Sabato 9 aprile 2016 - Ore 21:00
Domenica 10 aprile 2016 - Ore 16:00 e 21:00
L'incredibile storia di Jesse Owens, il leggendario atleta statunitense che sotto gli occhi di Adolf Hitler vinse quattro medaglie d'oro e fu la stella dei Giochi Olimpici del 1936 a Berlino. Coraggio, determinazione, tolleranza e amicizia sono le parole chiave di questa parabola di un uomo divenuto una leggenda olimpica. Nonostante le tensioni razziali nell'America reduce dalla Grande Depressione, James Cleveland "Jesse" Owens, grazie al supporto del coach dell'Ohio University Larry Snyder, riesce a ottenere la convocazione alle Olimpiadi di Berlino. Il Comitato Olimpico Americano vorrebbe in realtà boicottare le Olimpiadi di Berlino in segno di protesta contro Hitler, ma gli Stati Uniti, grazie alla mediazione di Avery Brundage, infine partecipano all'evento e Jesse, grazie alla sua determinazione e alle sue capacità atletiche, riuscirà in un'impresa che ancora oggi ispira milioni di persone.
Regia: Stephen Hopkins
Interpreti: Stephan James, Jeremy Irons, Amanda Crew, Carice van Houten, Jason Sudeikis, William Hurt, Tony Curran, Giacomo Gianniotti, Tim McInnerny
Sceneggiatura: Joe Shrapnel, Anna Waterhouse
Fotografia: Peter Levy
Montaggio: John Smith
Musiche: Rachel Portman
Durata: 2 ore e 14 minuti
“Il record mondiale non è niente, arriva il primo ragazzino sconosciuto e te lo leva. Ma una medaglia d’oro no, quella non te la leverà mai nessuno”. Restano impresse le parole di Larry Snyder (Jason Sudeikis), coach dell’Ohio University che riuscì ad affinare il talento di James Cleveland Owens (Stephan James), per tutti “Jesse” Owens da quando, bambino, una maestra di Cleveland iniziò a storpiare le sue iniziali, J.C.
Veloce come il vento, il nero Jesse passerà alla storia (non solo sportiva) vincendo quattro ori (nei 100 e nei 200 metri piani, nel salto in lungo e nella staffetta 4×100) alle Olimpiadi del ’36 di Berlino, nella Germania del Terzo Reich, sotto gli occhi di Hitler e Goebbels.
Il film di Hopkins – primo a raccontare sul grande schermo le gesta del grande olimpionico USA (il cui record sarà eguagliato nel 1984 da Carl Lewis, che a Los Angeles vinse altrettanti ori nelle stesse quattro gare) – è un interessante ritratto, oltre che del personaggio protagonista, di un’epoca in cui il nazismo provò a consacrare se stesso attraverso il volano dei Giochi, immortalati trionfalmente dalle cineprese di Leni Riefenstahl (Carice van Houten), oltre alle contraddizioni dell’America depressa e razzista in cui nacque e crebbe lo stesso Owens.
E senza dimenticare le tensioni relative alla partecipazione a quelle Olimpiadi (fino all’ultimo, scosso dalle ordinanze tedesche contro gli ebrei, il comitato olimpico USA era diviso sulla scelta di partecipare), il film affida a Jeremy Irons il ruolo del controverso Avery Brundage, presidente del comitato americano che non solo decise di non boicottare i Giochi, ma sembrerebbe abbia spinto affinché i corridori ebrei Glickman e Stoller venissero sostituiti da Owens e Metcalfe per la finale della staffetta.
Tra storia e finzione (il rifiuto di Hitler nel congratularsi con il vincitore, cosa che Owens smorzò anni dopo dicendo che in realtà il Führer lo salutò dal palchetto), Hopkins prova a rendere giustizia ad un campione che, come detto, anche in patria continuò ad avere problemi per il colore della sua pelle. (Valerio Sammarco)
"Non si può restituire in italiano l'ambivalenza della parola 'race' che in inglese significa gara, corsa, ma anche razza. Perfetta per riferirsi alla parabola agonistica e umana del leggendario atleta Jesse Owens (...). Perché Owens, che rubò la scena in quella che doveva passare alla storia come la glorificazione di un regime razzista, era non solo americano ma anche e soprattutto nero. A questo proposito però pare che il film enfatizzi le cose. (...) Non un gran film ma una grande storia." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 31 marzo 2016)
"Pur interessante, il complesso quadro dialettico non sempre è messo bene a fuoco: alla fine a risultare paradossalmente poco espressa è la figura del protagonista; e la diligente regia di Stephen Hopkins non riesce a compensare certe carenze del copione. Tuttavia alcune situazioni colpiscono forte il segno (...)." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 31 marzo 2016)
"Film biografico poco più che corretto per un personaggio - il grande atleta Jesse Owens - che avrebbe meritato di meglio. (...) La parte più interessante del film riguarda i tedeschi solidali con lui (...)." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 31 marzo 2016)
"(...) 'Race' inquadra il passo doppio di Owens (Stephan James, bravo) e del suo allenatore bianco Larry Snyder (Jason Sudeikis, super) dall'Ohio a Berlino: storia esemplare, racconto pulito ma senza guizzi, lascito sportivo e umano immarcescibile." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 31 marzo 2016)
"Strano, ma vero. Una figura leggendaria, dal punto di vista sportivo, come quella di Jesse Owens (...) non è mai stata celebrata al cinema. Arriva, quindi, questo biopic a porre rimedio a questa singolare dimenticanza, con il benestare delle figlie dell'indimenticabile velocista nero (...). Diciamo che il risultato, vista la lunga attesa di ottant'anni, poteva essere migliore di questa storia che non si discosta mai dai soliti luoghi comuni, pur mettendo in luce alcuni episodi poco conosciuti del campione olimpico. (...) Stephan James è un Owens credibilissimo, capace di tirar fuori un ritratto umano che piacerà anche alle signore al seguito." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 31 marzo 2016)