Sabato 16 gennaio | Ore 21:00 |
Domenica 17 gennaio | Ore 16:00 e 21:00 |
Nuovo adattamento cinematografico dei racconti di Arthur Conan Doyle, diretto da Guy Ritchie, che rivoluziona look e comportamenti del celebre ispettore e del suo fidato assistente Watson. Il nuovo Sherlock è un donnaiolo, ama fare a pugni ed ha un problema col gioco d'azzardo. La trama del film non è tratta da un singolo racconto di Sir Arthur Conan Doyle, ma è una storia originale, in cui Holmes dovrà combattere un nuovo nemico e svelare un pericoloso complotto che potrebbe distruggere il Paese.
Regia | Guy Ritchie |
Sceneggiatura | Mike Johnson |
Anthony Peckham | |
Guy Ritchie | |
Fotografia | Philippe Rousselot |
Montaggio | James Herbert |
Robert Downey Jr. | Jude Law |
Rachel McAdams | Mark Strong |
Eddie Marsan | Kelly Reilly |
James Fox | Hans Matheson |
Robert Stone | William Hope |
Robert Maillet | David Garrick |
William Houston | Terry Taplin |
Valutazione Pastorale (dal sito dell'Associazione Cattolica Esercenti Cinema - ACEC)
Giudizio: consigliabile, brillante
Tematiche: fumetti, giallo, thriller
Va detto che all'origine non c'è una delle molte produzioni letterarie
(romanzi, racconti...) di Sir Arthur Conan Doyle (creatore, come si sa, del
personaggio Holmes) ma un successivo libro a fumetti di Lionel Wigram.
Questo può spiegare l'approccio scelto dal regista Guy Ritchie: uno stile
frenetico, un vorticoso accavallarsi di immagini in pieno stile videoclip,
che arriva addirittura al 'ralenti' che abbiamo visto in certi titoli cinesi
recenti. Fatto l'occhio ad atmosfere tutt'altro che compassate, bisogna
aggiungere che scenografie, ambientazione, costumi sono di eccellente
livello e l'azione ha pochi momenti di pausa. Il 'personaggio' Holmes é
affidato a momenti differenti, muovendosi tra freddezza, disincanto, e un
umorismo "all'inglese". Un 'giallo' ma soprattutto una storia d'azione
calata in costumi d'epoca. Dal punto di vista pastorale, il film é da
valutare come consigliabile e, nell'insieme, brillante.
Utilizzazione: il film é da utilizzare in programmazione ordinaria
e in successive occasioni, anche a fronte di altri prodotti dedicati al
celebre detective inglese. Qualche attenzione é da tenere per i più piccoli
in vista di passaggi televisivi e di uso e di uso di VHS e DVD.
Discreto mix di azione e tradizione letteraria popolare per il gothic-trash di Guy Ritchie. Bene Downey Jr. e Law
Si può mescolare un personaggio mitico della letteratura classica come Sherlock Holmes con qualche scazzottata steroidea à la Van Damme, un po’ di magia nera in stile Harry Potter (dark ma non troppo, per non allontanare il pubblico più sensibile) e infine con una buona dose di action vecchio stile, completo di inseguimenti, esplosioni etc? Nel calderone del cinema contemporaneo tutto è ormai lecito (e prevedibile), così tra i concorrenti del botteghino natalizio arriva anche l'ultima versione gothic-trash dell'eroe creato a fine '800 da Sir Arthur Conan Doyle, affidata al tocco britannico ma non raffinato di un regista da pub portuale come Guy Ritchie.
Il risultato è la logica conseguenza delle sue premesse: un film d'azione che ingurgita un po' di tutto, dal giallo al satanismo passando per la lotta libera e il romance, e che si regge sulle spalle di due (brave) star come Robert Downey Jr. e Jude Law, quest'ultimo particolarmente abile a svestire un po' i panni del sex-symbol per farsi piccolo e discreto come un buon Watson dovrebbe essere. Certo, non ha quel simpatico panciotto e l'aria paffuta con cui da cent'anni tutti immaginano il suo personaggio, ma d'altra parte dell'opera di Sir Arthur il film non salva che l'ambientazione londinese e i nomi dei protagonisti. Il resto sono solo combattimenti, gag infantili e malcelate sfilate di prêt-à-porter dal gusto retro.
Non c'è alcuna traccia del compassato detective oppiomane in tweed che va ripetendo “Elementare Watson”. Lo Sherlock Holmes di Ritchie mira a palati ancora meno sopraffini, e va preso per ciò che è: un film d'azione appena discreto che tenta di tirarsi un po' a lucido succhiando come un parassita dalla tradizione letteraria popolare, così come abitudine di un certo cinema di intrattenimento, quello sì davvero elementare. (Laura Croce)
"Trionfatore delle feste che per la prima volta non hanno digerito bene il cine panettone, Io 'Sherlock Holmes' agitato e non mescolato dell'autore rock Ritchie è una variazione divertentissima dello stile adrenalinico-bondiano corretto con I'humour e il processo di induzione deduzione. Ménage a tre risolto tra il detective, il suo Watson e la fanciulla che si intromette, sfondo ironico alla caccia al colpevole che non è Gesù ma ha il vizio di risorgere. Coppia perfetta e aitante Downey-Law: la Warner ha già prenotato il bis." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 08 gennaio 2010)
"Questione di stile: non perché entrambi non siano seri investigatori e irreprensibili cultori della logica, con la quale riescono sempre a risolvere i più intricati misteri, Per loro il ragionamento, frutto della rigorosa osservazione dei dettagli, della profonda conoscenza dell'animo umano e della inflessibile deduzione scientifica, porta logicamente alla scoperta e alla cattura dei colpevoli, incontrati e affrontati sulla scena dei più strampalati e pericolosi delitti. Ma il baffo di Hercule Poirot, tirato a lucido ogni mattina, la sua dipendenza dalla buona cucina, la mania per l'igiene e l'ordine, la proverbiale saccenteria e il suo nobile ossequio al fascino femminile, nulla hanno a che fare con la poco apprezzabile trasandatezza, la scostante misoginia, il solipsismo borghese e il permanente disordine in cui vive Sherlock Holmes. In questo modo, mentre il primo si tiene in disparte dalle incursioni trasgressive del cinema e risulta del tutto impermeabile a qualsiasi rivisitazione più o meno snaturata, il secondo, a pari merito di notorietà e di maniacale efficienza nello sgominare il crimine, si lascia da sempre piacevolmente irretire e provocare. (...) Ritchie dichiara subito quale tipo di spettatore gli interessa: giovane, imbevuto di cultura pop, appassionato del mistery e della detective story, devoto alla figura dell'eroe positivo, ma mai perfetto, anzi con tutti i suoi difetti e le sue debolezze messi bene in vista. Assai più difficile, per questo, far approvare l'operazione adrenalinica a coloro che, anche debitamente, tentano di riconoscere il loro beniamino letterario tra una scazzottata e l'altra, a mani nude. Il film, montato con agilità, riserba a ogni nuova pagina e scena cento sorprese, disseminando una divertente ricchezza di indizi che si inanellano poi nella spiegazione logica e nell'analisi scientifica di Sherlock, per degradare senza pietà i cattivi di turno a semplici maghi cialtroni. Orgoglio britannico, così come il Governo di Sua Maestà, messo in salvo da uno dei suoi sudditi più amati, famosi e intelligenti, mentre nuove minacce aleggiano su Londra, al rintocco puntuale del Big Ben." (Luca Pellegrini, 'L'Ossevatore Romano', 17 gennaio 2010)
"L'investigatore - Robert Downey jr, attenzione ragazze perché crea dipendenza - tra un caso e l'altro si annoia vestito da dandy. (...) Watson è Jude Law, e in questi casi si fa facilmente bella figura dicendo che non regge il confronto. In realtà se la cava piuttosto bene e la chimica tra i due maschi sta tra le cose notevoli del film. Meno notevoli sono le scene al rallentatore dove Holmes prima di combattere spiega allo spettatore le sue strategie. Guy Ritchie ha l'horror vacui, quindi ci mette tutto. Con risultati alterni: battute divertenti, battute stiracchiate, scene d'azione fantastiche sul Tower Bridge in costruzione, tempi morti, un'inutile signorina." ('Il Foglio', 16 gennaio 2010)
"Guy Ritchie non si nega nulla. La sua misura è la dismisura, il suo scopo è la meraviglia. Qua e là il risultato è anche godibile, a patto che ci si dimentichi del personaggio creato da sir Arthur Conan Doyle nel 1887, e del suo coinquilino di Baker Street, al civico 221 B. Anche il dottor John Watson, appunto, è fuori misura rispetto al medico che affiancava l'investigatore già nel primo romanzo (Uno studio in rosso). Se quello era un borghese vittoriano affidabile ma non proprio geniale, questo (Jude Law) resta certo un borghese, ma atletico e manesco, e più d'una volta capace di anticipare le conclusioni logico- scientifiche di Holmes (Robert Downey Jr., con una bella faccia di bronzo). La stessa acutezza deduttiva, e la stessa destrezza fisica, ha la fascinosa e ingannatrice Irene Adler (Rachel McAdams), la sola donna di cui Holmes si sia mai invaghito. Così sostiene Watson, certo con cognizione di causa." (Roberto Escobar, 'Il Sole 24 ore', 10 gennaio 2010)
"Sicuramente ci sarà un partito di scontenti e di detrattori di questa stupefacente nuova tappa nella discontinua carriera dell'ex "signor Madonna". Il punto è qui quello di stabilire se la sua rilettura del personaggio di Sherlock Holmes, con la sua vistosissima e provocatoria regia, sia affidata esclusivamente al gusto di stupiree al piacere di abbagliare, senza sostanza sotto. Oppure se (prendiamo ad esempio l' ultimo Terry Gilliam di Parnassus, anche se il confronto tra le due personalità e i rispettivi curricula è generoso verso Ritchie) la fantasmagoria degli effetti sia 'al servizio di' e parte sostanziale di un'operazione ammirevolmente creativa. Senza sbracciarci per gridare al miracolo, qui votiamo la seconda. Decisivo è il carisma, via via nel tempo acquisito e qui esaltato, dell'attore Robert Downey jr. È lui che fa rivivere il fascino stravagante ed eccentrico del genio deduttivo concepito da Arthur Conan Doyle, dell'investigatore capriccioso e infallibile e incredibilmente erudito di Baker Street. Ma l'avventura inventata per il film aggiunge molto di suo. Armonizza l'impiego di uno stile velocissimo e sorprendente che tiene insieme la classica ambientazione cupamente londinese fine Ottocento, con le arti apprese dal regista nella sua frequentazione dei linguaggi pubblicitari - con l'attualizzazione di un Holmes che fa valere la sua schiacciante superiorità non solo dell'ingegno e dell'intelligenza prodigiosi ma anche dei muscoli, dell'abilità e velocità nel colpire: quasi da cinema delle arti marziali. Gli è accanto il consueto dottor Watson (Jude Law), vittima un po' riluttante della sua brillantissima e irresistibile arroganza, soggiogato e trascinato per bassifondi malgrado il proposito di rifarsi una vita con una deliziosa fidanzata che il misogino e geloso Holmes fa di tutto per mettere in cattiva luce. (...) Per fortuna del film, e nostra, regista e attori non fanno mancare il fondamentale supporto umoristico e dell'autoironia. Che dire? È uno di quei film - e, dato il genere, la faccenda non è proprio indifferente - di fronte ai quali alla fine hai l'impressione e anzi ti accorgi decisamente che non tutto l'intreccio scorre fluido e plausibile. Ma onore alla capacità di suggestione che ti fa dimenticare le incongruenze e ti avvolge nell' atmosfera. (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 23 dicembre 2009)
"In 'Sherlock Holmes' l'elemento più affascinante non è il personaggio, che sembra non fermarsi mai a riflettere con l'acume caratteristico del risolutore di misteri ideato dallo scrittore inglese Arthur Conan Doyle, preferendo sgominare avversari a pugni o bastonate, correre via alla massima velocità, lasciarsi baciare appassionatamente. E' più bella la ricostruzione di Londra, mix di sudicia miseria ottocentesca e prima rivoluzione industriale; paesaggio di architetture contrastanti, macchine edili, docks, cantieri navali; ambiente pulsante di energia e di violenza con sullo sfondo i grandi nobili palazzi delle istituzioni e dei ricchi; fiume di imbarcazioni in movimento incessante. Come Londra, Sherlock Holmes e il suo compagno dottor Watson vengono modernizzati dal regista inglese marito o ex marito di Madonna attraverso il dinamismo e i ritmi rapidi, smentendo la compunta autorevolezza ottocentesca che li distingueva nelle illustrazioni o nei film precedenti. Il dottor Watson non ha affatto la rigidità e stupidità da ex ufficiale dell'esercito, ma un franco ardire militare e intelligenza pronta. Sherlock Holmes, con il suo interprete Robert Downey jr., non potrebbe essere un eroe muscolare, ma è svelto, disinvolto sino alla mollezza, reattivo: però alla cocaina prediletta dal personaggio e al violino di cui era un virtuoso neppure si allude. (...) lo scioglimento dei misteri non è articolato né seguito nei diversi passaggi intellettuali e materiali, avviene d'improvviso senza perché. Il film infedele e divertente, leggero ma non irrispettoso della personalità e della antica fama dei suoi protagonisti, è approvato e sostenuto dai Baker Street Irregulars (Baker Street è l'indirizzo di Sherlock Holmes), conoscitori del personaggio che ogni anno arrivano a New York da varie parti del mondo, si riuniscono per scambiarsi scoperte e appunti, per discutere del loro eroe." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 24 dicembre 2009)