Domenica 24 aprile - Ore 16:00 e 21:00
Lunedì 25 aprile - Ore 21:00
La vita di John Brennan sembra perfetta fino a quando sua moglie, Lara, viene arrestata e condannata per un omicidio che sostiene di non aver commesso. A tre anni dalla condanna, John continua a battersi per tenere unita la famiglia, a crescere il loro unico figlio, Luke e a svolgere il suo lavoro di insegnante in un college pubblico, tentando sempre di dimostrare l'innocenza della moglie con ogni mezzo a disposizione. Quando la Corte Suprema respinge il loro ultimo appello, Lara tenta il suicidio e John decide che è rimasta solamente una soluzione possibile: organizzare l'evasione della moglie dalla prigione.
Regia: Paul Haggis
Sceneggiatura: Paul Haggis
Fotografia: Stéphane Fontaine
Montaggio: Jo Francis
Musiche: Danny Elfman
Interpreti: Russell Crowe, Elizabeth Banks, Ty Simpkins, Olivia Wilde, Brian Dennehy, Jonathan Tucker, RZA, Liam Neeson, Moran Atias, Lennie James, Sean Huze, Jason Beghe, Nazanin Boniadi, Tyrone Giordano, Michael Buie, Helen Carey, Daniel Stern, Aisha Hinds
Durata: 2 ore e 2 minuti
Siti ufficiali: www.medusa.it - www.thenextthreedaysmovie.com
Si segnala che la riduzione del costo del biglietto prevista dall'iniziativa Vieni al cinema alla domenica sera: costa meno! sarà applicata al lunedì sera anziché alla domenica
Valutazione Pastorale a cura della Commissione Nazionale Valutazione Film della CEI
Giudizio: Consigliabile/problematico
Tematiche: Carcere; Famiglia; Giustizia; Male; Matrimonio - coppia
Il punto di partenza é un film francese che Haggis riscrive e riadatta per l'ambientazione americana. In linea con la propria, acuta attenzione per i temi morali che precipitano imprevisti sull'individuo e lo costringono ad azioni mai ipotizzate, Haggis costruisce a poco a poco il terreno scottante che obbliga Brennan ad agire. Il piano congegnato dall'uomo appare così quasi logico e 'inevitabile', poco contando infine se lungo il percorso egli spara e uccide senza problemi. L'omicidio ignorato si colloca su quella scia delle decisioni etiche da prendere o subito o mai più. Si tratta del momento della 'scelta', difficile e determinante, al quale Haggis aggiunge l'altro fronte, ugualmente scivoloso, del 'fato', della casualità, del destino ingovernabile ma qui determinante (le foto che arrivano un secondo dopo; il bottino che resta nascosto nel tombino). Siamo allora padroni o no delle nostre azioni? E la donna é colpevole o innocente ? Le domande restano nell'aria, insieme a quella sorta di libertà negata che è negli occhi dei fuggitivi arrivati a Caracas. Meno incisivo di altri titoli e copioni di Haggis, il film, dal punto di vista pastorale, é da valutare come consigliabile e nell'insieme problematico.
Utilizzazione: il film può essere utilizzato in programmazione ordinaria. Attenzione è da tenere in seguito per minori e piccoli in vista di passaggi televisivi o di uso di dvd e di altri supporti tecnici.
Film della svolta per Haggis, che gioca col thriller per riannodare i fili con la Storia (americana): ottimista, ma poco credibile
L'identità americana, che altro? Il cinema di Paul Haggis se n'é sempre fatto carico, interrogandone presupposti e derive, intercettandone i mutamenti, ridiscutendone capisaldi e retorica. Crash affondava il bisturi nel ventre molle del melting pot, radiografando sospetti e veleni di una convivenza nella diversità basilare in teoria, impossibile di fatto. Nella valle di Elah era il film sul reduce di un paese che non si riconosce più, sprofondato in una guerra dove non l'innocenza ha perso - sepolta già in Vietnam - ma la rotta, la carta d'identità. Un percorso problematico, fecondo, mai disfattista, che alla bandiera stelle e strisce guarda non per ammainarla, ma per capovolgerla. Un cinema in cui la questione dello stile è semplicemente fuori questione, aggirata dalla sintassi della realtà. Che dopo l'11 settembre è stata riscritta ex novo. Per immagini, e non solo. Haggis s'inserisce in questo filone, lo cavalca con le certezze del cinema classico (la forma) e le indecisioni di una narrazione spezzata (la sostanza). La sua e (anzi: é) quella del popolo. Nella più classica pastorale americana il personale tracima nel collettivo, il biografico nello storico.
Fedele alla linea è anche questo The Next Three Days, terza prova in regia dello sceneggiatore maggiormente quotato ad Hollywood, probabilmente la meno ruscita. Al netto di una bella colonna sonora (di Danny Elfman, con due brani originali di Moby) e di una buona interpretazione del protagonista (Russell Crowe), Haggis non riesce a trovare un equilibrio e - quindi - una ritmica convincente tra il passo serrato dell'action e la curva dei moti dell'anima. Alcuni personaggi non si capisce che funzione abbiano (vedi quello di Olivia Wilde), mentre nessuna delle tre relazioni principali del film viene risolta a dovere: non quella tra Crowe e la moglie, non quella tra Crowe e il figlio né tantomeno quella tra Crowe e il padre. Delude insomma la scrittura - orrore per uno sceneggiatore come Haggis! - in cui troppe incongruenze vengono accettate nel nome dell'idea. Quale? Nel "riscrivere" il plot di un onesto thriller francese - Pour elle di Fred Cavayé (2008) - Haggis tenta il remake d'autore, adattando il genere a una poetica (la sua), la trama al (meta)racconto sull'America. Solo lo camuffa un po', lavora di metafora. Se la domanda del film originale era "cosa faresti se la persona che ami venisse arrestata improvvisamente e portata via?", quella sottesa al rifacimento USA diventa: "Come reagire di fronte alle falle di un sistema che si credeva a prova di errore?". Poco importa che le crepe si aprano sul fronte giudiziario - è un equivoco a condannare al carcere a vita la moglie di un imbolsito professore universitario: Russell Crowe - o nelle torri gemelle. La sostanza è la stessa: l'irruzione dell'inaudito nel razionale.
Lo shock identitario, sembra dirci Haggis, scaturisce dalla messa in crisi dei modelli logici e previsionali su cui la superpotenza ha costruito profilo e progressive sorti. Modelli che hanno sposato l'ottimismo della volontà radicato in una terra costruita da pionieri e cercatori di fortuna. Il calcolo e la scommessa, la tecnica e l'istinto. Al piano di evasione architettato da Crowe - unica opzione per liberare l'amata - concorrono entrambe le spinte. E riesce nonostante il vizio di forma: l'illegalità. Del resto la mitologia americana ha sempre barattato volentieri la giustizia con la legge (La legge sono io titolava un film hollywoodiano di parecchi anni fa), il giustiziere con il giudice. Solo così si comprendono gli strappi "al diritto" della politica estera stelle e strisce dopo l'11 settembre. E non è affare di destra o sinistra, Bush o Obama. Lo stesso Haggis è un liberal, ma questo film - crediamo - non dispiacerebbe ai conservatori. E se qualcuno avesse ancora dubbi sulle intenzioni alla base del progetto, il finale li scioglie in montaggio parallelo: da una parte Crowe e famiglia felicemente latitanti in Venezuela, dall'altra un poliziotto ostinato che a distanza di anni ritorna sulla scena incriminata e ribalta la sentenza fallacemente scritta nei tribunali: la donna era veramente innocente. Così Haggis può tranquillizzare la coscienza della nazione e saldare di nuovo ragione del singolo e diritto, illecito e legittimo, individuo e comunità. The Next Three Days è il film della svolta, la prima pietra sulle macerie delle torri. La ferita può essere assorbita, l'eccezione affrontata se, e solo se, ciascun cittadino - esemplare che a indicare la strada sia un professore, il "maestro"- sarà in grado di rimboccarsi le maniche e lavorare alla riparazione dell'ordine scalfito.
Per riannodare i fili del destino e della logica, serve insomma un'impresa folle ma ragionevole. Paradossale per il senso comune, poco plausibile persino per il cinema. (Gianluca Arnone)
"Il professorino Russell Crowe è timorato della Legge, ma la Legge gli rinchiude la moglie: due pesi due misure, si farà giustizia da solo, prendendo un po' da 'A-Team' e un po' da 'MacGyver'. Se già non bastasse, Paul 'Cuor di Coniglio' Haggis tira il bottone (vedere per credere...) e nasconde la mano: la spiega finale fa di azione privata pubblica virtù, perché l'America è cosa buona e giusta e si scappa in Venezuela, non a Guantanamo. Ma chiediamo troppo: è un triduo senza passione, noioso e zeppo di inverosimiglianze, con Liam Neeson in cammeo nonsense, Olivia Wilde che è bella ma non balla e Crowe pallida copia. La sensazione che Haggis sia un bluff, viceversa, si avvicina alla certezza." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 7 aprile 2011)
"Russell Crowe, che in 122 minuti invecchia a vista in primo piano, ha ancora una beautiful mind in questo iper thriller nel cui Dna circola anima romantica. (...) Tensione borghese hitchockiana-polanskiana medioalta anche se un po' prolungata." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 8 aprile 2011)
"Il film dura venti minuti di troppo, come esagerata è la goffaggine della polizia; per non parlare di certi accadimenti inverosimili. I venditori di palle da tennis faranno affari d'oro dopo la scoperta che si possono utilizzare per rubare auto." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 8 aprile 2011)
"Piacerà agli amatori del melodramma d'azione, certamente. II movimento, le scene madri, i colpi di teatro che ti tengono inchiodato alla poltrona. Ora, perché il mèlo d'azione funzioni è necessario che lo spettatore s'identifichi col personaggio, soffra, ami, dia fuori di matto come lui. E perché ciò avvenga ci vuole il signor attore. Russell Crowe è tra i pochi al mondo in grado di coinvolgere. Meglio, di esser credibile nella metamorfosi da borghese piccolo piccolo a Rambo dei penitenziari. II film negli Usa ha avuto contrastate accoglienze. I più delusi sono stati gli ammiratori di Paul Haggis. Ma come, il regista premio Oscar di 'Crash' si arrende al cinema di consumo? In realtà i grandi di una volta (Hawks, Ford, Wyler) si arrendevano al consumo tre volte ogni cinque film. L'importante è come lo fai. Haggis lo fa (e lo scrive) alla grande. Spremendo ogni fazzoletto possibile in sala nella prima parte e concentrando tutta l'adrenalina nella seconda." (Giorgio Carbone, 'Libero', 8 aprile 2011)
"Un thriller con Russell Crowe protagonista sembra perfetto per le platee del week-end e, qualora se ne riconosca la firma, il suo richiamo è destinato ad accrescersi. (...) Misurandosi stavolta con la difficile arte del remake, Haggis ha ripreso 'Pour elle', diretto dal giovane francese Cavayé e interpretato dalla coppia Lindon/Kruger nel 2007, per trarne un film insieme d'autore e commerciale, più consono cioè alle sue ambizioni d'intellettuale popolare. La combinazione, tutto sommato, non riesce, ma non si può dire che il racconto sia privo di un'astuta strategia e degli occorrenti contrappunti di pura adrenalina. (...) Risparmiando sui fastidiosi didascalismi, con i quali vuole con buona coscienza d'autore convincerci che non si è sporcato le mani invano con un genere d'intrattenimento, Haggis avrebbe potuto avvicinarsi un po' di più alla solare semplicità del suo maestro Eastwood." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 8 aprile 2011)
"Un attore è grande quando il suo pubblico gli crede, ovvero crede nei suoi personaggi. Il neozelandese Crowe questo dono lo possiede: che sia il genio schizoide di 'Beautiful Mind' o l'eroico generale romano di 'Gladiator', lo spettatore lo segue, gli dà la sua fiducia. In 'The Next Three Days', Russell impersona un universitario che fa evadere di prigione la moglie condannata per omicidio. Un'impresa folle: è evidente che le possibilità di farcela sono minime e per di più c'è anche un figlioletto coinvolto. Remake di 'Pour elle' con Vincent Lindon, il film porta la firma di Paul Haggis, regista e sceneggiatore Oscar di 'Crash' e nominato per il copione di 'Million Dollar Baby'. (...) Interpreti e regista hanno saputo creare partecipazione sulla tragedia che ha investito una famigliola un tempo felice. Ma è qui che si verifica lo scarto di plausibilità: se a questo punto Haggis avesse tirato fuori di Crowe l'aspetto di supereroe capace di imprese rocambolesche, la vicenda sarebbe rientrata nell'ambito convenzionale del prodotto di genere e nessuno si sarebbe posto domande. Invece l'agire realistico del personaggio, con tutte le difficoltà psicologiche del caso sottolineate, rischia di appesantire il thriller, suscitando al contempo dubbi sulla verità del dramma. E tuttavia, realizzato con sapienza e benissimo recitato, lo spettacolo resta solido e appassionante." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 8 aprile 2011)
"Il tema dell'innocente che deve faticosamente difendersi da un'accusa ingiusta ha precedenti illustri, sia in letteratura, Kafka, sia al cinema, Hitchcock. Oggi, in questo film americano scritto e diretto da Paul Haggis ('Crash', 'Nella Valle di Elah') sulla filigrana di un film francese di qualche anno fa, si propone con una variante (...) Quasi sempre in primo piano Russell Crowe che riesce magistralmente a tenere in equilibrio il suo personaggio tra impeti, e dolori, imponendosi con una recitazione all'altezza delle sue migliori, da quella premiata con l'Oscar per 'Il Gladiatore' a quella di 'Beautiful Mind'. Gli dà la replica Elizabeth Banks, la moglie cui sacrificherà tutto." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo cronaca di Roma', 8 aprile 2011)
"Con indubbi rimandi alle trame di film di Alfred Hitchcock, ne adegua la vicenda ai canoni hollywoodiani dell''action movie', stemperandone la tensione, magistralmente costruita, nel respiro accordato ad una storia di intensi affetti e nella delineazione di personaggi problematici e credibili. (...) 'The Next Three Days' ('I prossimi tre giorni') non vuol essere una denuncia sul modo di operare degli organismi giudiziari: è un solido thriller con diverse sequenze visivamente pregevoli, ricche di 'suspense', un valido film d'azione dal tessuto espositivo strutturato in un dinamismo definito 'limpido e ritmico, senza eccessi allegorici e languide metafore'. Senza cedere alla insidie del melodramma e senza attardarsi sulla eventuale innocenza o colpevolezza di Lara, Paul Haggis narra le traversie di un uomo profondamente innamorato della moglie e, contemporaneamente, introduce notazioni e suggerisce considerazioni sulle relazioni, sugli incontri fra i personaggi, quasi a voler fornire l'immagine di tanti piccoli mondi abitati da entità gelose del proprio privato e pronte a difenderlo, incuranti della Legge." (Achille Frezzato, 'Eco di Bergamo', 8 aprile 2011)