Sabato 24 aprile | Ore 21:00 |
Domenica 25 aprile | Ore 16:00 e 21:00 |
L'ex Primo Ministro britannico Adam Lang è alle prese con la stesura della sua autobiografia. Dopo la tragica morte di un suo collaboratore che lo aiutava, decide di assoldare un ghostwriter che possa scrivere il libro per lui. Il ghostwriter incaricato parte quindi alla volta di Martha's Vineyard, dove Lang si è stabilito con la moglie ed il suo staff. Arrivato sull'isola, lo scrittore verrà coinvolto in un complesso gioco di potere, che metterà a rischio la sua stessa vita.
Basato sul best seller di Robert Harris "Il Ghost Writer."
Regia | Roman Polanski |
Sceneggiatura | Roman Polanski |
Fotografia | Pawel Edelman |
Montaggio | Hervé de Luze |
Ewan McGregor | Pierce Brosnan |
Eli Wallach | Kim Cattrall |
Olivia Williams | Tom Wilkinson |
James Belushi | Timothy Hutton |
Jon Bernthal | Robert Pugh |
Daphne Alexander | Jaymes Butler |
Marianne Graffam | Angelique Fernandez |
Valutazione Pastorale (dal sito dell'Associazione Cattolica Esercenti Cinema - ACEC)
Giudizio: consigliabile, problematico
Tematiche: spy-story
Si tratta del film presentato al festival di Berlino 2010 e girato da
Polanski mentre su di lui incombeva la riapertura del processo per l'accusa
di stupro di minorenne negli Stati Uniti. All'origine c'è il romanzo omonimo
di Robert Harris, narratore e giornalista inglese, autore di libri best
seller in molti Paesi. Siamo nell'ambito di una quanto mai 'classica' storia
di spionaggio, un intrigo politico economico tra le due sponde dell'oceano,
con in più la presenza dello scrittore che non c'è (o non ci dovrebbe
essere). Questo è il tocco in più che fa lievitare la vicenda, innestando
nel copione robuste dosi di suspense. Niente di veramente nuovo, a dire il
vero. Ma il regista é bravo a tenere ben stretto il ritmo del thriller, e a
nascondere la verità fino alla conclusione. Un film di genere dunque, ma di
livello altamente professionale, che, dal punto di vista pastorale, é da
valutare come consigliabile e anche problematico.
Utilizzazione: il film é da utilizzare in programmazione ordinaria
e in seguito come spettacolo ben fatto e coinvolgente. Attenzione é da
tenere per minori e piccoli in vista di passaggi televisivi o di uso VHS e
DVD.
Autorialità (e autobiografia...) versus genere: irrisolto il conspiracy thriller di Roman Polanski
Sì, c'è un po' di Hitchcock, ci sono i rimandi all'attualità - Tony Blair, ma non è fuori tempo massimo? - e c'è la naturale inclinazione di Polanski per il conspiracy thriller, complice il buon materiale di partenza, il romanzo Il ghostwriter di Robert Harris (Mondadori), che di Blair fu davvero il negro. C'è pure l'Orso d'Argento alla regia del festival di Berlino, tributato al grande assente per i noti problemi giudiziari, che sa di compensazione, sostegno, forse addirittura connivenza, seppur artistica.
Vita a parte, com'è il film? Mediocre, e l'incenso critico pare seguire le orme dell'Orso. Da più parti, si è lodato il connubio gotico e politico di questo Uomo nell'ombra, ma dove starebbe? C'é una sola immagine, metaforica, che incanta: un domestico che tenta invano di raccogliere le foglie davanti al ventoso buen retiro dell'ex premier inglese Pierce Brosnan, che sta scrivendo, pardon dettando, le sue memorie sulla costa orientale Usa. Immagine ad alto voltaggio simbolico, con la Natura che sfugge all'Uomo, l'impossibile ricostruzione della (non) verità, l'anello che non tiene dell'asservimento britannico alla guerra al terrore stelle & strisce, leggi waterboarding e altre torture targate Cia.
Dopo l'assassinio del primo scriba, arriverà Ewan McGregor, costretto a confrontarsi con Brosnan, la moglie Olivia Williams, l'amante-assistente Kim Cattrall e il buio fondo dell'ambiguità: rischia pure lui la vita? E perché? Che succede?
Distanziandosi non troppo ma comunque dal romanzo, Polanski decide che dell'oggi non v'è certezza, intorbidisce le acque perigliose della (fanta)politica e affida a McGregor, che non smette mai di farci sentire che recita, il destino dell'uomo comune: non capire, anzi, capire troppo tardi, e soprattutto invano.
C'è pure da dire che Blair non fa il fesso, ma sicuramente il burattino, e che il suo esilio, anzi la sua reclusione, lo rende quasi simpatico, se non altro dovendo - intenzionalmente - specchiare l'autobiografia presente del regista, ma, in definitiva, com'é il film? Irrisolto, tra le sue evidenti ambizioni politiche, autoriali e (auto)biografiche e l'involontaria e gravosa caduta nel genere - troppe le incongruenze: l'assassinio kennediano (manco in Chuck Norris...), il didascalico finale, il ministro degli esteri inglese che spunta come un fungo, etc... - anzi nel generico. Scissione che consegna L'uomo nell'ombra a un'altra terra di mezzo: non l'ambiguità pervasiva, ma la mediocrità invasiva. (Federico Pontiggia)
"Chi è capace di fare oggi un thriller gotico e politico insieme? La risposta è una sola: Roman Polanski, che con le atmosfere inquietanti si è sempre trovato a suo agio e che con 'The Ghost Writer' (in italiano, 'L'uomo nell'ombra') torna ai temi contemporanei, firmando un'opera all'altezza della sua miglior tradizione, (...) costruito sfruttando al meglio l'ostilità della Natura (vento, pioggia, mare burrascoso); giocato con sapienza tra inquietanti personaggi «secondari» e reticenti comprimari, il film sa trasmettere un senso di angoscia insinuante e sotterraneo che trasporta lo spettatore in un mondo senza più certezze, dove le macchinazioni politiche diventano l'altra faccia dell'insicurezza quotidiana. E se si aggiunge l'evidente rimando all'attualità (Lang fa subito pensare a Tony Blair, di cui per altro Harris è stato davvero ghost writer) si può capire come thriller, fantapolitica e allusioni varie si intreccino in maniera inestricabile. Perché così è il mondo d'oggi, risponderebbe probabilmente Polanski, che ha sempre cercato di scavare dietro le apparenze che la realtà sembra offrire. Ma anche perché il regista polacco è un vero maestro dell'inquietudine e del sospetto, che sa instillare nello spettatore senza far ricorso a colpi di scena o effettacci truculenti. E questo film lo dimostra magistralmente." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 13 febbraio 2010)
"'L'uomo dell'ombra' (...) sfrutta gli innegabili pregi della fonte letteraria per un racconto cinematografico serrato in cui la provata abilità di Polanski si arricchisce di eco del vecchio Hitchcock mai esplicitamente citato ma presente per le situazioni e le atmosfere (...). Le similitudini con il caso di Blair sono naturalmente puramente accidentali ma non sarà un caso se il vero primo ministro, un tempo vecchio amico di Harris, oggi non gli rivolge la parola. Polanski per l'occasione ritrova la brillantezza giovanile quando l'arte del thriller sembrava interamente in suo possesso e vi aggiunge la purezza asciutta dell'età sicché il film può essere definito capolavoro senza alcun imbarazzo. E non si vede, in linea di principio chi possa sottrargli l'Orso d'oro." (Andrea Martini, 'Nazione, Carlino, Giorno', 13 febbraio 2010)
"E' uno dei film più attesi dell'anno, terminato 'a distanza' dal resista già agli arresti domiciliari. (...) Polanski è un vero maestro nel trasmettere allo spettatore un forte senso di inquietudine, disagio, incertezza e gioca con tutti gli elementi dark a disposizione per farci sospettare di chiunque e dubitare di quello che vediamo." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 9 aprile 2010)
"In medianico contatto con Hitchcock, Polanski, arrestato nel suo chalet svizzero, ha montato un thriller capolavoro che come soggetto ha i nostri tempi. Ghost writer è chi scrive senza nome, il «negro» come si diceva, 'L'uomo nell'ombra' come traduce banalmente il titolo italiano di questo straordinario film in cui nessuno saprà mai la verità. Ispirato da 'The ghost writer' di Robert Harris, un Oscar Mondadori, il regista lo supera per virtù fantastiche, efficacia di spettacolo, tempismo di cinema. (...) Riferimenti a Blair ottimi e abbondanti: Harris, sceneggiatore, ex giornalista politico, è stato suo supporter e il film di Polanski non fa sconti nel denunciare nascoste strategie e subalternanza britannica a Bush. E forse questo è oggi un reato peggiore delle vecchie cose di sesso. Se per Truffaut un film è un treno che fila nella notte, questo è un Orient express che corre come il vento, non fa fermate e conduce senza respiro a scavare oltre la realtà virtuale in confezione di cinema puro che splende pure per virtù scenografiche in un match fra volgarità interiore e fasto post moderno. E come spesso accade (vedi 'Invisibile' di Paul Auster) pure qui si parla di un libro, del suo pericoloso farsi, dell'umiliazione ben nota in Italia di non poter mai sapere come stanno davvero le cose: storia di tradimenti che non risparmia nessuno. Orso d'argento a Berlino, Polanski dà lezione di suspense arricchito con humour di qualità e senza smettere d'essere attuale, fino al finale londinese, certo con sorpresa. I due interpreti sono perfetti, Ewan McGregor assorbe scena dopo scena i miasmi peggiori della società, indeciso se fare l'eroe; Pierce Brosnan, con volgare eleganza, dimostra che è tanto meglio di quanto pensassimo quando faceva 007." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 9 aprile 2010)
"A undici chilometri dalle coste del Massachusetts, distesa sull'Atlantico, lontana dal mondo reale, Martha's Vineyard è il set di 'The Ghost Writer' ('L'uomo nell'ombra'), una specie di Alcatraz dorata, equivalente al domicilio coatto di Roman Polanski, segregato nel suo chalet elvetico da mesi. Spazio astratto, tempo dilatato, I'isola esprime l'estraneità di un 'innocente' al dispositivo di morte che macina le trame dei servizi, gli omicidi mirati, le menzogne politiche e che scarta e distrugge gli 'incompatibili', come l'artista nomade di 'Rosemary's Baby'. (...) Polanski architetta in salsa hard-boiled il suo atto d'accusa su partitura di 'The Ghost', romanzo di Robert Harris, ex giornalista della Bbc, autore anche di 'Pompei' (il kolossal storico, precedente progetto del regista, bloccato dalla produzione), ex supporter fedele di Tony Blalr fino al secondo conflitto in Iraq, quando, come il ghostwriter, si accorse che il suo ministro del cuore era diventato 'un'arma di distruzione di massa'. (...) Con Ewan McGregor, perfetto nel ruolo del testimone 'qualunque', siamo sospesi nell'atmosfera di incertezza e spinti pericolosamente a rivelare, contro le regole della detective-story, la verità negata. Un biglietto passerà di mano in mano, nel mezzo di una festa di diplomatici, tra brindisi, sorrisi e, smoking, un biglietto con su scritta la soluzione dell'enigma. Bellissima la sequenza e l'epilogo su una strada londinese, evocando 'L'uomo che sapeva troppo'." (Mariuccia Ciotta, 'Il Manifesto', 9 aprile 2010)
"Capi di Stato, di governo (e ministri) agenti della Cia se ne sono visti: di re Hussein si sanno perfino i compensi percepiti... Certo, la Giordania è solo un frammento senza petrolio dell'Impero ottomano, separato dall'Iraq - come il Kuwait - dalla volontà di spartizione dei colonialisti. Ora qual è il potere della Cia sul Regno Unito, cioè su chi, nel 1919, s'impose agli arabi, dopo averli illusi che emanciparsi dai turchi significasse la loro sovranità? Se lo chiede un romanzo, inglese, e autobiografico, di Robert Harris, 'Il Ghostwriter'. Come ultimo atto d'artista prima del carcere, Polanski ne ha tratto il film omonimo - almeno nel titolo originale -, diventato in Italia 'L'uomo nell'ombra' (...). Il mistero del film sono i dettagli che spiegano perché la Gran Bretagna, con la sua prosopopea imperiale e democratica, non è più sovrana, proprio come l'Italia, e senza nemmeno essersi arresa nel 1943... Ci sono verità che i giornalisti non scrivono più, allora le dicono romanzieri e registi: la precisione dei fatti non ne soffre oltre al cambio dei nomi." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 9 aprile 2010)