New York, 1959. Un famoso boss ha commissionato a tre gangster (ovviamente Aldo Giovanni e Giacomo...) l'eliminazione di un certo "Frankie". I tre sono però tipi decisamente curiosi e, come se non bastasse, uno di loro, per la precisione Al (Aldo Baglio), in seguito ad un avvenimento traumatico ha perso la memoria. I suoi due colleghi di avventure sono John (Giovanni Storti) e Jack (Giacomo Poretti), che ricostruiscono per l'amico smemorato le rocambolesche circostanze che li costringono a nascondersi dal boss. Grazie alle maldestre azioni svolte per portare a termine il compito che gli è stato assegnato, i tre si sono cacciati in un brutto guaio. Il boss, una volta scoperto che Al, John e Jack hanno sbagliato bersaglio, affida la loro sorte ai dadi e grazie a un po' di fortuna, e alle sue scarse capacità matematiche, i tre riescono a scamparla; ma per aver salva la vita dovranno affrontare una nuova delicatissima prova: proteggere una persona molto cara al boss. E' inutile dire che anche questa volta le tre improbabili guardie del corpo, grazie ad un "banale" incidente mettono di nuovo in pericolo la loro vita. E' a questo punto che Al, John e Jack inventano un piano per poter cambiare la loro sorte ormai inesorabilmente segnata...
L'ultimo film di Aldo, Giovanni e Giacomo.
Venerdì 20 dicembre | Ore 21:00 |
Sabato 21 dicembre | Ore 21:00 |
Domenica 22 dicembre | Ore 15:00, 18:00 e 21:00 |
Mercoledì 25 dicembre | Ore 21:00 |
Giovedì 26 dicembre | Ore 15:00, 18:00 e 21:00 |
Sabato 28 dicembre | Ore 21:00 |
Domenica 29 dicembre | Ore 15:00, 18:00 e 21:00 |
Martedì 31 dicembre | Ore 21:00 |
Mercoledì 1 gennaio | Ore 15:00, 18:00 e 21:00 |
Sabato 4 gennaio | Ore 21:00 |
Domenica 5 gennaio | Ore 16:00 e 21:00 |
Lunedì 6 gennaio | Ore 16:00 e 21:00 |
Valutazione Pastorale (dal sito dell'Associazione Cattolica Esercenti Cinema ACEC)
Giudizio: Accettabile, brillante
Tematiche: Amicizia; Gangster; Il comico.
Per il loro quarto film, il trio pluricampione d'incassi formato da Aldo, Giovanni e Giacomo con la presenza in cabina di sceneggiatura e di regia di Massimo Venier, decide di lasciare l'Italia e di spostarsi negli Stati Uniti. Non in quelli attuali ma del 1959. Periferia di New York, tre gangster italo-americani, ma piccoli, in fondo alla piramide, di manovalanza. Al, John e Jack hanno una cadenza siciliana precisa e marcata, vivono sempre insieme, sono amici, si prendono e si insultano ma non saprebbero mai rimanere da soli. Sono ingenui e imbranati, e la difficoltà a riconoscerli come 'malavitosi' o 'cattivi' fa nascere quel contrasto che crea le premesse per le situazioni comiche e paradossali. I tre sono senz'altro efficaci, padroni di un meccanismo di parti e controparti, di battute principali e di spalla ben oliato e tanto più studiato quanto più scatta improvviso e spontaneo. La parodia del genere gangster americano è azzeccata nell'ambientazione, nella cura del dettaglio, degli oggetti e delle luci. A lungo andare però i tre risultano troppo accentrati su se stessi, troppo unici e incontrastati protagonisti. Il copione segna il passo quando c'è da prendere respiro tra una battuta e l'altra. A parte il breve spazio concesso al sempre valido Aldo Maccione (il boss), non ci sono personaggi né situazioni di contorno di un qualche rilievo. Una prova di bravura dunque alla quale manca il supporto di qualche notazione critica, pungente, ironica. I soliti italo-americani mafiosi non incidono più di tanto. Dal punto di vista pastorale peraltro, il film scorre con leggerezza e misura, ed è dunque da valutare come accettabile e nell'insieme brillante.
Utilizzazione: il film è da utilizzare in programmazione ordinaria, e da recuperare come passatempo di facile e immediata fruizione.
"Il racconto procede a zig zag fra passato, presente e futuro, con attenzione cinefila rivendicata dal trio più popolare d'Italia (e dal regista-complice Massimo Venier) che non si è mai accontentato di produrre 'il' film di Natale, ma ha coltivato una vena originale surreale e malinconica. Aldo, Giovanni e Giacomo hanno l'estro raro di saper mettere d'accordo il colto e l'inclita. E stavolta alzano il tiro, giocando su un terreno più sofisticato, gangster movie e film in costume. Vincerà la commedia". (Piera Detassis 'Panorama', 5 dicembre 2002)
"Aldo è l'ingenuo della situazione mentre Giovanni e Giacomo si danno repliche alla Stanlio e Ollio. La loro coesione è la forza e, insieme, la debolezza del film, che non riesce ad imprimere alla carriera cinematografica dei tre il salto di qualità auspicato. A parte qualche sequenza in esterni più dinamica, 'La leggenda di Al, John e Jack' è quasi interamente costruito su una serie di sketch girati dentro una stanza: qualche volta divertenti, altre meno, ma tutti concepiti come un gioco tra amici più adatto al palcoscenico che allo schermo. Del cinema Aldo, Giovanni e Giacomo non hanno ancora trovato i tempi comici, il ritmo, che è molto diverso da quello teatrale e televisivo. Piaceranno di sicuro al pubblico ma, se vogliono fare davvero il famoso salto qualitativo, la prossima volta dovranno sforzarsi di più". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 14 dicembre 2002)
"Non una parodia, ma quasi. Non un film, ma qualcosa di meno e qualcosa di più. Di meno: la trama è di un'esilità assoluta, un puro pretesto per inanellare gag e scenette, mentre l'ambientazione sembra quasi sprecata per una faccenda così leggerina. Di più: film o non film, la simpatia resta travolgente, l'affetto e il calore che A, G & G riescono a infondere nei personaggi è sempre fuori dal comune, e così l'affiatamento. Bisogna forse risalire ai Marx per trovare una complicità così spinta, un divertimento così contagioso. Ma quelli erano fratelli, A, G & G sono solo una 'ditta'. Che stavolta, per giunta, rinuncia alla benemerita Marina Massironi, anzi all'elemento femminile tout court. E' anche questo a indebolire 'La leggenda', che risulta sempre amabile ma più scopertamente infantile e assai meno ambizioso dell'ultimo titolo. Se non un passo indietro, una pausa di ripensamento". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 13 dicembre 2002)
"Aldo, Giovanni e Giacomo utilizzano un sapiente repertorio professionale di gesti, occhiate, botte e risposte, controscene, il tutto amalgamato in maniera estremamente nitida, incisiva, spiritosa. Mai fuori tempo, mai sbracati, mai volgari. In una parola, bravissimi." (Tullio Kezich, Il Corriere della Sera, 11 dicembre, 2002).