Giovedì 22 marzo - Ore 15:00
Jean-Louis Joubert, agente di cambio rigoroso e padre di famiglia un po' "rigido", scopre che un allegro gruppo di belle cameriere spagnole vive al sesto piano del suo palazzo borghese. Maria, la giovane donna che lavora a casa sua, gli apre le porte di un universo esuberante e folkloristico, diametralmente opposto alle buone maniere e all'austerità del suo ambiente. Colpito da queste donne piene di vita, Jean-Louis si lascia andare e per la prima volta assapora con emozione i piaceri più semplici. Ma si può davvero cambiare vita ad una certa età?
Regia: Philippe Le Guay
Interpreti: Fabrice Luchini, Sandrine Kiberlain, Natalia Verbeke, Carmen Maura, Lola Dueñas, Berta Ojea, Nuria Solé, Concha Galán, Muriel Solvay, Marie-Armelle Deguy, Annie Mercier, Michele Gleizer
Sceneggiatura: Philippe Le Guay, Jérôme Tonnerre
Fotografia: Jean-Claude Larrieu
Montaggio: Monica Coleman
Musiche: Jorge Arriagada
Durata: 1 ora 1 43 minuti
"Andante con brio, il film si dirige rapidamente verso i luoghi più comuni della commedia romantica. (...) Inutile dire che la paella risulterà più buona di un uovo alla coque cotto per 3 minuti e mezzo esatti." (Mariuccia Ciotta, 'Il Manifesto', 15 febbraio 2011)
"Divertente infine la commedia francese fuori concorso di Philippe Le Guay, 'Les femmes du 6ème étage' ambientato nel 1962 in un elegante edificio parigino. " (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 15 febbraio 2011)
"Fabrice Luchini è bravissimo, dovrebbe ogni tanto stare attento ai copioni. "Le signore del sesto piano" per metà funziona, con qualche risata originale, e per metà gronda buoni sentimenti." (Mariarosa Mancuso, 'Il Foglio', 17 febbraio 2011)
"Anche qui si strizza l'occhio ai cari vecchi stereotipi Europei, e Jean-Louis, prima ancora delle avanches sessuali, chiede alla sua cameriera se gli può cucinare una bella paella. L'uomo è ciò che mangia e ama chi cucina bene?" (Masismo Benvegnù, 'Il Riformista', 17 febbraio 2011)
"Nella Parigi dei Sessanta la felicità parla spagnolo e vive nascosta in mansarda. L'austero broker Luchini (perfetto) ne è travolto, tanto da lasciarsi cambiar la vita in movida. A spese (di cari alimenti) di una moglie old style (Kimberlain) incurante delle mutazioni socio-politiche in corso. Perché soprattutto di questo è metafora il delizioso nuovo film di Le Guay: una commedia garbata e intelligente, nata dai ricordi del regista allevato da tata iberica. Il popolo delle migranti da oltrepirenei fu registrato come un fenomeno della Francia agli albori dei moti sessantottini: un 'ciclone' di domestiche vivaci e coraggiose pronte a sgobbare per guadagnarsi da vivere. Ma senza perdere un briciolo di dignità. Un dato, questo, che il protagonista borghese ma illuminato saprà apprezzare e far proprio. Applaudito all'ultima Berlinale, da gustare e meditare." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 9 giugno 2011)
"Diretto dal regista di 'Il costo della vita', altra commedia che versava tesori di intelligenza in una forma lieve come l'aria, 'Le donne del sesto piano' trasforma i ricordi dell'infanzia dorata di Le Guay in un film divertente e spesso toccante che rivisita l'eterno rapporto fra servi e padroni senza cadere in nessuna delle banalità (o delle volgarità) che si potrebbero temere. (...) Il sapore del film si concentra soprattutto nel chiassoso gruppo di signore nero-vestite che abitano stanzette anguste senza bagno, le famose 'chambres des bonnes', ma sono una vera miniera di storie, passioni, buonumore. Impossibile citarle tutte, ricordiamo almeno Natalia Verbeke e Carmen Maura. Un film da non perdere insomma, malgrado le debolezze della seconda parte. Sperando che prima o poi qualcuno anche in Italia trovi il coraggio (e il garbo, l'umorismo, l'acutezza) per raccontare come migliaia di filippine o peruviane hanno cambiato - o meno, sospettiamo - le nostre classi alte." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 10 giugno 2011)
"Spagnole a Parigi nei Sessanta. Tutte domestiche perché erano, in quegli anni, le filippine di oggi qui da noi. (...) L'incarico di raccontarci questa favoletta se l'è assunto, scrivendosi anche il testo, Philippe Le Guay di cui si son già viste anche nelle nostre sale delle commedie con morale gentile, tipo, fra le più recenti, 'Il costo della vita', interpretata, come il film di oggi, da Fabrice Luchini, accompagnato, in quella occasione, da Vincent Lindon. Qui si cerca il più possibile di tenersi in equilibrio fra i sentimenti e certe ironiche notazioni di costume. Si fa il punto su quella comunità spagnola tutta al femminile divisa tra devote e ribelli (in Spagna c'è ancora Franco), si tratteggia un po' quel quadretto familiare con l'intenzione di far sentire quanto il protagonista, pur bravo borghese, ne abbia una certa insofferenza specie quando comincia a confrontarne la freddezza con il genuino calore che scaturisce dalle abitanti del sesto piano. Tutto, però, più solo enunciato che non approfondito, con un disegno dei caratteri che, eccezion fatta per quello del protagonista, non è mai precisato a sufficienza: con il rischio, in tutti gli altri, di perdersi nel vago. Fabrice Luchini, al centro, non smentisce la sua fama, affidandosi molto più ai toni sfumati che non a quelli incisi. Come il suo personaggio chiedeva." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo Roma', 10 giugno 2011)
"Di famiglia agiata, il regista Le Guay ha avuto modo da bambino di sperimentare l'allegria e il calore trasmessi dalle immigrate spagnole che, nel periodo a cavallo degli anni 50/'60, affluirono numerose a Parigi per fare le cameriere. E questa sua memoria infantile a riverberare una tenera nostalgia sulla commedia, ambientata in un elegante condominio dove - come di prammatica allora - il personale vive nei locali sotto tetto. (...) Le Guay gioca di sfumature e contrasto di toni per rispecchiare una contrapposizione di classe destinata a cadere sotto la mozione dei sentimenti; e nell'indovinato cast spicca Luchini, al solito fantastico nella sua capacità di far emergere l'umanità e la simpatia in personaggi altrimenti gelidi e isterizzati." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 10 giugno 2011)
"Possiamo garantire ai futuri spettatori che il Fabrice Luchini protagonista di 'Le donne del 6° piano' gli regalerà una prestazione (nonostante il doppiaggio) impareggiabile, un mix di espressioni, gesti e movenze dalle sfumature raffinate ed esilaranti, uno di quei ritratti più veri del vero destinati a restare senza dubbio nel pantheon del cinema europeo. Risulta, dunque, evidente che il film di Philippe Le Guay vada visto e assaporato a tutti i costi, battendo in breccia la diffidenza che in Italia si nutre nei confronti della produzione, anche popolare, made in France. Le ragioni primarie sono almeno tre: da un accattivante excursus storico il regista sa estrarre i dati significativi, senza ingessarli in freddi report sociologici; la topografia determina l'evoluzione dei persona, come se dal terreno di una piacevole commedia dolceamara fossimo risucchiati in una spirale hitchcokiana; l'esercizio del potere fisico, culturale e psicologico che gli uomini e le donne «resettano» in base a input di classe, sesso ed età vi è analizzato con una varietà di toni e un'acutezza di riscontri degne di un trattatello neo-illuminista. (...) Il regista è abile e sottile nell'utilizzare la scoperta di questo microcosmo femminile come chiave di volta per la progressiva fuoriuscita di Jean-Louis da se stesso: non è solo questione di sensi (...), bensì del rigetto di un percorso esistenziale timorato, pedante e castrante in nome della duplice riconquista dell'utopia e dell'allegria." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 10 giugno 2011)
"Sbaglia chi liquida l'ottimo 'Le donne del 6° piano' come un film sull'eterna divisione tra classi sociali, dove i borghesi vengono demonizzati ed i poveri osannati. E non è un inno alla vera ricchezza spirituale che conta più di quella materiale. O meglio, la pellicola diretta da Philippe Le Guay è anche questo ma non solo. Un racconto molto più complesso, ricco, che offre allo spettatore diverse chiavi di lettura, ognuna meritevole di un approfondimento. Un film che parla di solitudine, di amore, di amicizia, di sofferenza, di pregiudizi duri da abbattere (da entrambe le parti), di comunità che diventano famiglie allargate, di incomunicabilità. (...) Può apparire una favola (il borghese che si trasferisce sul piano delle serve) ma ci pensa Le Guay a respingere il pensiero di questa utopia facendo passare per scandalo, anche tra le domestiche, ciò che è impensabile per il comune sentire. Cast perfetto (spicca la Maura tra le spagnole) e regia sublime per uno dei più bei film di questo sterile 2011." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 10 giugno 2011)
"Piacerà a chi apprezza la commedia francese quando è animata da verve veramente francese. Luchini è impagabile come borghese piccolo piccolo." (Giorgio Carbone, 'Libero', 10 giugno 2011)