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Compiuti 13 anni Kiki, una streghetta simpatica e maldestra, parte alla ricerca di una città bagnata dal mare in cui svolgere il suo anno di apprendistato. In compagnia dell’inseparabile gatto nero parlante Jiji, Kiki arriva nella città di Koriko dove inizia a guadagnarsi da vivere facendo consegne a domicilio a cavallo della sua scopa di saggina. Superate le difficoltà iniziali, la giovane strega, grazie ai suoi poteri magici e alla conoscenza di persone che la fanno sentire a casa, riesce a rendersi indipendente. Ma nella vita, si sa, non tutto fila sempre liscio e le sorprese sono dietro l'angolo.
Regia: Hayao Miyazaki
Interpreti: Hayao Miyazaki
Fotografia: Shigeo Sugimura
Montaggio: Takeshi Seyama
Musiche: Joe Hisaishi, Sydney Forest
Durata: 1 ora e 42 minuti
Un altro Hayao Miyazaki d'annata: la semplicità di un incanto senza tempo
Tenendo fede alla tradizione inaugurata nel 2009, quando portò per la
prima volta nelle nostre sale Il mio vicino Totoro (1988), la Lucky Red
tira fuori dal cilindro il suo quarto Hayao Miyazaki d’annata: Kiki
consegne a domicilio (1989), spesso ritenuto un film minore nella
carriera del sensei giapponese. Questo, intendiamoci, non perché sia
poco riuscito o banale, ma in quanto privo della problematicità della
maggioranza delle opere miyazakiane.
Tratta dall’omonimo romanzo di
Eiko Kadono, la pellicola segue le avventure della tredicenne Kiki, che,
come ogni giovane strega della sua età, lascia la famiglia per compiere
un noviziato di un anno in una città a sua scelta, dove dovrà trovarsi
un lavoro e mantenersi da sola. Una volta arrivata nella marittima
Koriko, consapevole di non saper fare altro che cavalcare la propria
scopa, Kiki pensa bene di instituire un servizio volante di consegne a
domicilio.
Pur avendo per protagonista una streghetta, non siamo alle prese con un film di magia. A parte il volo, l’unico prodigio in cui Kiki riesce è dialogare con il suo gatto nero Jiji. Per il resto è una ragazzina il cui passaggio dall’infanzia all’adolescenza si attua attraverso un percorso di emancipazione lavorativa, un po’ come succede a Chihiro ne La città incantata, togliendo però dal contesto cattivi, pericoli, bizzarre creature e incantesimi. In fondo le due donne che accolgono Kiki, la panettiera Osono e la pittrice Ursula, incarnano rispettivamente la professionalità e l’indipendenza, due caratteristiche femminili molto care a Miyazaki, quasi una sfida per il Giappone conservatore. Gli uomini invece (escludendo il sognatore Tombo, coetaneo e amico della protagonista) restano comparse sullo sfondo di un paesaggio concepito immaginando una sorta di Svezia idilliaca mai toccata dalla Seconda Guerra Mondiale.
Kiki è una storia semplice, ma non semplicistica, che conserva immutata la propria freschezza a distanza di oltre vent’anni. A volte per emozionarsi basta un sussurro (Angela Bosetto)