Sabato 8 aprile | Ore 21:00 |
Domenica 9 aprile | Ore 16:00 e 21:00 |
Achille De Bellis, top manager di una grande catena alberghiera di proprietà di sua moglie Gigliola e del cognato Guglielmo, ha tutto quello che un uomo potrebbe desiderare: una casa lussuosa, un lavoro prestigioso, una bella famiglia e un'amante giovane e sexy. Ma, quando Achille licenzia da uno degli alberghi della catena una cameriera, Annarita Rinalduzzi, perché sospettata di aver sottratto un computer portatile dalla stanza di un cliente, la sua vita perfetta subisce uno scossone. Orfeo, il figlio ventenne della donna, visto il crollo emotivo della madre che si dichiara estranea ai fatti, decide di vendicarla, umiliando e rovinando De Bellis. Mentre il ragazzo porta avanti la sua vendetta, si imbatte, complice un incidente stradale, in Cecilia. Tra i due è colpo di fulmine, peccato che la ragazza sia proprio la figlia dell'uomo cui vuole distruggere la vita. Lo scoprirà troppo tardi per evitare il disastro...
Regia | Carlo Verdone |
Sceneggiatura | Carlo Verdone |
Silvio Muccino | |
Pasquale Plastino | |
Silvia Ranfagni | |
Carlo Verdone | Silvio Muccino |
Ana Caterina Morariu | Agnese Nano |
Valutazione Pastorale (dal sito acec.it)
Giudizio: accettabile, riserve, grossolanità
Tematiche: Famiglia - genitori figli
Passano gli anni ma il tono delle commedie di Carlo Verdone cambia poco. Il vero mutamento è nel fatto che, avendo lui la matura età di 56 anni, il ruolo del giovane sbandato e imbranato (iniziato con "Un sacco bello") non può più ricoprirlo in prima persona ma deve affidarlo a qualcun'altro. Che qui è appunto Silvio Muccino, prototipo dei venticinquenni del terzo millennio, figlio alla disperata ricerca di un padre. Lui, Verdone, in questo caso Achille De Bellis, non rinuncia tuttavia ad essere il consueto 'ingenuo', dispiaciuto quando le cose vanno male, indifeso ma pieno di risorse e di buoni sentimenti, almeno in teoria. Il ritmo del copione è certamente sciolto, scorrevole, non manca qualche simpatica annotazione. I personaggi però restano macchiette, simpatiche, ben costruite, ma di poco peso. Invano si aspetta un salto di qualità, un graffio, una vera commedia di pungente sostanziosità. L'impianto narrativo generale è leggerino, un po' tirato via, troppo condizionato dagli inserimenti pubblicitari. Un prodotto gradevole eppure discontinuo che, dal punto di vista pastorale, é da valutare come accettabile, con riserve per alcune grossolanità sparse.
Utilizzazione: il film può essere utilizzato in programmazione ordinaria e proposto come occasione di passatempo, pur tenendo presenti i limiti sopra esposti.
"'I messaggi si mandano con la Western Union!' pare fosse l'invariabile risposta dei produttori di Hollywood all'eventuale scrittore che proponeva di inserire nel soggetto di un film un qualsivoglia messaggio. Nel parco a tema del cinema italiano, grazie al cielo, c'è chi ce li sa recapitare con grazia, intelligenza, rispetto del mestiere e monumentale senso del (tragi)comico: Carlo Verdone. Chi ancora ama il cinema - piuttosto che i suoi contrappesi culturali o filologici - lo sente d'istinto, non c'è esperto o critico che tenga: Verdone agisce come un amico, un fratello che si guarda guardando il mondo, sa cogliere ciò che esprimono i gesti e i corpi, smonta come fanno i bambini con i giocattoli i capillari umori circostanti, aspira l'aria del tempo e la tramanda nelle storie della storia di ogni spettatore. 'Il mio miglior nemico' ci appare, così, non solo un film quadrato, riuscito, divertente, ma anche un tassello del puzzle ambientale e psicologico che componiamo a mano libera quotidianamente. (...) L'amarezza e il pessimismo del film, insomma, non si traducono nelle solite reprimende salvazioniste, bensì in quel grumo di (false) sicurezze e (patetiche) impotenze col quale tutti siamo costretti a fare i conti: salvo, beninteso, ad indicare come prezioso bene superstite la possibilità di ridere a crepapelle sul vanesio e ossessivo attaccamento alla propria immagine esibito dagli svarianti personaggi. La voce fuori campo di Silvio Muccino - un'ottima performance in accorto bilico sulla spontaneità (che di per sé non basta) - serve proprio a rimarcare il progetto del regista: la caricatura - naturalmente al diapason ogni volta che Verdone/attore dà fuoco alle polveri delle sue trascinanti e fregolistiche gag - produrrà quella forma di piacere dato dal confronto fra la realtà e la sua deformazione nella somiglianza. Il road-movie alla ricerca dei padri, sia pure a tratti un tantino prolisso, costeggia sempre un paesaggio di diffidenze e risentimenti. 'Tu mi devi sempre seguire, tu mi devi sempre dare retta': l'utopia buonista di Achille/Carlo anche nel raggio finale di tenero sentimento coglie un riflesso beffardo e farsesco." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 10 marzo 2006)
"In tutte le buone biblioteche di spettacolo figura il libro di Masolino d' Amico 'La commedia all'italiana', sottotitolo 'Il cinema comico in Italia dal 1945 al 1975'. Ovvero 30 anni nella storia di un genere a lungo snobbato come se fosse il parente povero del dramma. Ora però sarebbe tempo di metter mano a un secondo volume. Fra i protagonisti del quale figurerà senza dubbio Carlo Verdone, che dall' esordio nel 1979 con 'Un sacco bello' è stato autore e regista di una ventina di film. (...) Se Masolino o qualche suo epigone firmerà il nuovo libro sulla commedia italiana dovrà dedicare un particolare interesse a 'Il mio miglior nemico'. Proprio perché si tratta di un film a cavallo tra il vecchio e il nuovo, che nella disfida tra il veterano Verdone (56 anni) e un Silvio Muccino in crescere di età (28 anni all'anagrafe, 24 nella finzione) mette in scena lo scontro generazionale in corso ogni giorno sotto i nostri occhi. (...) 'Il mio miglior nemico' sgrana nel suo procedere gag irresistibili e sorprese che sarebbe delittuoso svelare, tant' è vero che i critici americani quando se ne presenta la necessità antepongono negli articoli l'avvertenza spoilers per chi non vuol sapere prima ciò che succede. Ogni tanto si avverte scarsa attenzione alla consequenzialità, alcuni incidenti hanno motivazioni deboli e la coerenza fa occasionalmente difetto. Accade così che tutta la seconda parte, con i due ex "migliori nemici" frettolosamente riconciliati che intraprendono in chiave di road movie la ricerca della giovane scomparsa, rischia di poggiare sul vuoto perché la sorte di Cecilia (sarà finita a Istanbul o a Ginevra?) poetessa in erba e sbandata, sentimentale e incompresa non ci sta particolarmente a cuore. Ma fra accensioni d'ilarità e nuvole passeggere il bilancio 'malincomico' del film si configura positivo: Verdone ha fatto quasi goal un'altra volta." (Tullio Kezich, 'Il Corriere della Sera', 10 marzo 2006)
"Al ventesimo film Carlo Verdone conferma limiti e pregi di una carriera in bilico tra il sublime e la mediocrità. 'Il mio miglior nemico' somiglia a tutte le sue altre creature, non tanto per un'encomiabile unità stilistica, quanto per quella ricerca di una seriosità, vanificato ogni volta dallo sberleffo, che implode in episodi marginali pur trattando temi di attualità. (...) Questo è Verdone, prendere o lasciare. Sentimentale, crudele, irresistibilmente comico, convenzionale, genialmente velleitario. Ma due o tre momenti sono di una comicità sfrenata e Verdone attore è davvero un mistero buffo. Ti sorprende o ti delude in egual misura. Il giovane Muccino, qui anche sceneggiatore, non ha altro che una simpatia spicciola, che lega con quella più studiatamente goffa di Verdone." (Adriano De Carlo, 'Il Giornale', 10 marzo 2006)