Un giovane ma già affermato professore dell’Università di Bologna si trova al centro di una difficile indagine. Abbandona tutto e approda sulle rive tranquille del fiume Po dove scopre un vecchio rudere e se ne appropria. Intorno a questa nuova dimora si intrecciano storie di amicizia, di vita quotidiana e d’amore tra il professore e gli abitanti del posto. In una sorta di intesa spontanea con l’istante in cui si vivono tutte le possibili realtà.
Regia | Ermanno Olmi |
Sceneggiatura | Ermanno Olmi |
Durata | 92 minuti |
Raz Degan | Luna Bendandi |
Amina Syed | Michele Zattara |
Damiano Scaini | Franco Andreani |
Valutazione Pastorale (dal sito dell'Associazione Cattolica Esercenti Cinema (ACEC))
Giudizio: accettabile, problematico, dibattiti
E' giusto accostarsi a questo film, sapendo che é l'ultimo diretto da Olmi? Potrebbe in un certo senso 'obbligare' a guardarlo come un film-testamento, la sintesi di quasi cinquanta anni di attività? Il rischio c'è, ed é forse inevitabile, avendo Olmi stesso tenuto a sottolineare con forza questa particolarità. "Chi raccontare? Chi ricordare fra tanti come esempio assoluto di umanità cui poterci riferire nei momenti bui per trovare sostegno e speranza? - dice il regista- E' scontato dire il Cristo? Si: il Cristo Uomo, uno come noi, che possiamo incontrare in un qualsiasi giorno della nostra esistenza, in qualsiasi tempo e luogo. Il Cristo delle strade, non l'idolo degli altari e degli incensi. E neppure quello dei libri, quando libri e altari diventano comoda formalità, ipocrita convenienza o addirittura pretesto di sopraffazione (...)".
Così il copione mette al centro un giovane professore smarrito che si sveste (ma non di tutto) per ritrovare il contatto con la natura, e in lui noi pensiamo di vedere un Cristo moderno. Ma ci sbagliamo, perché lui si allontana e quelli che restano sono i contadini, i semplici, i puri di cuore: e sono loro, che noi incontreremo di nuovo. Gioca un po' a nascondino Olmi in questo suo racconto che si immedesima lieve nel passare delle opere e dei giorni, che ha la fragranza del pane appena sfornato e la pudica verbosità della burocrazia incombente. I contadini, il Po, la terra tornano ad essere per il regista bergamasco quell'unicum esistenziale e spirituale che é lievito di civiltà, di vita in comune, di rispetto reciproco. Crocifiggere i libri e rinunciare all'altare in nome di una religione da strada appare dunque come una provocazione tanto salutare quanto azzardata. Bisogna ascoltarlo Olmi, mentre pronuncia queste frasi, e scavare nella sua sofferenza di credente, che con sincerità disegna lo scenario del futuro in una Fede conquistata giorno per giorno nel contatto della vita concreta.
Il film ha la semplicità del poemetto lirico e le cadenze ieratiche della parabola. Il professore scompare, e i contadini si sentono soli. Ne tornerà un altro? Olmi resta in ricerca, e noi con lui sappiamo che il Cristo della Fede non scompare mai, ma é con noi ogni giorno ed è con noi sull'altare, in ogni chiesa, luogo di pacificazione e di perdono. Dal punto di vista pastorale, il film é da valutare come accettabile, problematico e adatto per dibattiti.
Utilizzazione: il film é da utilizzare in programmazione ordinaria e da recuperare in molte circostanze per riflettere sui temi profondi sopra accennati.