Dopo il divorzio Meg e sua figlia Sara si traferiscono in una nuova abitazione in un elegante quartiere residenziale di New York. La casa nasconde una stanza segreta, ma quella che era stata concepita come misura di sicurezza in caso di intrusioni, si trasforma nella stanza del panico per Meg e Sarah.
Forest Whitaker | Burnham | Regia | David Fincher |
Jared Leto | Junior | Musiche | Howard Shore |
Dwight Yoakam | Sceneggiatura | David Koepp | |
Jodie Foster | Meg Altman | Fotografia | Darius Khondji |
Conrad L. Hall |
Sabato 4 maggio | Ore 21:00 |
Domenica 5 maggio | Ore 16:00 e 21:00 |
Valutazione Pastorale (dal sito dell'Associazione Cattolica Esercenti Cinema - ACEC)
Giudizio: Accettabile-riserve, crudezze
Tematiche: Denaro, avidità; Famiglia; Psicologia
Si tratta di un thriller assai avvincente, claustrofobico nell'ambientazione (tutto si svolge all'interno dell'appartamento), incalzante e avvincente nel ritmo. La suspence accompagna in modo opportuno la vicenda, in un crescendo di emozioni delle quali solo una minima parte si può dire sia superflua e denoti qualche gratuito sovraccarico. Se si pensa poi che lo spunto del racconto non è per niente inventato e che la diffusione delle 'panic room' è in aumento in molte case americane, si può facilmente vedere il film anche nell'ottica di una narrazione simbolica che rimanda alle paure contemporanee: la perdita della sicurezza, il contatto con uno sconosciuto, i limiti dell' individualismo. Il delitto alla fine non paga, il pericolo è scongiurato e si può ricominciare, sperando (ma non é sicuro) che la lezione sia servita. Dal punto di vista pastorale, il film ha un andamento positivo, che lo fa valutare come accettabile, con necessità di aggiungere riserve per la presenza di crudezze in alcuni passaggi.
Utilizzazione: trattandosi di un prodotto commerciale di buona resa spettacolare, il film può essere utilizzato in programmazione ordinaria, e recuperato per visioni successive più mirate. Attenzione è da riservare per la presenza di bambini e minori, soprattutto in vista dei passaggi televisivi.
"Quattro mura in cemento armato celate in un sontuoso appartamento a tre piani. Un capillare sistema di sorveglianza video. Un telefono disattivato. Dentro, Jodie Foster e sua figlia, terrorizzate. Fuori, tre malviventi che devono sloggiarle di lì per mettere le mani su un malloppo nascosto proprio nella stanza blindata. E' 'Panic Room' di David Fincher, abile esercizio di stile hitchcockiano che però vira al sensazionalismo. Bravo Forest Whitaker, criminale pensante. Morale consueta: i padri non servono più a nulla". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 19 aprile 2002)
"David Fincher, 39 anni, americano, già autore del bellissimo 'Seven' e 'Fight Club', è un regista di talento, capace di creare con grande efficacia atmosfere di tensione, spavento, ambiguità, di costruire storie impeccabilmente organizzate (anche in questo caso, con la collaborazione dello sceneggiatore David Koepp), di usare il buio con effetti notevoli. Curiosità; fra i tre interpreti, ben tre (Jodie Foster, Forest Whitaker e Dwight Yoakam) sono registi oltre che attori, e questo non rappresenta affatto un inconveniente rispetto alla riuscita del film affascinante, forse meno impressionante e più hitchcockiano dei precedenti, girato con grande stile". (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 19 aprile 2002)
"(...) quella stanza inviolabile è anche, come è stato osservato, un'immagine assai calzante dell'ossessivo chiudersi in se stesso del paranoico, di chi si sente minacciato e taglia i ponti con l'esterno. Firmando il più delle volte la propria condanna. Magari questo non cancellerà le molte debolezze e ridondanze del film (tre cattivi, per giunta in guerra fra loro, sono davvero troppi). Ma conferma che Fincher è un regista molto interessante. Anche quando fa film su commissione". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 26 aprile 2002)
"Più che far paura diverte, incerto com'è fra 'Alien' e i capitomboli da comica finale. Memorabile la rapidità con cui Meg intuisce come invertire la linea del cellulare: neppure un tecnico della Telecom sarebbe capace di tanta prodezza. Nel frattempo Fincher sfoggia i travelling e gli sfondamenti di parete che hanno fatto grandi 'Seven' e 'Fight Club', ma qui manca la spinta anarcoide e il tutto si riduce a gioco di destrezza". (Piera Detassis, 'Panorama', 2 maggio 2002)