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Tom, un medico americano, riceve l'improvvisa notizia della scomparsa del figlio, morto sui Pirenei mentre stava percorrendo i primi chilometri del Cammino di Santiago. Padre e figlio avevano interrotto i rapporti da tempo e Tom, nel tentativo di recuperare il loro legame e affrontare il dolore per la perdita, decide di partire per recuperarne i resti e continuare il percorso verso il Santuario, portando con sé le ceneri del figlio. Lungo il suo cammino, l'uomo incontrerà diversi compagni di viaggio, ognuno con il proprio desiderio da realizzare sulla strada...
Regia: Emilio Estevez
Interpreti: Martin Sheen (Tom), Emilio Estevez (Daniel), Deborah Kara Unger (Sarah), Yorick van Wageningen (Joost), James Nesbitt (Jack), Tchéky Karyo (Capitano Henri), Ángela Molina (Angélica), Carlos Leal (Jean)
Sceneggiatura: Emilio Estevez
Fotografia: Juan Miguel Azpiroz
Montaggio: Raùl Dàvalos
Scenografie: Víctor Molero
Costumi: Tatiana Hernández
Musiche: Tyler Bates
Durata: un'ora e mezzo
Ennesima grande prova di Martin Sheen. Al servizio del figlio per un’opera sul senso della fede
Dopo il sorprendete Bobby del 2006, lavoro corale che ruotava intorno alla figura tragica del senatore Robert Kennedy nel giorno del suo assassinio, Emilio Estevez si conferma regista in cerca di un suo timbro personale con questo film molto più piccolo ma altrettanto sentito. Questa volta il protagonista è un solo uomo, messosi in marcia alla ricerca della memoria del figlio deceduto durante il percorso verso Santiago de Compostela.
Il titolo originale The Way è senz’altro più appropriato per un’opera che parla di fede in senso più ampio, il che non significa per forza specificamente di religione. Anche se in qualche scena non riesce a evitare alcuni didascalismi, il lavoro di Estevez è denso di emozioni, trasmesse al pubblico dalla prova egregia del padre Martin Sheen.
Ci troviamo di fronte a uno dei più grandi attori della storia del cinema contemporaneo, che in carriera avrebbe meritato molti più riconoscimenti di quelli ottenuti. Con la sua interpretazione sommessa e insieme dolorosa Sheen tratteggia la lacerazione interiore del suo personaggio come soltanto i migliori sanno fare. E’ a lui, oltre che a un film sincero anche nei suoi difetti, che va la nostra ammirazione. (Adriano Ercolani)
"La famiglia Estevez, in arte Sheen, ha girato con papà Martin protagonista diligente e il figlio Emile regista (assente Charlie, l'altro rampollo discolo di 'Wall Street') un curioso film on the road dell'anima che prende a prestito i canoni del dramma con fauna di varia umanità, tutti in panne. Gli americani quando affrontano la spiritualità lo fanno come la sfida all'Ok Corral ma qui si salvano tutti: happy end generale con lo scroscio delle onde che porta in dolby stereo il mistero dell'eternità. (...) Girato sui luoghi del rimorso, Estevez, al suo sesto film fra cui il migliore resta 'Bobby', ha il coraggio d'andare controcorrente con un film sul miracolo della fede e sul mistero di altre cose che neanche Santiago risolve: come mai, per esempio, il ribelle col ciuffo Martin Sheen di 'Apocalypse Now' e 'La rabbia giovane' ora è diventato un medico di piccole aspirazioni e cataratte, ha cambiato peso ed espressione? Fosse stato negli anni 50, il regista Emile avrebbe girato 'Bernadette', se avesse l'humour nero cinico e la fede atea di Buñuel ci avrebbe dato 'La via lattea', che, sullo stesso percorso, raccontava la storia del cristianesimo, di santi, dogmi, visioni, eresie. Qui siamo nel regno del convenzionale, ma con una forma di racconto rispettosa di ogni credenza, senza volar di retorica, senza segni rossi o blu di morale, accelerando sul finale il méelo e ricattandoci con la dedica al nonno." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 29 giugno 2012)
"È veramente molto difficile che un nordamericano riesca a parlare in modo plausibile di cose e luoghi che non appartengono al suo orizzonte di vita, cultura, esperienza, nella stragrande maggioranza dei casi limitato a casa propria identificata come centro dell'universo. Non è senza dispiacere che si dice questo anche a proposito del film 'II cammino per Santiago' in cui, malgrado l'esito banale e turistico, si percepisce un sincero affiato, uno sforzo di adesione e comprensione. In effetti, a quanto pare, l'impresa condivisa da Martin Sheen protagonista con il figlio Emilio Estevez regista (ma anche presente come interprete), affonda nel reale interesse del celebre attore che tutti ricordiamo come capitano Willard in 'Apocalypse Now', per il significato e il valore spirituale del famoso pellegrinaggio che dai Pirenei francesi conduce al maestoso e severissimo santuario che in Galizia, estremo lembo della Spagna nord occidentale, è intitolato all'apostolo Giacomo." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 29 giugno 2012)
"Un ritorno alla terra di origine, ma anche un viaggio spirituale alla ricerca di se stessi e di Dio: arriva nelle sale 'Il cammino per Santiago' diretto da Emilio Estevez e interpretato dal padre Martin Sheen, originario della Galizia e vero ispiratore della pellicola." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 29 giugno 2012)
"Piacerà a chi aveva apprezzato l'opera precedente di Estevez 'Bobby' e si chiedeva che fine avesse fatto il figlio biondo di Martin Sheen. Bene, il biondo è ancora in sella talentuoso e stimolante. E mica male autobiografico (quanto c'è nel film del rapporto personale tra Martin Sheen e figlio...)." (Giorgio Carbone, 'Libero', 29 giugno 2012)