Nell'anno 2035, la tecnologia e i robot sono ormai parte della vita quotidiana, elementi di cui ci si può fidare completamente. Solamente un uomo, il Detective Del Spooner, solo contro il sistema, vede il pericolo per ciò che è realmente...
Sabato 13 novembre | Ore 21:00 |
Domenica 14 novembre | Ore 16:00 e 21:00 |
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Regia | Alex Proyas |
Sceneggiatura | Jeff Vintar |
Will Smith | |
Bruce Greenwood | Chi McBride |
James Cromwell | Bridget Moynahan |
Valutazione Pastorale (dal sito dell'Associazione Cattolica Esercenti Cinema - ACEC)
Giudizio: Accettabile, problematico, dibattiti
Tematiche: Fantascienza; Letteratura
Sulla base di un soggetto originale che però richiamava alla mente alcuni racconti di Isaac Asimov, Alex Proyas (già regista de "Il corvo" e dell'interessante "Dark city") mette in scena una vicenda dedicata al nostro futuro prossimo venturo. E'curioso infatti notare come le date di svolgimento delle storie di fantascienza siano sempre più vicine. Qui siamo nel non molto lontano 2035 (ancora meno di quando Kubrick, nel 1968, parlò del 2001) e i robot camminano tranquillamente per le strade insieme a uomini e donne. Scenario impossibile in tempi così rapidi? Forse ma comunque suggestivo, perché permette di tornare a parlare del rapporto uomo/macchina, tema vecchio e sempre attuale. L'uomo crea la macchina ma poi ne perde il controllo; la macchina é programmata secondo certi schemi ma a questi poi si ribella. "La creatura deve proteggere il creatore" dice Sonny per motivare il proprio gesto estremo verso Lanning. Così torniamo ad interrogarci sull'illusione che esista una intelligenza artificiale (vedi Spielberg), su una vita meccanica che non è vita, su una logica scientifica che spesso mostra grosse carenze. L'indagine del detective si chiude sulla constatazione che l'uomo cessa di essere uomo quando non rispetta le differenze e che la perfezione prodotta in serie spesso genera infelicità. Tutti temi seri, nuovamente suggeriti da un film certo non nuovissimo, in qualche passaggio un po' convenzionale, ma adatto a stimolare nuove riflessioni. Dal punto di vista pastorale, é da valutare come accettabile, problematico e adatto per dibattiti.
Utilizzazione: il film é da utilizzare in programmazione ordinaria e da proporre per affrontare i temi sopra indicati, anche affiancandolo ad altri, famosi titoli che si sono mossi sugli stessi argomenti.
"L'australiano Proyas ('Dark City', 'Il corvo') sa prendere lo spettatore alla gola giocando su due fondamenti del terrore: l'Indistinto (nugoli di robot assassini, come lo sciame di piovre di 'Matrix 3' o i mostri infiniti di 'Aliens'); e il Diverso, anzi il quasi-umano e in quanto tale ancora più inquietante. Onore al robot disegnato da Patrick Tatopoulos, che non solo sogna e conta balle, ma soffre di accessi di collera violenta, come il più imperfetto degli umani. Ed esprime sentimenti come inganno, malizia, minaccia, intesa, tristezza... Altro che nascita della coscienza (e rivolta degli schiavi, come già in 'Metropolis' o 'Fight Club'). Il vero tema del film è la nostra capacità di simulare e riprodurre le emozioni più intime. A che scopo? Forse 'Io, robot' non parla del futuro, ma del presente." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 22 ottobre 2004)
"Il regista australiano Alex Proyas ('Dark City', 'Il corvo') si confronta in 'Io, robot' con un must della fantascienza, riveduto e corretto da classici moderni come 'Star Wars', 'Terminator' o 'A.I. Intelligenza Artificiale' e, costeggiando la routine d'azione rinforzata dagli effetti speciali, propone uno spettacolo abbastanza riuscito e divertente. Certo la densità concettuale di Isaac Asimov, racchiusa nell'omonima raccolta di racconti (1941-1950), viene scavalcata da un copione che ne sfrutta solo le atmosfere e si sviluppa in modo autonomo; eppure l'aggiornato intrigo poliziesco conta sul notevole ritmo di sparatorie e inseguimenti e su di un'ingegnosa combinazione degli elementi visivi e scenografici basilari del genere. (...) L'aspetto più trito del film riguarda il ribellismo alla 'Metropolis' dei robot e l'annesso volantino anti-industriale; anche se, a pensarci bene, il più ferrigno e leninista del lotto è proprio il palestrato protagonista, a sua volta in parte robot, che non si fida delle lattine, reagisce, s'accanisce e schiaccia le loro aspirazioni libertarie. (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 23 ottobre 2004)
"Se la pagina di Asimov è densa di umori di sessant'anni fa, il film di Proyas lo è di quelli degli ultimi venti. Ma una trovata di sceneggiatura salva il film dalla banalità: mettere accanto alla robopsicologa un poliziotto manesco e mammone, cacciatore di robot, visibilmente discendente di vecchi schiavi e visibilmente ostile ai nuovi. Infatti il neoarrivato la libertà non vuol sempre condividerla ulteriormente. E poi c'è sempre qualcuno prima e dopo nella scala gerarchica. Chi è dopo non è necessariamente migliore di chi è prima. E viceversa. Tenerlo presente rende 'Io, robot' qualcosa di più del rifacimento di 'Blade runner', ma non lo rende un bel film." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 22 ottobre 2004)
"Associata a quella di Asimov, la fantasia visionaria di Alex proyas ('Il corvo', 'Dark City') avrebbe potuto fare grandi cose. Invece il regista si è limitato a confezionare un film d'azione ad alta tecnologia mettendo il pilota automatico: buon senso della logistica dell'inquadratura, inseguimenti mozzafiato, un migliaio di effetti visivi; ma, sostanza, poca. Senza aspettarsi riflessioni risolutive circa 'evoluzione delle macchine e i loro rapporti con l'umano, qualcosa di più del solito blockbuster sembrava legittimo aspettarselo. Né 'Io, robot' si sforza di aprire parentesi sul fronte sentimentale, dato che i rapporti tra il poliziotto e la sua assistente Susan sono meccanici come il resto. In un mondo di robot umanizzati e di star umane utilizzate come robot, il migliore in campo è l'attore sconosciuto Alan Tudyk, la cui mimica fa muovere il robot NS-5, creatura integralmente digitale." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 22 ottobre 2004)
"Sul tema del mondo dei robot, incubo obbligatorio del nostro futuro, si sono provati tutti, da Sordi (la sua 'Caterina', per uso domestico) a 'Terminator', dalla Kidman meccanica al prossimo 'Sky Captain'. Ma è su 'Io, robot' che s'accende la querelle: ispirato più al cine soggetto di 'Hardwired' che a 'Iniziativa personale', un racconto di Asimov ripubblicato da Mondadori, il film di Alex Proyas, il dark autore del 'Corvo', si vanta dei mille effetti visivi speciali (cui va aggiunta la pubblicità pochissimo occulta). Nonostante le tre leggi kantiane robotiche del libro, esso rischia di confondersi tra i troppi film al computer dove vince l'etica del trucco, le suadenti visioni di una società clonata a misura di robot, che saranno anche direttori d'orchestra. (...) Agendo solo con le macchine, anche il film è meccanico, senza sangue né polso e si concede le solite stravaganze spettacolari come il lungo inseguimento d' auto. 'Io, robot' è un involucro vuoto dal rumore metallico, seducente come traiettoria futurista di linee, grafica e rumori. Sembra una macchina celibe che non induce in tentazione né filosofica né sentimentale: qualche stupore però nessuna commozione." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 23 ottobre 2004)