Giovedì 11 aprile - Ore 21:00
Sul bordo di una strada dissestata, un corteo di donne avanza in processione verso il cimitero del villaggio. Takla, Amale, Yvonne, Afaf e Saydeh affrontano stoicamente il caldo soffocante di mezzogiorno, reggendo le fotografie dei loro amati uomini, perduti in una guerra futile, lunga e lontana. Alcune di loro portano un velo, altre indossano croci di legno, ma tutte sono vestite di nero, unite da una sofferenza condivisa. Giunta alle porte del cimitero, la processione si divide in due congregazioni: musulmani da una parte e cristiani dall'altra. Unite da una causa comune, l'impensabile amicizia tra queste donne supera, contro ogni aspettativa, tutti i punti di contrasto religiosi che creano scompiglio nella loro società e, insieme, grazie alla loro straordinaria inventiva, mettono in atto dei piani esilaranti cercando di distrarre gli uomini del villaggio, in modo da allentare la tensione interreligiosa.
Presentato al Festival di Cannes 2011 nella sezione Un certain regard
Vincitore del Premio del pubblico al Festival di Toronto 2011
Regia: Nadine Labaki
Interpreti: Claude Msawbaa, Leyla Fouad, Antoinette El-Noufaily, Nadine Labaki
Sceneggiatura: Nadine Labaki, Jihad Hojeily, Rodney Al Haddad
Fotografia: Christophe Offenstein
Montaggio: Véronique Lange
Musiche: Khaled Mouzanar
Guerra e pace in M.O. per la libanese Nadine Labaki: si ride al femminile, ma senza satira
Dopo Caramel, la libanese Nadine Labaki si chiede E ora dove andiamo?, con una commedia musicale sulle divisioni “religiose” in Medio Oriente. Si parte da un corteo funebre, coreografato con solenne ironia da un gruppo di donne tra cui Amale (la stessa Labaki, splendida), ma il pericolo è di genere: nel villaggio isolato arriva la tv, con le news sugli scontri tra cristiani e musulmani a Beirut, e gli uomini non ci passano sopra. Allah versus la Madonna, una moschea invasa da capre e pollame e la statua della Vergine in frantumi, ma le donne hanno il cuore e la ragione per la pace, finendo per assoldare delle danzatrici ucraine e drogare mariti e figli...
Nadine e le sue sorelle, dunque, vanno oltre fede e cultura, nel nome della comune umanità: tra fascinose sequenze in puro musical d’Arabia, si va per un altro mondo possibile, dove la pace è il quotidiano e “la guerra un’assoluta assurdità”. Condivisibile, certo, ma è una favoletta buonista, che non spinge il drôle de guerre verso satira e sovvertimento: si ride, ma senza scarnificare lo status quo, senza deflagrare la realtà in un altro mondo pacificato, ma non immemore. Pur implicito modello della Labaki, il palestinese Elia Suleiman è altra cosa. (Federico Pontiggia)
"Buone notizie dal Medio Oriente. Nel Libano eternamente dilaniato tra mille fazioni è nata una regista che maneggia i generi più esplosivi e le trovate meno ortodosse con leggerezza da coreografa e mira da lanciatore di coltelli. Si chiama Nadine Labaki e qualcuno si ricorderà di lei per 'Caramel', la commedia ambientata in un salone di bellezza che rivelò il suo talento (e la sua grazia, Labaki è anche attrice, qui fa la padrona del bar). Stavolta però la 37enne scoperta a Cannes compone un'irresistibile requisitoria per la pace mescolando gli ingredienti più disparati con sfacciataggine, inventiva, felicità non comuni. 'E ora dove andiamo?' si apre infatti con una memorabile scena da tragedia greca - un gruppo di donne nerovestite avanza battendosi il petto e quasi danzando in un paesaggio desolato - ma presto si trasforma in qualcosa di completamente diverso. Un'indiavolata commedia rusticana, parlata e qua e là cantata in arabo. Un western mediorientale in cui le donne hanno il ruolo dei buoni e gli uomini quello dei cattivi. Una favola con momenti musical ambientata in un paesino dove cristiani e musulmani convivono in naturale e precaria armonia. (...) Anche se l'idea più bella (e molto mediorientale) di questa strategia di pace non si può raccontare senza sciupare un film che vive di inventiva, di libertà, di salti di tono. E del piacere contagioso con cui Labaki dirige un cast folto quanto colorito mescolando attori e non (ognuno troverà i suoi beniamini, noi abbiamo un debole per la madre del ragazzo sfortunato e per la coppia formata dal sindaco e da sua moglie, una signora trovata in loco che ha la grinta e il fascino di una regina delle scene). Generosità non significa perfezione, qualcosa magari si poteva limare. Ma tanta energia è una benedizione. Se c'è un film che merita di diventare il simbolo delle primavere arabe (dei loro sogni), è questo." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 20 gennaio 2012)
"Il titolo di 'E ora dove andiamo?' è riferito all'epilogo del nuovo film di Nadine Labaki (già notata per 'Caramel' del 2007, imperniato anche quello su un universo femminile), una commedia sospesa continuamente sull'orlo del dramma che si apre con una sequenza potente. (...) Labaki ricorre a tutti i mezzi del repertorio cinematografico, dalla commedia al dramma al musical. Incorrendo in qualche squilibrio nel passaggio da un regime all'altro, ma con un simpatico tono che ricorda certo neorealismo italiano." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 20 gennaio 2012)
"«E ora dove andiamo?» La domanda nel finale dà anche il titolo al nuovo film di Nadine Labaki, regista e attrice libanese lanciata dal successo del precedente 'Caramel' di cui come anche stavolta era protagonista e autrice della sceneggiatura - insieme a Rodney El Haddad e Jihad Hojeily. E come lì il punto di vista è di nuovo quello delle donne. Sono loro le protagoniste, il coro di forza, resistenza, ironia, lacrime e astuzia per contrastare l'arroganza degli uomini. I maschi sono stupidi, smaniosi di ammazzarsi, mai disposti a ragionare... Dalla Beirut del salone di bellezza con la cera al miele caramellato Labaki si sposta in un villaggio arroccato tra i monti che anni di guerra hanno devastato riempiendo di morti il cimitero e lasciando le donne a piangere... Siamo di nuovo in Libano, anche se non è mai detto, e in effetti potremmo essere in qualsiasi punto del pianeta in cui religione e 'ernie' divengono l'alibi per una guerra, e soprattutto gli strumenti perfetti per distruggere un pensiero libero, una società avanzata, una cultura multiforme pure con le sue contraddizioni - come poteva essere il Libano degli anni prima la guerra civile. Ma anche per camuffare altre ragioni, forse più vere, le economie, le divisioni di classe, il controllo geopolitico. (...) Non sono però figurine questi personaggi, al contrario respirano morbidezza, sensuali, appassionate, rifiutano con fierezza la stupidità dell'orgoglio. E il senso dell'umorismo, che è la dote più bella della regista, le rende capaci di prendere in mano il destino del proprio paese mettendo in ridicolo la voglia di combattere dei loro uomini. Risata e pianto vanno in altalena, eppure a tratti qualcosa non funziona, quasi che Labaki non riuscisse a controllare gli equilibri facendosi sfuggire qua e là qualche spezia di troppo." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 20 gennaio 2012)
"Eccellente commedia in agrodolce, secondo film dell'acuta, e bellissima, Nadine Labaki, che come nel suo precedente, splendido 'Caramel' tiene per sé anche il ruolo della protagonista." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 20 gennaio 2012)