché se ne dica, è sempre stato bravo quando a dirigerlo c'erano registi diversi da lui stesso. L'accoppiata con Hill è fulminante, ed è incredibile che abbiano dovuto superare la sessantina per lavorare insieme. Meno male che è successo." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 4 aprile 2013)
"Gli appassionati di film d'azione non rimarranno delusi da Sylvester Stallone che in 'Jimmy Bobo - Bullet to the Head', diretto da Walter Hill, mescola sapientemente muscoli e ironia. Nel film un sicario e un poliziotto sono costretti ad allearsi per sconfiggere il nemico comune, e la coppia male assortita riesce a dar vita a un thriller di vecchia scuola che strizza l'occhio al western." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 4 aprile 2013)
"Dal redivivo Walter Hill, un omaggio all'action-thriller fine '70-'80, e una rispolverata 30 anni dopo alla strana coppia criminale-sbirro di '48 ore': il buon Sly è crepuscolare, monolitico ma ironico, la sceneggiatura di Alessandro Camon (dal fumetto 'Du plomb dans la tête') non fa una piega, l'adrenalina corre generosa. Se Jimmy e Keegan non vanno per il sottile, 'Bullet to the Head' colpisce anche al cuore: artigianato d'alta scuola, poetica muscolare e sentimenti pudichi, Walter Hill sta benone e lotta per noi." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 4 aprile 2013)
"Come i personaggi di uno dei suoi registi preferiti, Robert Aldrich, gli eroi non eroici dei film di Walter Hill sono uomini che scelgono la libertà di non tradire mai se stessi. Come quelli di un altro autore che Hill ama molto, Howard Hawks, i suoi film mettono in scena codici di valori e di comportamento. Il che fa di Walter Hill - oltre che uno dei grandi stilisti del cinema hollywoodiano contemporaneo - anche uno dei suoi moralisti più ostinati e imperturbabili. 'Jimmy Bobo - Bullet to the Head' non è tratto da una sua sceneggiatura (il copione, adattato dal fumetto francese di Alexis Nolen, è firmato da Alessandro Camon) ma è un film hilliano già sulla carta. Un duetto che ricorda innanzitutto quello incandescente tra il poliziotto Nick Nolte e il galeotto Eddie Murphy in '48 Hrs.', per un film che riffa sulla Golden age anni ottanta dell'action movie con la precisione, elegante, leggera e inesorabile caratteristica di questo regista e che i giovani autori che lavorano nella vena degli Eighties (come Gordon Green, J.J. Abrams o Zack Snyder) non hanno chance di eguagliare. Asciuttezza, velocità, humor, il gusto elettrico di una scena che non ha un'inquadratura di troppo, di personaggi stringati come ombre dalla caverna di Platone: Hill ama ridurre tutto all'osso. (...) Con quaranta giorni di lavorazione e un budget di quattordici milioni di dollari, 'Bullet to the Head' è uno di quei film di genere «come non se ne fanno più», nel senso che non sono diventati incomprensibili per un executive hollywoodiano, sia dal punto di vista estetico che finanziario. Non a caso, la WB ha (catastroficamente) scelto di distribuire 'Bullet' in Usa come un film «di Stallone» qualsiasi, creando così delle aspettative tutte sbagliate per questo noir crepuscolare e umoristico con cui Walter Hill strizza l'occhio anche un po' a Melville." (Giulia D'Agnolo Vallan, 'Il Manifesto', 4 aprile 2013)
"Fu ovazione al Festival di Roma per il ritorno di Walter Hill alla regia dopo 10 anni complice uno Stallone gustoso killer laconico. 'Jimmy Bobo' ('Bullet to the Head') ripropone la formula di due Hill d'annata come '48 ore' e 'Danko': la strana coppia insieme in lotta. Qui il solitario killer Bobo si unisce a un poliziotto tecnofilo d'origini orientali (bravo Sung Kang già visto nella saga 'Fast & Furious') per sconfiggere una gang il cui sicario (Jason Momoa) è un energumeno dagli ideali comunisti («Mai fidarsi di qualcuno che non è interessato ai soldi» dirà di lui il capo). Cinema classico per i ragazzi degli anni '80: nessun ammiccamento cinefilo, trama basica, zero ambiguit morale, antiretorico al massimo (la chiusa di Stallone sa addirittura di esistenzialismo). La lotta finale tra Stallone e Momoa a colpi di ascia, lascia senza fiato. Bentornato Mr. Hill." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 4 aprile 2013)
"Fragoroso, indecente poliziesco del super bollito Walter Hill, precipitato nell'inferno dei cinema spazzatura. Una storia imbarazzante che non va oltre gli scoppi e i cazzotti. Il patetico Sylvester Stallone, oscena caricatura di se stesso, sembra uno col torcicollo che ha ingoiato una scopa. Eppure mette ko un gigante che nella realtà lo stenderebbe in due secondi." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 4 aprile 2013)
"Piacerà agli amatori del giallo d'azione degli anni '80. Come li faceva Walter Hill ('48 ore' 'Danko'). E come Walter sa ancora farli a quasi sei lustri di distanza (scontri a fuoco splendidi e senza ausilio del digitale e di altre diavolerie tecniche)." (Giorgio Carbone, 'Libero', 4 aprile 2013)
"Il film (...) ha i meccanismi agonistico- emozionali sono perfettamente sincronizzati. È un poliziesco dal volto umano, «di velluto», liberato dall'ansia dei virtuosismi digitali a tutti i costi e dalla pur velocità e geometricità della ritmica splatter hongkonghese (solo lievemente parodiata), dominato invece, come ai vecchi tempi di Murphy e Nolte, dall'irresistibile coppia «virile» protagonista di agguati e battibecchi e scherzi unghiuti. E da un doppio antagonista di villain famelici, formata da un neoliberista africano a striature Bokassaa piuttosto tragiche (l'ottimo Adewale Akinnnuoye-Agbaje, perfetto nel suo marxiano «inno al denaro» e da un faccendiere festosamente criminale che non sa se ispirarsi di più a Kubrick (...) (è Christian Slater, perfetto come sudista decaduto, anche nei vizi). Un «buddy movie» a orologeria, rivisitato con originalità. (...) Un'ora e mezzo di divertimento incalzante, che arrangia il suspense in modo denso e inquieto senza sbagliare mai battuta e armonia (...). Né un tono, né un timbro, né un effetto luce sono fuori asse, i blocchi d'immagine-azione tutti seducenti, rianimazioni di clip, promo, spot, flash web e soprattutto classici «insert» ritagliati dalle opere di Siegel, Aldrich, Clint e Hawks ...(...) Siamo insomma con 'Bullet to the Head' alla fusione, quasi la fissione atomica, energetica e incandescente tra materiali visivi e personalità etiche, sia dentro che fuori il set. Anche fuori film." (Roberto Silvestri, 'Il Manifesto', 15 novembre 2012)
"Fregatevene dei capelli posticci, del viso reso maschera gommosa - anzi 'sgommata' - dal botulino, delle sue smorfie recitative che sembrano tic nervosi: qui abbiamo un Walter Hill alla regia al suo meglio che lo rende perfettamente funzionale al su 'Bullet to the Head'. Uno dei pochi gioielli di questo 7° Festival di roma ci offre quell'action anni '80 per cui proviamo una struggente nostalgia, pieno di ottimo ritmo, relazioni e personaggi elementari, emozioni primarie (se non proprio primitive). E, ovviamente, con battute stracult che ci ripeteremo per anni. (...) II resto è una trama semplice ed efficace (...) scene dirette da chi ci ha regalato 'i guerrieri della notte' e che a 70 anni non ha perso la mano, anzi. Poteva essere la deriva senile di un cineasta e di un divo, ci ritroviamo di fronte a un cinema pop che ci mancava, perché sepolto dai manager delle major sotto la coltre del politicamente corretto e dell'economicamente sostenibile. Chissà che Hill e Stallone non sappiano far tornare quel cinema ben fatto e un po' cialtrone. Speriamo."(Boris Sollazzo, 'Pubblico', 15 novembre 2012)
"Per il suo ritorno dietro la macchina da persa - a undici anni dl sentito ma stilisticamente affrettato 'Undisputed' - Walter Hill parte da una 'graphic novel' francese. Ma risulta presto chiaro come l'obiettivo del regista americano e del suo protagonista nonché coproduttore Stallone, sia di prendere a pretesto un canovaccio da 'crime-movie' qualsiasi per imbastire spensierate dinamiche da poliziesco ironico - più ironico che poliziesco - nel solco di '48 ore (1982) e 'Danko', con pretese però decisamente inferiori. Anche perché la tensione figurativa di una volta è solo un pallido ricordo, e la mano del regista, pur divertita, non si può certo dire ispirata (...). 'Bullet to the Head', insomma, nonostante la buona alchimia che si crea fra i due protagonisti, è un filmetto che dichiaratamente non vuole essere preso troppo sul serio, e va piuttosto considerato come un omaggio di Hill ai propri fan e a quelli di Stallone." (Emilio Ranzato, 'L'Osservatore Romano', 16 novembre 2012)
"È un thriller in stile hard boiled che, alla lettera, vuoI dire «strabollito». E più bollito di Sly non c'è nessuno. Insomma, Stallone è nella parte. Se anni fa interpretava questi ruoli da duro in modo stereotipato, con l'età ha acquistato un'autoironia e una presenza in scena (...) che strappano l'applauso ". (Antonio Angeli, 'Il Tempo', 15 novembre)