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Pietà - di Kim Ki-Duk

Pietà - di Kim Ki-Duk

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Al soldo di un potente strozzino, Gang-do è un uomo crudele e violento che si occupa di recupero crediti e che non esita a ricorrere a qualsiasi mezzo pur di avere i soldi che gli son dovuti. Un giorno, all'improvviso,una donna gli si para di fronte, sostenendo di essere sua madre e chiedendogli perdono per l'averlo abbandonato. Dapprima sospettoso, l'uomo si convincerà della sincerità della donna: ma questa porta con sé un grande e doloroso segreto.

In Concorso al Festival di Venezia 2012. Vincitore del Leone d'Oro come miglior film.

Pietà - di Kim Ki-Duk

Regia: Kim Ki-duk

Interpreti: Jung-Jin Lee, Choi Min-Soo

Sceneggiatura: Kim Ki-duk

Fotografia:

Montaggio:

Musiche:

Durata: 1 ora e 44 minuti

 Biglietti esselunga Vieni al cinema alla domenica sera - a Casatenovo costa meno Prendi sei e paghi cinque - Tessere a scalare

Pietà - di Kim Ki-Duk

Valutazione Pastorale (dal sito della CNVF della Conferenza Episcopale Italiana)

Giudizio: complesso, problematico, dibattiti

Tematiche: Denaro, avidità; Famiglia - genitori figli; Libertà; Male

Il sud coreano Kim Ki duk ha diretto nel primo decennio del Duemila almeno cinque titoli importanti: Primavera, estate, autunno, inverno...e ancora primavera (2003); Ferro 3 - La casa vuota (2004); La samaritana (2004); L'arco (2005); Soffio (2007). Sono da ricordare per avere il polso della forte tensione emozionale e della carica di indagine conoscitiva messa in campo dall'autore a confronto con il pesante carico di violenza estrema che passa attraverso il copione di oggi. Bisogna registrare i momenti bui del racconto, osservarli con impassibile stupore (la sequenza iniziale, lo scontro tra madre e figlio, la parte finale...) e cogliere i segnali che Kim lancia tra le pieghe della brutalità per arrivare piano piano alla sensazione che qualcosa si muove: e che dal fango di una disperazione assoluta può nascere qualche spiraglio di luce. La trasformazione dialettica della storia appare in qualche passaggio un po' geometrica, quasi 'telefonata', e la verità dell'autore resta nascosta dietro snodi narrativi che scontano preziosismi didascalici. Resta il coraggio visivo della messa in scena, la sua estrema 'esibizione' di dolore e morte per procedere verso una catarsi, e una "pietà" difficili ma non impossibili. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come complesso, problematico e adatto per dibattiti.

Utilizzazione: va detto con chiarezza che nella programmazione ordinaria il film deve essere proposto con molta cautela, restando prevalente l'attenzione a non rovesciare visioni troppo radicali su spettatori meno preparati. Più opportune occasioni mirate, dove sia possibile proporre contributi, suggerimenti, sguardi e letture di differente provenienza.

cinematografo.it - Fondazione ente dello spettacolo ***** Kim Ki-Duk prova a uscire dall'impasse: la veste è smagliante, la storia è fessa, Il Leone è suo

Un passo avanti, timido. Rispetto a un impasse immortalato con sgradevole coscienza nell'ultimo suo film a memoria nostra, Arirang. E' il Kim Ki-duk di Pieta, il titolo più applaudito dalla stampa tra quelli finora passati in concorso. Non si sa se per convinzione o incoraggiamento. Si può dire che nel film ci sia il buono, il brutto e il cattivo che ha caratterizzato la produzione più recente di questo cineasta immenso e fragile.

Il buono: sprazzi del grande regista che è stato - quello che va da L'isola a Primavera, estate, autunno, inverno - si scorgono nella tessitura formale che fotografia, angoli di ripresa e sound design conferiscono all'opera. Kim Ki-duk sa ancora dove piazzare la cinepresa, quando isolare i dettagli, come creare sinestesie e aritmie logico-visive (di cui l'ironia, volontariamente involontaria, è l'esito più vistoso) che producono costantemente un diaframma tra l'epidermide del racconto e il suo cuore più nascosto.

Come uno specchio a due facce il cinema di Kim Ki-Duk è fatto di un mondo riflesso e di un altro da scoprire, dall'altra parte del vetro. Non è un mondo narrativo ma pulsionale. Non sono i sottotesti covati dentro una storia portante - la ferocia sanguinaria delle banche sotto la maschera inespressiva di un manovale degli usurai, forse? - ma il riverbero di una coscienza addormentata nel grembo della terra: la violenza e l'amore, il dolore e la gioia colti a uno stadio pre-linguistico, innocente e barbaro.

Così, se il racconto di Pieta è il brutto della situazione, con la sua meccanicità insopportabile e uno schematismo imbarazzante - in soldoni: uno spietato esattore si converte quando incontra "la madre" che lo aveva abbandonato alla nascita -, il cattivo è frutto di quella radicalità, qua e là ritrovata, con cui Kim Ki-Duk sa evocare paure e desideri profondi, indicibili. Non è tanto la rottura del tabù, la messa in scena di un possibile incesto, la "maternità" di una masturbazione, il maltrattamento degli animali (ancor più degli uomini: questa è la sensibilità corrente, d'altra parte), a scavare sotto la superficie del testo e la pelle dello spettatore, ma l'indecidibilità morale con cui tutte queste cose si proiettano sullo schermo. Come fantasmi di ritorno.

Ancora: teatro della crudeltà, per dirla con Derrida, dove lo spettacolo convive con le macerie, senza poterna fare a meno. Perché lo spettacolo "abbellisce i fallimenti, le sconfitte, le perdite che il passato consegna alla vita e sottrae il peso di questa angoscia allo sguardo pigro dello spettatore. Le macerie, al contrario, sono il segno indistruttibile di ciò che il teatro assume dalla vita orrida e vera". Nel cinema di Kim, dentro di lui, tutto è in rivolta. Lo sapevamo. Uomo contro uomo, animali, cose. E che possa arrivare una madre ad amarci - a cambiarci - è naturalmente pia illusione. Forse pure crudele inganno. Spettacolo. Ma è l'unica cosa, sembra dirci Kim nel bel finale, che in fondo ci resta. Il grande imbroglio deputato a salvarci. (Gianluca Arnone)

Kim Ki-Duk

Pietà - di Kim Ki-Duk - Poster Soffio Ferro 3 - La casa vuota - Poster

I film della stagione 2012 / 2013


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