Sabato 7 febbraio | Ore 21:00 |
Domenica 8 febbraio | Ore 16:00 e 21:00 |
Ben Thomas, agente delle tasse dell'Agenzia delle Entrate degli Stati Uniti, distrattosi con il telefonino mentre guida, provoca la morte di sette persone, tra cui la moglie. Una sciagura terribile, dalla quale Ben non sa come riprendersi, fin quando, distrutto dal dolore, immagina una via d'uscita, l'unica possibile: individuare sette persone che vivono situazioni di disagio e aiutarle ad uscire dal tunnel in cui stanno precipitando. Tra gli altri, entra in contatto con Emily, una giovane malata di cuore. Con lei si prodiga senza risparmio, fin quando tra i due scatta la molla dell'innamoramento. E a quel punto per salvarla non resta a Ben che un gesto estremo...
Regia | Gabriele Muccino |
Sceneggiatura | Grant Nieporte |
Fotografia | Philippe Le Sourd |
Montaggio | Hughes Winborne |
Musiche | Angelo Milli |
Will Smith | Rosario Dawson |
Woody Harrelson | Michael Ealy |
Sarah Jane Morris | Bill Smitrovich |
Elpidia Carrillo | Robinne Lee |
Gina Hecht | Joe Nunez |
Bojana Novakovic | Judyann Elder |
Tim Kelleher | Barry Pepper |
Valutazione Pastorale (dal sito dell'Associazione Cattolica Esercenti Cinema - ACEC)
Giudizio: Complesso, velleitario
Tematiche: Male; Morte; Psicologia; Solidarietà-Amore
Nel 2006 "La ricerca della felicità", primo film di Gabriele Muccino nel cinema americano, fu accolto da un incoraggiante successo. Così il protagonista Will Smith, attore/divo, lo ha confermato ed eccoli di nuovo a lavorare insieme. La storia però è completamente diversa, forse troppo, e corre su un binario a forte rischio di credibilità. Il copione é aggrovigliato oltre misura (i 'sette' destinatari ad esempio non si vedono, forse sono stati tagliati?) ma, soprattutto, è molto ambizioso. Si parla di uno che, per espiare la colpa commessa, decide di pagare a sua volta con la vita, sacrificandosi per gli altri. Un tema 'alto' che ben presto sfugge di mano sia al regista (ingabbiato da una regia tutta primi piani, voce fuori campo, tempi troppo dilatati) sia all'attore (Will Smith attraversa la vicenda con una sola, immobile, dolente espressione, senza una sola sfumatura), provocando un pasticcio incomprensibile. Così il dramma dell'uomo non viene mai veramente fuori, non coinvolge e vira in una serie di inopportune emozioni molto 'costruite', artificiose, telefonate (vedi nel finale l'abbraccio tra Emily e Ezra, con contorno di lacrime e pianti). Il film in questo modo, più che irrispettoso o banalizzante verso altri modi di raccontare le strade del 'sacrificio', risulta presuntuoso, prendendosi troppo sul serio. Dal punto di vista pastorale, é da valutare come complesso e nell'insieme velleitario.
Utilizzazione: il film può essere utilizzato in programmazione ordinaria, tenendo conto di quanto detto sopra sui suoi evidenti limiti. Per evitare equivoci, sarebbe opportuno rendere nota allo spettatore questa scheda di valutazione pastorale. Molta attenzione é poi da tenere per i più piccoli in vista di passaggi televisivi o di uso di VHS e DVD.
"Dopo l'anteprima, una voce amica molto autorevole mi aveva avvertito da
Hollywood: «Mai visto un film più sbagliato...». Ma non tutti la pensano
così. Certo siamo di fronte a un dramma che divide gli spettatori, come ha
scritto Todd McCarthy su 'Variety': o ci stai, o no. Infatti le critiche
sono nettamente spartite, con prevalenza di consenzienti; e i pareri del
pubblico su Internet sono entusiastici. Da che parte schierarsi? (...)
Will Smith è un attore formidabile e lo conferma anche qui finché non ti
stanchi, dopo quasi due ore, di scrutare sul suo volto l'interno affanno. La
regia di Muccino è scattante, brillante, attenta ai particolari; e il testo
di Grant Nieporte parte in modo davvero originale. Ma è ben noto che i
paradossi a pensarci su finiscono per convincere sempre meno. Qualcuno ha
scritto che dopo 'La ricerca della felicità' Smith & Muccino hanno voluto
fare 'La ricerca dell'infelicità'. Se è vero, come sosteneva Strehler, che
bisogna essere maestri di se stessi, interprete e regista si sono rivelati
cattivi maestri. Dal loro successo in comune non hanno imparato granché.
L'ambizione si è intorbidata, la freschezza si è dissolta
nell'intellettualismo, il messaggio si è fatto confuso." (Tullio Kezich,
'Corriere della sera', 9 gennaio 2009)
"S'è parlato tanto della prima scena di sesso nella carriera di Will Smith: ma la sua con Rosario Dawson (che è una donna) è una scena d'amore. Nei film si vedono sempre dei letti, ma quasi mai ci entra chi ama il partner. In 'Sette anime' si ha invece questa sensazione. Così il pochissimo che si vede qui coinvolge più del molto che si vede altrove. Come si distingue un amplesso per amore da uno qualsiasi? Dalla preparazione, dal fatto che lui, ingegnere laureato al Mit di Boston, ripari - prima - una macchina da stampa del 1956 solo per far contenta lei. Una sceneggiatura e una regia con accortezze sono insolite. (...) . Quanto al titolo originale, le sette libbre alludono forse al peso delle anime che gravano sulla coscienza di Will Smith; quanto ai comprimari, Woody Harrelson ha pochi frammenti di film per sé, che in pellicola non pesano forse nemmeno sette libbre: ma restano in mente." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 9 gennaio 2009)
"Genere 'straziante'. Quello che costringe a piangere. Può indisporre. Tuttavia, per quanto indisponente, 'Sette anime' impone rispetto per il carico che si è sobbarcato Will Smith sotto lo schiacciante peso di un personaggio estremo e pieno di ombre, ossessionato dalla colpa e dalla ricerca di redenzione; e per la regia, la seconda firmata con la star da Gabriele Muccino." (Paolo D'Agostino, 'la Repubblica', 9 gennaio 2009)
"I critici statunitensi, con rare eccezioni, hanno picchiato duro, usando toni anche sarcastici, e vai a sapere se l'obiettivo fosse il film, certo ambizioso e inconsueto per gli standard hollywoodiani, o il divo nero, ormai asceso al rango di demiurgo, anzi di potenza industriale per via del fatturato." (Michele Anselmi, 'il Riformista', 9 gennaio 2009)