con Laura Curino, Antonio Cornacchione, Max Pisu, Rita Pelusio
e con Roberta Petrozzi, Rufin Doh Zeyenouin
di Marc Camoletti
regia Marco Rampoldi
drammaturgia Paola Ornati
scene Nicolas Bovay
costumi Gianluca Sbicca
luci Manuel Frenda
suono Marco Strobel Ticozzi
tecnica DB Sound di
Andrea Borgnino
produzione Nidodiragno/CMC
in collaborazione con il 55° Festival di
Borgio Verezzi
organizzazione generale Sara Novarese
distribuzione
Nidodiragno/CMC – Pigreco Delta – Michela Russo
Il più classico dei triangoli: lui, lei, l’altra.
Che diventa un rombo, nel momento in cui si scopre che il vecchio amico, invitato dal marito per fungere da alibi durante l’incontro clandestino con l’amante, è a sua volta l’amante della moglie.
Ma la figura diventa un poligono complesso, allorché la cameriera mandata da un’agenzia, complice il destino beffardo che vuole che porti lo stesso nome, viene scambiata per l’amante del marito dall’amico, ma è costretta a interpretare il ruolo di amante di quest’ultimo agli occhi della moglie, che è ovviamente gelosa, ma non può svelarsi finché...
Finché ognuno è costretto a interpretare un ruolo diverso a seconda di quali siano le persone presenti nella stanza, in un crescendo turbinante di equivoci e risate. Pigiama per sei è il tipico meccanismo perfetto.
Un testo in cui lo spettatore si appassiona, immedesimandosi involontariamente, per capire come i vari personaggi riusciranno a trovare soluzioni a situazioni che diventano via via più intricate, fino allo scioglimento dovuto all’arrivo di un ulteriormente inaspettato (e pericoloso) deus ex machina.
Il lavoro di Marc Camoletti, noto per aver scritto esilaranti ‘vaudeville moderni’, portati al successo da grandi interpreti (a partire dal Boeing boeing cinematografico di Jerry Lewis e Dean Martin), presenta l’inedita coppia comica formata da Antonio Cornacchione e Max Pisu, che condividono una storia comune: entrambi diventati comici ‘per acclamazione popolare’, negli ultimi anni stanno consolidandosi come attori di prosa, in allestimenti di notevole successo.
A dirigerli Marco Rampoldi, che da molti anni ha concentrato il proprio lavoro su percorsi in cui sfruttare la naturale forza comunicativa di chi ha frequentato il cabaret, convogliandola in strutture articolate e precise (in questo caso nel rigore di un meccanismo ad orologeria).
Accanto a loro le figure femminili di Laura Curino, anch’essa abituata ad avere un rapporto di grande legame con la sala per il suo fondamentale percorso nel teatro di narrazione, e Rita Pelusio, capace di passare con facilità dalla leggerezza dei personaggi televisivi, al forte impegno sociale di lavori quali Ferite a morte di Serena Dandini.
Uno spettacolo lieve, veloce, divertente, che non rinuncia però a fare uno spaccato impietoso della vacuità che caratterizzava i rapporti personali nel pieno degli anni ’80 in cui il testo è nato, ma che non è migliorata ai nostri giorni.