Sabato 25 maggio - Ore 21:00
Domenica 26 maggio - Ore 21:00
Miglior attrice protagonista a Jennifer Lawrence
Pat Peoples, ex insegnante di storia delle superiori, è stato appena dimesso da un istituto per malattie mentali. Pat si ostina a credere di essere stato in cura per pochi mesi e non per quattro anni e ha intenzione di riconciliarsi con l'ex moglie. Rifiutando l'idea che sia passato così tanto tempo e che la loro sia una separazione definitiva, Pat trascorre i giorni nell'attesa febbrile della riconciliazione cercando di diventare l'uomo che la moglie ha sempre desiderato. Nel frattempo però viene inaspettatamente distratto da una bella e problematica vicina di casa..
Regia: David O. Russell
Interpreti: Bradley Cooper, Jennifer Lawrence, Robert De Niro, Julia Stiles, Taylor Schilling, Chris Tucker, Shea Whigham, Dash Mihok, John Ortiz, Anupam Kher, Jacki Weaver, Bonnie Aarons, Brea Bee
Sceneggiatura: David O. Russell
Fotografia: Masanobu Takayanagi
Montaggio: Crispin Struthers, Jay Cassidy
Musiche: Danny Elfman
Durata: 2 ore e 2 minuti
Nevrotico, commovente, brillante: da applausi il paso doble Cooper-Lawrence, firmato David O. Russell
Il lato positivo non è (solo) una commedia romantica. Bradley Cooper sa essere stupefacente anche senza i fumi tossici di Una notte da leoni. De Niro ricorda semplicemente De Niro.
Se le sorprese non mancano nell’ultimo colpo messo a segno dai fratelli Weinstein, a confermarsi su livelli altissimi sono Jennifer Lawrence - 22 anni, l’Oscar e una maturità degna della splendida collega, Jacki Weaver - e David O. Russell che, due anni dopo The Fighter, sferra un altro gancio micidiale allo stomaco dello spettatore, mandando al tappeto anche il più compassato.
Gli americani ci hanno insegnato che il cinema è fatto di geometrie, moduli narrativi ingessati, macchine produttive super-corazzate, astuzie commerciali ed eccellenza. Tutte cose in effetti che ritroviamo nell’adattamento del romanzo di Matthew Quick (L’orlo argenteo delle nuvole), ma che da sole non ne spiegherebbero l’unicità al di là del canone, il vortice vivo di flussi emotivi sotterranei.
Cooper è Pat, adulto bipolare. Dopo 8 mesi trascorsi in un istituto psichiatrico, l’uomo ha un solo obiettivo: riconquistare la moglie, che però ha ottenuto un’ordinanza restrittiva nei suoi confronti. Chi scommetterebbe sul buon esito dell’impresa? Non lo psichiatra che lo ha in cura né gli amici che pure lo sostengono e nemmeno i genitori, che ritengono poco convincente la guarigione del figlio: del resto, come dovrebbero giudicarla quando vengono svegliati in piena notte mentre inveisce contro la tempra depressiva di Hemingway e lancia il suo Addio alle armi dalla finestra? Pat è parecchio incasinato e solo una altrettanto disturbata potrebbe dargli credito. Una come Tiffany, appunto.
Avete già capito come andrà a finire? Diffidate di voi stessi e scommettete sul film, che rimbalza tra il dramma e la commedia come uno yo-yo sentimentale, fedele più ai tumulti del cuore che alle regole di un genere. Nevrotico, dirompente, brillante, il paso doble di David O. Russell aggancia script e mdp alla mente elettrica dei suoi personaggi, scende fino in fondo al disagio per poi impennarsi spinto da nuove, insperate risorse. I nostri occhi nei loro, umidi e speranzosi, trascinati corpo e nervi nella guerra autistica di due individui in rivolta contro le bizzarrie della mente, come se una supposta normalità potesse davvero tracciare una soglia psichica e morale valida per ciascuno.
Silver Linings Playbook (titolo originale: lo preferiamo) abolisce ogni parametro, ci dichiara tutti compromessi, vincolati alle nostre singolari, sottaciute follie. Perciò salvabili: venire a patti con quello che siamo significa liberarsi da una sinistra mania di perfezione, guardare chi abbiamo davanti, guardare avanti. E vedere il lato positivo della vita oltre i miraggi - l’happy end - di una beffarda fede nel destino. E nel cinema. (Gianluca Arnone)
"Ogni nuvola ha un orlo argenteo, dice il titolo originale inseguendo una frase di Milton: c'è sempre un lato buono. E alzi una mano chi non si sente nevrotico bipolare come Bradley Cooper che, dopo aver fatto 'Una notte da leoni', qui si scopre attore sensibile e finissimo. (...) Personaggi sempre di corsa questi di David O. Russell (in 'The Fighter' boxavano): jogging, gare di danza, pugni. Guardando da vicino questa comunità così particolare e così universale, si scopre che nessuno è perfetto, nessuno è felice, nessuno è normale ma un'anima gemella, anche se in subbuglio, da qualche parte esiste. I ragazzi prenotati a un forse non eterno amore ci dicono infatti di sapere «qualcosa» che a noi sfugge. Vero. (...) Detective antropologico, il regista segue un cast perfetto con Jennifer Lawrence fresca di Oscar, la scoperta Bradley Cooper, un De Niro che finalmente ha ripreso a recitare, la brava Jackie Weaver, tutti a porte socchiuse se non chiuse nel microcosmo familiare. E si riflettono, magari deformati, rimorsi, rancori, delusioni e illusioni, e la corsa verso un happy end tutto da vedere. Ma soprattutto è un film che riesce a illuminare angoli nascosti, dove non si spolverano ricordi e la paura del quotidiano viene vinta dalle illusioni del cuore." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 7 marzo 2013)
"A casa di Pat sono tutti matti ma solo lui è finito in clinica. Succede spesso. La famiglia è la culla della follia, ma la famiglia è anche la cura. Bisogna solo capire come usarla, nella vita come al cinema. Per quanto riguarda il cinema, David O. Russell è un maestro in materia. Da 'Amori e disastri' al geniale 'The Fighter' passando per 'Three Kings', questo 54enne newyorkese ha infatti resuscitato la commedia svitata anni 30 aggiornandola a un mondo che corre sempre più in fretta. Morale: i suoi film sono una girandola di sorprese che spiazzano di continuo personaggi e spettatori. Spremendo dagli attori prestazioni memorabili per leggerezza e profondità, due doti non sempre appaiate. Ogni famiglia infatti ha bisogno di un reagente esterno per rimettersi in sesto. Ma questo reagente può essere (o sembrare) più squinternato della famiglia stessa. È il caso della tenera, imprevedibile, irresistibile Tiffany (Jennifer Lawrence, incredibilmente matura e premiata con l'Oscar). Una neovedova vagamente ninfomane che prenderà per mano in senso non solo figurato, prima Pat e poi tutta la sua famiglia. Pat (un gigantesco Bradley Cooper), il ragazzone ricoverato 8 mesi per aver coperto di botte l'amante di sua moglie Nikki. Il candido Pat, che sogna solo di rivedere la fedifraga e vuole leggere tutti i libri che lei, insegnante, ha inserito nel programma dei suoi allievi (più sottomesso di così...). Pat, che fa jogging indossando un sacco della spazzatura, e accetta di vedere Tiffany solo quando lei promette di metterlo in contatto con Nikki. Purché lui le faccia da partner in una gara di ballo. A questo punto sappiamo già che il corpo farà il suo lavoro, aggirando le menti disturbate di Pat e Tiffany. Ma non possiamo minimamente immaginare la serie infinita di rovesci, sportivi, psichiatrici, coreografici, attraverso cui Tiffany prenderà il controllo della situazione. Conquistando anche il padre di Pat, allibratore bandito dagli stadi per violenza e incollato alla tv con i suoi rituali scaramantici (grande De Niro, perno della scena più bella e affollata del film).Si esce a un metro da terra, come i protagonisti. Dettaglio chiave: quando legge 'Addio alle armi', Pat fa una scenata pazzesca scoprendo che non finisce bene. Ha ragione. Abbasso Hemingway, viva Russell." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 7 marzo 2013)
"Forse la scena chiave di 'Il lato positivo' è quando il protagonista dopo una notte passata a leggere 'Addio alle armi' di Hemingway getta il libro dalla finestra, infuriato dal tragico finale laddove fortissimamente aspirava a un happy end. Con quel gesto Pat - trentenne di Philadelphia reduce da una degenza di otto mesi per curare una sindrome bipolare - esprime il suo terrore di essere risucchiato nel baratro depressivo a dispetto dell'ottimistica fede nella vita che proclama di aver riconquistato. (...) Pur consapevole dei risvolti dolorosi del tema affrontato (suo figlio Matthew è afflitto dal medesimo disturbo di Pat), il regista David O'Russell ha scelto di accentuare del romanzo ispiratore 'L'orlo argenteo delle nuvole' di Matthew Quick (...) i toni di commedia: rifacendosi non tanto al consolatorio «feel-good movie», quanto alla classica «screwball comedy» in voga negli anni 30/40 dello scorso secolo, dove i personaggi erano pazzerelloni che si ficcavano in situazioni assurde, sovvertendo il perbenismo borghese. Certo 'Il lato positivo' parla di psicotici e non di tipi eccentrici; e tra l'altro il padre di Pat (un ottimo Robert De Niro), superstizioso ossessivo e scommettitore compulsivo, non sembra molto più sano del figlio. Tuttavia il frenetico, vitalistico ritmo impresso da O'Russell al film fa scattare una molla di divertimento che il sottofondo di angoscia rende intrigante e non banale. Otto candidature magari sono un'esagerazione, ma la commedia è ben strutturata, i dialoghi brillanti, gli interpreti tutti bravi; e i protagonisti Bradley Cooper e Jennifer Lawrence (premiata con l'Oscar alla migliore attrice) sono straordinari nello scivolare, in complice alchimia, dall'aspra follia della disperazione alla dolce follia dell'amore." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 7 marzo 2013)
"Non è la prima volta, e non sarà l'ultima, che una coppia sbiellatissima trasforma una storia romantica in qualcosa di accettabile perché le dinamiche sono date ma stravaganti con dialoghi e situazioni irresistibili nel loro essere spiazzanti e spudorati. E già questo basterebbe per acchiappare l'attenzione, ma David O. Russell (che si era messo recentemente in evidenza con 'The Fighter') si spinge oltre, grazie a un cast di portata raffinata. Cominciamo dal protagonista Bradley Cooper, uno dei giovanotti che aveva fatto schizzare alle stelle il divertimento nelle sale come Phil nelle 'Notti da leoni'. Il suo Pat junior è un po' parente di Phil, solo che questa volta va in sottrazione chimica (non prende le medicine, forse perché è stato anche Eddie in 'Limitless') quindi il suo approccio singolare è più naturale. Accanto a lui la giovane vedova Jennifer Lawrence (fresca di Oscar, l'unico per il film che aveva ottenuto ben otto nominations), una forza della natura sinora ingabbiata da lavori in cui non si chiedeva interpretazione, solo presenza. Ecco poi Pat senior, un De Niro sublime nella parte di un uomo che ha perso il lavoro, ha avviato un giro di scommesse e punta all'apertura di un ristorante, ma è esasperato dalla scaramanzia e dalle mattane che il figlio ha ereditato da lui, oltre che supertifoso dei Philadelphia Eagles. Poi c'è mamma Dolores, Jackie Weaver che offre un ritrattino fantastico della forza femminile di fronte ai compulsivi comportamenti dei maschi di famiglia. Il titolo originale si compone di due diversi dati: 'Silver Lining' sta per la luce che si intravede quando finiscono le nuvole, quindi si tratta della versione più poetica e sfumata del «dopo la tempesta ritorna il sereno»», mentre il 'Playbook' è il quaderno degli schemi del football, sorta di bibbia di Pat sr. Un inno all'ottimismo realizzato con tale eccentrica maestria da essere già in lista per diventare un classico." (Antonello Catacchio, 'Il Manifesto', 7 marzo 2013)
"Candidato a otto premi Oscar e vincitore di una statuetta, quella per la migliore attrice protagonista Jennifer Lawrence, 'II lato positivo' di David O. Russell è una divertente commedia che può contare su una sceneggiatura scoppiettante e la brillante interpretazione di attori come Bradley Cooper e Robert De Niro." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 7 marzo 2013)
"'II lato positivo' di David O. Russell, che dopo 'The Fighter' continua a indagare la middle (e lower) class americana, intercettando nevrosi personali e psicosi familiari, ma senza fare dei suoi amati personaggi delle marionette sociologiche. Qui spunta anche l'amore, ma è difficile definire genere e registri: dramma o commedia, sentimentale o sportivo, tutto si fonde senza sforzo, tesi o ferraglia drammaturgica, riservando freschezza e qualche bella sorpresa. Un Lato più che positivo, dunque, da consigliare caldamente ai nostri sceneggiatori: da quanto non ci riesce un film così? Non perdetelo." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 7 marzo 2013)
"Non è un film semplice, 'Il lato positivo', a cavallo tra commedia e dramma. Almeno, come primo impatto. Pur con un rimarchevole equilibrio tra i due generi, la pellicola fa fatica a «entrare subito in circolo», a prendere la piega voluta. Talmente inusuale da rischiare, di primo acchito, perplessità non giustificate. Perché se avrete la pazienza di seguirlo con fiducia fino in fondo, vi conquisterà, esattamente come è successo in America. E non solo per le solide interpretazioni dei suoi protagonisti, a cominciare dalla splendida Jennifer Lawrence, premio Oscar come miglior attrice, intensa ed illuminante, ma anche per una sceneggiatura che riesce a celare molto bene che trattasi di commedia romantica, pur scritta con canoni ben diversi e dall'happy end non scontato. Bradley Cooper (convincente come non mai) è Pat, appena dimesso da un ospedale psichiatrico dove era entrato per un disturbo bipolare che lo ha privato di ogni cosa: lavoro e matrimonio. (...) O lo amerete alla follia o lo troverete sopravvalutato. Vie di mezzo non ce ne sono. Di certo, questo è un film che lascia il segno, in un modo o nell'altro." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 7 marzo 2013)
"Piacerà a una bella fetta di pubblico. Sperando che il passaparola e la vittoria di Jennifer Lawrence all'Oscar sortiscano l'effetto dovuto (cioè tirare lo spettatore verso un film che merita). (...) Per esigenze di sintesi forse abbiamo dato di 'Il lato positivo un'idea sbagliata. O del solito melodramma sulla famiglia americana nido di nevrosi (mamma 'mammona', padre castrante, figli in procinto di castrarsi). Oppure di una di quelle commediole scemerottole come le faceva Meg Ryan una quindicina d'anni fa (due malati d'amore che guariscono mettendo insieme le rispettive malattie). Niente di tutto questo. O meglio c'è anche questo. Però rinfrescato, rigenerato da uno script acuto e sensibile. Da una schidionata di gags che danno di volta in volta accelerate euforiche e improvvise a una vicenda che sembra nata per essere deprimente e pizzosa. Da una grande confezione «americana» dove tutti fanno faville, dal regista agli attori all'ultimo degli attrezzisti. Lo script. Grossa fatica a lieto fine dello stesso regista, David O. Russell ('Three Kings'). Che è riuscito a dare una marcia in più al già notevole romanzo di Matthew Quick. La marcia è data dall'approccio (non querulo, non commiserante) alla malattia di mente (la psicosi ti afferra se la neghi, ti molla se hai deciso di conviverci). Le trovate. Sono tante. Vi sorprenderete a contarle come se foste davanti a una commedia a ruota libera (la più bella è quando Tiffany lascia basito De Niro con una mitragliata di dati e partite da far invidia al più Pico della Mirandola dei cronisti sportivi). Il cast. Sulla carta, niente di entusiasmante. De Niro vive di rendita da quasi vent'anni. Bradley Cooper viene dalle 'Notti da leoni' e Jennifer Lawrence dagli 'Hunger Games'. Bè girano tutti a mille. Jennifer, poi, in certi momenti, pare Katharine Hepburn rediviva." (Giorgio Carbone, 'Libero', 7 marzo 2013)