Sabato 6 ottobre | Ore 21:00 |
Domenica 7 ottobre | Ore 16:00 e 21:00 |
Dopo ben quattrocento episodi televisivi, I Simpson sono diventati un lungometraggio cinematografico. Ed è un'ottima cosa, perché era necessario il grande schermo per catturare a pieno l'epica stupidità di Homer.
Dopo aver accolto in casa un maiale salvato dalla mano dell'uomo, Homer Simpson scarica nel lago cittadino un intero silos di escrementi suini, causando un terribile disastro ecologico. Per prevenire conseguenze da fine del mondo, il presidente degli Stati Uniti decide di isolare dal resto del Paese Springfield, ormai inquinata, chiudendo la cittadina sotto una enorme cupola di vetro. Nel frattempo la famiglia Simpson (il padre Homer, la madre Marge, i tre figli, il più grande Bart, la seconda Lisa, la neonata Maggie) vive gli alti e bassi di un turbolento ma molto unito nucleo familiare.
Regia | David Silverman |
Sceneggiatura | Matt Groening |
James L. Brooks | |
Doppiatori | Tonino Accolla |
Liù Bosisio | |
Ilaria Stagni | |
Monica Ward |
Valutazione Pastorale (dal sito dell'Associazione Cattolica Esercenti Cinema ACEC)
Giudizio: accettabile, brillante
Tematiche: Avventura; Cinema nel cinema; Ecologia; Famiglia; Film per ragazzi; Politica-Società;
Dopo un'attesa di oltre quindici anni, la situation comedy più antica della televisione americana arriva sul grande schermo. Questo film sui Simpson appare come un completamento giusto e opportuno per dare ai personaggi il posto che loro compete nell'immaginario statunitense, ma non solo. Il clima comico continua ad essere corrosivo, scorbutico, non prevedibile. Il rapporto tra Bart e il padre Homer è aspro, diretto, senza sconti. Citazioni di altri film famosissimi arrivano a scardinare il tono favolistico di una consuetudine troppo chiusa in se stessa. Lungo i due cardini portanti dell'individuo da un lato e della famiglia dall'altro corre una sfida fatta di colpi di fioretto, e di sottili punzecchiature. In realtà l'irriverenza del copione si ferma sempre un gradino prima di diventare maniera o artificio, e così è possibile conservare la lucidità di battute salaci, osservazioni pungenti, situazioni scoppiettanti. Si ride e si ragiona su stereotipi, convenzioni, abitudini, sul meglio e sul meno peggio. Ne esce un racconto forte su valori e disvalori, con netta preferenza per i primi, ma senza proclami o derive didattiche. Dal punto di vista pastorale, il film é da valutare come accettabile, e nell'insieme brillante.
Utilizzazione: il film é da utilizzare in programmazione ordinaria, e in altre occasioni, per un pubblico ampio, comprendente tutta la famiglia.
Critica "Sottrarre alla serialità e racchiudere nell''unicità
del film la vita di Homer, Marge, Bart, Lisa e Maggie Simpson
poteva essere deludente. Era forse il rischio di 'nobilitare' e
rammollire il mordi e fuggi degli episodi, dovendo amplificare
in un'unica storia lunga miserie (infinite) e grandezze (poche),
innumerevoli bassezze e rare moralità dell'antieroico
capofamiglia. Invece ci si diverte parecchio e il succo viene
preservato. L'uomo-massa Homer, sua moglie Marge che tiene
dritta la barra dei valori irrinunciabili, il primogenito Bart
cresciuto alla scuola delle furbizie paterne da quattro soldi.
la sorella Lisa intellettualmente superdotata e politicamente
corretta, e la saggia Maggie muta dietro l'eterno ciuccio, si
confermano la più geniale invenzione cartoonistica dell'ultimo
ventennio, e come la più diretta eredità, per pari forza
inventiva e capacità di rappresentare la contemporaneità
americana, dei Peanuts." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 14
settembre 2007)
"Come nelle serie destinate alla
televisione, la descrizione dei caratteri, il piacere della gag,
la voglia di dissacrare, il gusto della citazione e dello
sberleffo vincono sulle leggi della narrazione. In questo modo
la storia vera e propria rischia di sembrare, almeno a un
non-fan della serie, un po' sfrangiata e pretestuosa, mentre il
ritmo super-incalzante delle trovate trasforma il film in una
specie di interminabile fuoco d'artificio. Secondo una logica
che ribalta la tradizionale unitarietà dell'opera per far
diventare la frammentazione narrativa una frammentazione
estetica, dove il piacere dello spettatore non sta più nel
collegare e incastrare i vari elementi del film per trovare un
senso unificante ma piuttosto nel cercare ognuno il proprio
personalissimo oggetto. C'è la polemica ecologista: il concerto
iniziale dei Green Day, le frecciate alla politica del governo,
l'ironia su Al Gore e il suo 'Una scomoda verità' ... C'e il
piacere di ritrovare i personaggi resi popolari dalla serie: il
nonno Abraham, il proprietario della centrale nucleare
Montgomery Burns, il religiosissimo vicino di casa Ned Flanders
... C'è la tradizione di ospitare una star all'interno di ogni
storia. E alla fine c'è anche la scommessa di fare un film
pensato soprattutto per il cinema (il formato panoramico, le
battute di Homer sui film troppo appiattiti sui contenuti
televisivi la gag sull'intervallo) sfidando le possibili
reazioni del pubblico quando il film circolerà in dvd. Ma c'è
soprattutto il divertimento un po' autocelebrativo di chi ha
creato una serie di successo (sono undici gli sceneggiatori
degli episodi tv coinvolti nel film, accanto al regista David
Silverman) per vedersi consacrati su uno schermo talmente
gigante." (Paolo Mereghetti,
'Corriere della Sera', 14
settembre 2007)
"Meno divertente degli episodi tv, meno
cinico e sarcastico, il film carino dalla animazione perfetta è
da vedere senz'altro. Nelle storie dei Simpson non c'è mai lieto
fine ma neppure disperazione: Homer viene sempre maltrattato e
neppure se ne accorge; sua moglie Marge è gravata da una
pettinatura blu alta quanto lei; la satira paradossale colpisce
con la stessa crudeltà i ricchi e i poveri, i potenti e gli
impotenti, tutti pareggiando nel disprezzo." (Lietta Tornabuoni,
'La Stampa', 14 settembre 2007)
"Adesso possiamo dirlo:
avevamo una gran paura. Paura che dopo 18 anni e 396 puntate tv
il film dei 'Simpson' risultasse fiacco o già visto. Timore
giustificato forse, ma fortunatamente infondato. Al debutto su
grande schermo la famiglia più schifosa d'America - più schifosa
e più vera, ergo amabile con tutti i suoi difetti, anzi amabile
proprio perché è un concentrato di limiti e bassezze - fa
scintille. Come e più che in tv. Non c'è un'idea che sappia di
vecchio. Non c'è una scena che non sia trasportata dalle
immagini, e non dai dialoghi (è grande cinema comico, non tv
fatta in serie). Non c'è situazione, gag o semplice battuta che
non sia una miniera di sottotesti. Non sappiamo cosa pensino gli
psicoterapeuti Usa di questa famiglia così 'disfunzionale' e
insieme così unita (a suo modo, ovvio). Certo è che le nevrosi,
le fissazioni, le incorreggibili inciviltà dei Simpson sono una
gigantesca cartina di tornasole. Anzi uno specchio in cui ognuno
ritrova qualcosa di sé o dei propri cari." (Fabio Ferzetti, 'Il
Messaggero', 14 settembre 2007)