Sabato 5 marzo - Ore 21:00
Domenica 6 marzo - Ore 16:00 e 21:00
Gianni, sessant'anni ben portati, è un uomo normale, diciamo così. Ha una natura mite e un'immensa capacità di sopportazione. E' al servizio di sua moglie che lavora e ha mille impegni, della figlia che adora, del fidanzato della figlia, giovane nullafacente che si è piazzato in casa e che ormai lui ama come un figlio, del cane, del gatto. Dulcis in fundo, c'è sua madre, novantenne nobildonna decaduta, che si ostina a vivere nella vecchia villa alle porte di Roma facendo allegra finanza, con badanti che vanno e vengono. La sua vitarella scorre monotona fra commissioni, passeggiate con il cane e faccende domestiche, del resto è in baby pensione e di tempo ne ha fin troppo. Un giorno, l'amico Alfonso gli fa aprire gli occhi...Dello stesso regista: Pranzo di Ferragosto
Regia: Gianni Di Gregorio
Sceneggiatura: Gianni Di Gregorio
Fotografia: Gogò Bianchi
Montaggio: Marco Spoletini
Gianni Di Gregorio, Valeria Bendoni, Alfonso Santagata, Elisabetta Piccolomini, Valeria Cavalli, Aylin Prandi, Kristina Cepraga, Michelangelo Ciminale, Teresa Di Gregorio, Lilia Silvi, Gabriella Sborgi, Silvia Squizzato, Laura SquizzatoDurata: 1 ora 30 minuti
Valutazione Pastorale (dal sito dell'Associazione Cattolica Esercenti Cinema - ACEC)
Giudizio: Consigliabile/brillante
Tematiche: Donna; Famiglia - genitori figli; Matrimonio - coppia
Due anni e mezzo dopo l'inatteso ma meritato successo di "Pranzo di ferragosto", Gianni Di Gregorio torna a proporsi come autore/attore/regista. Assumendo ancora come scenario ideale una Roma estiva armoniosa, colorita, suadente, Di Gregrorio recita nel ruolo di se stesso, un pensionato sessantenne con moglie e figlia che gli sfuggono di mano, e con il proposito di ammazzare la noia, provando a cambiare il corso naturale delle cose. "La malinconia di essere diventato trasparente agli occhi femminili é il motore che regge tutto il film" dice Gianni, e aggiunge: "La mia é una comicità passiva, il mio modo di raccontare e di difendermi, forse perché sono cresciuto da figlio unico, in una casa con le tende sempre chiuse e leggendo Leopardi già a 8 anni. La mia reazione é stata ridere su tutto, tenere lontana la sofferenza". Indolente e privo di reattività, Gianni attraversa la disarmonia quotidiana, forte della propria capacità di assorbire i guai con un sorriso, uomo all'apparenza senza qualità ma invece pronto a stemperare problemi e arrabbiature grazie ad uno sguardo, ad un gesto impercettibile, all'abbandono al ricordo. Incapace di dire di no alla mamma ultranovantenne, impersona una comicità timida e romantica, il prototipo di una persona che 'vive e lascia vivere', con tutti i pregi e i difetti che ne seguono. In più momenti di tono amarognolo, il film, dal punto di vista pastorale, é da valutare come consigliabile e nell'insieme anche brillante.
Utilizzazione: il film é da utilizzare in programmazione ordinaria, e in altre occasioni come proposta di film italiano scorrevole e misurato. Qualche attenzione per i più piccoli in vista di passaggi televisivi o di uso di DVD e di altri supporti tecnici.
Retrogusto amaro per un altro Pranzo di ferragosto. Di Gregorio perde in compattezza, ma conserva brio e levità
Se Pranzo di ferragosto era stata una piacevole sorpresa, Gianni e le donne è una gradita conferma. Di Gregorio stavolta non deve inventare nulla, può sfruttare la fortuna del film di esordio, mantenerne format e umori, rammendando una poetica sfilacciata per natura e incerta da programma.
Rispetto a Pranzo di ferragosto, l'impianto narrativo di Gianni e le donne è ribaltato: là il protagonista era il "giovane" ostaggio di un gineceo di anziane signore; qua invece l'anziano è lui, e il target donne più acerbe. Gianni (ancora una volta Di Gregorio sceglie di essere personaggio di "se stesso") è un sessantenne dal carattere mite, sopraffatto da una madre spendacciona e oppressiva, una moglie committente e una figlia svampita con fidanzato nullafacente sul groppone. Ordinaria amministrazione per l'ex convitato del Pranzo di ferragosto, se non fosse che il nostro vessatissimo maschio di burro viene colto da un sussulto di fregola, complice l'attivismo di un coetaneo arzillo e ottimista che prima lo esorta a trovarsi un'amante, poi lo coinvolge in goffe manovre di adescamento e infine lo imbocca a Viagra e case di appuntamenti. Ogni volta un buco nell'acqua, e quando è Gianni in persona a prendere l'iniziativa lo sconforto, se possibile, è anche più grande: una badante rumena lo vede come un nonno, un soprano lo invita a casa e poi se ne dimentica, la ex fiamma si addormenta sul divano, e una bella inquilina prodiga di attenzioni e vezzeggiativi gli affibbia ogni volta il San Bernardo da portare a passeggio.
Di Gregorio ripropone motivi e chiodi fissi del debutto - il vino bianco e la chiacchiera, il malinteso e il sottobosco romano - rubricandoli sotto un registro più convenzionale, in cui il ricorso alla gag tradisce l'intenzione di fare una commedia di situazione e un film più compatto. Il risultato è comunque sgangherato, e non potrebbe essere diversamente. Quella di Di Gregorio è una comicità estemporanea, che fa leva sulla naturale simpatia dei suoi interpreti (azzeccati ancora una volta cast e fisionomie di contorno, ma la parte del leone tocca nuovamente alla ultranovantenne Valeria de Franciscis Bendoni), l'understatement retorico e una straordinaria leggerezza di tocco. Paragoni eccellenti a parte (Tati), quello di Di Gregorio è un cinema popolare che conserva un'ineludibile impronta indie e che riesce a trasformare le sue debolezze - il basso budget, i limiti tecnici - in punti di forza. Sincero, sornione, contrappuntato da una bella colonna sonora (c'è spazio persino per un classico dei Pixies, Here Comes your Man) Gianni e le donne rivela inoltre un malinconico retrogusto senile, controcorrente e inaspettato. Nell'Italia del bunga bunga e dei procacciatori di carne, questi vecchietti che mal si rassegnano e vanno in bianco suscitano solo tenerezza e rimpianti. (Gianluca Arnone)
Critica "La prima garanzia di successo-bis è proprio una delle vecchiette, la più clamorosa; quella che nel primo film interpretava già la mamma di Gianni: Valeria Bendoni, una non-attrice di 95 anni che con un po' di tempo a disposizione (gliene auguriamo parecchio) diventerà una diva planetaria, soprattutto se qualche regista saprà andare oltre il ruolo di 'mamma di Gianni' e sfrutterà le sue potenzialità horror. (...) La struttura rapsodica, senza più l'unità di tempo e di luogo - anche lievemente claustrofobica - imposta dal pranzo, permette a Di Gregorio di giocare sul frammento, sulla digressione, sulla coazione a ripetere. Lo fa con maestria, senza annoiare. Anzi, il film è qua e là molto divertente. Nel suo mettersi in scena, Di Gregorio sembra un Woody Allen trasteverino passato attraverso la comicità sospesa, a volte amara, di Nanni Moretti. (...) In realtà 'le donne' del titolo non sono soltanto le belle ragazze che Gianni occhieggia per strada, o la moglie con la quale vive da separato in casa, o l'ex fiamma che rimpiange, o le signore che goffamente corteggia - dalla badante alla cantante lirica che gli preferisce i gorgheggi e, forse, il giovane pianista che l'accompagna. No. 'Le donne' del film sono anche, ad esempio, la madre e la figlia. (...) 'Gianni e le donne' è molto più che un film su Gianni e le sue donne. È il ritratto di una borghesia romana imbranata quanto il suo cantore, e quindi di un'Italia infantile e bloccata, dove la borghesia non è e non è mai stata una classe di governo e di cultura. Gianni e le donnrme non è un film su Berlusconi, perché ci racconta un uomo assai più umano di Berlusconi. Ma è un film che aiuta a capire perché molti italiani trovino Berlusconi simpatico. Non tanto Gianni, che magari è pure di sinistra, quanto coloro che lo circondano." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 11 febbraio 2011)
"Un film sul sesso senza sesso. Una città delle donne amorosamente perimetrata in un fazzoletto di Roma (tetti, scalinate, ponti, terrazze, panchine) compreso fra Trastevere e l'Ara Pacis, Viale Glorioso e piazza Navona. Un esercizio di 'autofiction', genere praticato dal cinema con largo anticipo sulla letteratura, che elabora e dilata il personaggio introdotto da 'Pranzo di Ferragosto' - lo stesso Gianni Di Gregorio, chiamato come tutti nel film col suo vero nome - cambiando sguardo e prospettiva. (...) Qua tutto passa attraverso gli occhi cerchiati e i palpiti un poco sfiatati del sessantenne Gianni Di Gregorio, figlio unico di madre vedova (la sempre spiritosa Valeria Bendoni De Franciscis), una vita che scorre fin troppo quieta fra passeggiate coi cani e commissioni multiple. (...) In pochi tratti una serie di personaggi verissimi e irresistibili, come certe figure di contorno del primo Moretti, che resta il modello più evidente del cinema di Di Gregorio. Anche se naturalmente un conto è fare 'Ecce Bombo' a 25 anni, altro girare a 61 'Gianni e le donne'. (...) Tanto che questo film privatissimo e crepuscolare diventa quasi suo malgrado il manifesto di uno sguardo sul mondo, le donne, il desiderio, che è l'opposto di quello propinatoci da vent'anni di cattivo cinema e di pessima vita pubblica. Senza moralismi o pulsioni penitenziali, al contrario. (...) Una figura che in qualsiasi altro film italiano sarebbe volgare e compiaciuta, mentre qui ha il divertimento, la malinconia, la blanda ma persistente mitomania che sono al cuore di un rapporto con l'eros molto italiano, da Brancati a Flaiano fino a Fellini e oltre; ripreso qui con un'eleganza e una gentilezza che lasciano sperare in una via alla commedia davvero diversa." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 11 febbraio 2011)
"Gianni era già diventato il beniamino del pubblico in 'Pranzo di ferragosto'. (...) Qui il personaggio diventa anche più stilizzato. Se Antoine Doinel avesse continuato la sua saga gli assomiglierebbe per sguardo e una certa timidezza, ma quello che lo caratterizza è il suo modo di prendere la vita con filosofia. Il film è strutturato per sequenze ritmiche che terminano per lo più con una battuta fulminante, alla romana. (...) Gianni si confronta con la sua mezza età e con la sua abitudine a non avere un comportamento fuori luogo, scostumato o poco gentile. Il tutto attraverso una sottile nebbia creata dagli svariati drink che scandiscono le sue giornate (preferibilmente bianco e ben ghiacciato). Romantico, malinconico, divertente, riesce a mettere in scena senza dileggiare le donne che abbiano superato i venti anni, come ha sempre fatto la nostra commedia più blasonata. Anzi le mette in mostra come gioielli preziosi e lo sono, a cominciare da donna Valeria de Franciscis (...), qui elegantissima novantenne in una serie di toilettes da mattina, pomeriggio e sera appartenenti al suo guardaroba, e poi Lilla Silvi, la grande mascotte del cinema italiano degli anni quaranta, in coppia quasi sempre con Amedeo Nazzari, più le ragazze, dalla figlia adolescente dello stesso regista (Teresa Di Gregorio), a tutte le altre mai sfiorate da volgarità. Uno sguardo a cui il cinema italiano non è certo abituato, come non lo è alla sottigliezza allusiva che rimanda, senza sbandierarla, al degrado di una società. Proprio come hanno fatto per secoli i romani, abituati a vederne tante, ad esempio cadere tanti imperatori, uno dopo l'altro." (Silvana Silvestri, 'Il Manfesto', 11 febbraio 2011)
"Gentile, servizievole, un poco alticcio anche fuori pranzo di Ferragosto, Gianni Di Gregorio ci ripropone il suo ego edipico multiplo ancora diviso tra mammà e le sue amiche. Ma i 60 anni lo rendono invisibile alle donne e, seminando indizi felliniani, il regista ci racconta dall'interno un sentimento di gran malinconia, impotenza, solitudine appena coperto da una commedia familiare che si toglie sassolini verso i giovani ma omaggia le vecchie. A tavola non s'invecchia, ma fuori sì, e molto." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 11 febbraio 2011)
"Meno male che Gianni c'è: per il nostro cinema, e non solo. Continua a cantare la vecchiaia - no, non la terza età, proprio la vecchiaia - Gianni Di Gregorio, che già aveva servito un genuino 'Pranzo di Ferragosto' per le sue arzille cariatidi: con l'opera seconda, autobiografica per titolo, riflette il declino dell'appeal maschile al calar della vita. Fantascienza a sentir le cronache, poesia a dar retta al cuore, un gioiellino à la Tati, ma sensibilmente nostrano: la città delle donne Di Gregorio se la immagina, non la porta a casa, dove, viceversa, pernottano due adolescenti più veri del vero, che i nostri teen-movie se li sognano. E poi c'è lui: sempre più sosia di Takeshi Kitano (a quando uno yakuza movie?), cerca l'avventura, trova l'irresistibile leggerezza della comicità e torna da mammà (Valeria de Franciscis, un miracolo). Se volete riconciliarvi con la vita e le sue stagioni, Gianni e le donne è il vostro film." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 11 febbraio 2011)