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In occasione del decimo anniversario della morte di Saverio Crispo, un attore simbolo del cinema italiano ed eterno latin lover, in un paesino della Puglia viene organizzata una cerimonia a cui prendono parte le cinque figlie e due ex mogli, una italiana e una spagnola. Segreti, rivalità e nuove passioni faranno scoprire a tutte loro un passato inaspettato che le porterà a rivedere anche le rispettive vite.
Regia: Cristina Comencini
Interpreti: Angela Finocchiaro, Virna Lisi, Valeria Bruni Tedeschi, Marisa Paredes, Candela Peña, Francesco Scianna, Jordi Molla, Lluís Homar, Neri Marcorè, Claudio Gioè, Toni Bertorelli, Pihla Viitala, Nadeah Miranda, Cecilia Zingaro
Sceneggiatura: Cristina Comencini, Giulia Calenda
Fotografia: Italo Petriccione
Montaggio: Francesca Calvelli
Musiche: Andrea Farri
Durata: 1 ora e 56 minuti
Il decennale della morte di un divo, le sue donne e non solo: Cristina Comencini e la commedia all'italiana che fu
In occasione del decennale della morte di Saverio Crispo, grande attore del cinema italiano, le sua quattro figlie, avute da mogli diverse in varie parti del mondo, si ritrovano nella grande casa del paesino pugliese dove era nato. Ci sono Susanna, la figlia italiana; Stephanie, quella francese; Segunda, quella spagnola; e Solveig, quella svedese che non ha quasi mai visto il padre. Al momento della conferenza stampa ufficiale e delle proiezione omaggio, arrivano anche Pedro del Rio, lo stuntman di fiducia di Saverio, e Shelley, la quinta figlia proveniente dall'America e riconosciuta con il DNA. Questo compatto gruppo femminile trascorre la giornata tra rivalità, qualche ripicca, scambi di accuse e divertimento, prima che ciascuno faccia ritorno alla propria casa.
In questo suo undicesimo LM per il cinema (a partire da Zoo, 1988), Cristina Comencini fa confluire due importanti segmenti che poi sono da sempre centrali nelle sue scelte stilistiche. Da un lato la famiglia, nella versione odierna ampia e disordinata (si ricorda che le Comencini sono quattro sorelle, ognuna con matrimoni e figli frutto di situazioni tra loro differenti); dall'altro il cinema, anzi il cinema italiano anni Cinquanta e Sessanta, quello che ha visto tra i protagonisti il padre Luigi, davanti alla cui m.d.p. sono transitati quei nomi nei quali va inquadrato Saverio, ossia Mastroianni, Gassman, Sordi... Quella commedia italiana, quel cinema italiano hanno creato tanti film memorabili, con attori diventati facce da divi, osannati da tanti spettatori.
La scelta di affidare lo sviluppo del copione ai flashback (peraltro molto azzeccati e autentici) che ricostruiscono la vita del defunto crea ben presto le premesse per un inevitabile rovesciamento della situazione. Il latin lover che fa strage di donne diventa a poco a poco un galletto di brancatiana memoria, vincitore in apparenza ma in realtà sconfitto da un agguerrito gruppo di donne. Le quali, dice la regista, hanno ormai autorità e capacità per gestire la propria affettività e rendersi indipendenti. In questa ottica il copione si muove nella linea della commedia brillante, non riuscendo tuttavia ad evitare l'accumulo di troppe rivelazioni, sorprese, situazioni che si ripetono e conflittualità alquanto di maniera. Dietro una impaginazione limpida e scorrevole, si apre qualche crepa dovuta a un non dosato controllo dell'ambientazione alto-borghese e a sottolineature di taglio sociale e caratteriale che sfiorano il didascalico.
Bella prova corale di attrici/attori : l’ultima di Virna Lisi, alla quale il film è dedicato ma con lei in bella forma Angela Finocchiaro, Valeria Bruni Tedeschi, con accanto il gruppo spagnolo, e poi Francesco Scianna, il latin lover, Neri Marcorè, Toni Bertorelli. Pensiero finale per quel cinema del passato tanto apprezzato e lodato: riuscirà Comencini Cristina a restare nella scia del padre e a evitare di creare un ingorgo? (Massimo Giraldi)
"Per 'Matrimoni' erano le feste di Natale; per 'Il più bel giorno della mia vita' era la prima comunione della nipotina; ora, per 'Latin lover', sono le celebrazioni per il decimo anniversario della morte di un grande attore: in tutte e tre queste commedie (le più riuscite nella carriera di Cristina Comencini) l'occasione per una riunione di famiglia «allargata» è il campo di forze ideale per dare forma alle tensioni e alle passioni che covano sotto la cenere. (...) In mezzo a questo teatrino, Cristina Comencini (che firma anche la sceneggiatura con Giuliana Calenda) si muove a proprio agio (...). Perché a differenza dei precedenti film (con la parziale eccezione di 'La bestia nel cuore'), qui accanto al gioco delle passioni c'è forte un côté cinefilo che ci mostra Saverio ora come il protagonista del 'Sorpasso' ora della 'CIasse operaia va in paradiso', ora di 'Brancaleone' ora di 'Divorzio all'italiana', metafora della tradizione mattatoriale italiana. (...) Questo lato cinematografico, cui è legata anche una «rivelazione» che cambia un po' le carte in tavola, finisce comunque per passare in secondo piano di fronte al percorso di «liberazione» che la riunione di famiglia innesca in ognuna delle donne. È il terreno su cui la Comencini si muove con maggior disinvoltura, a suo agio nel giocare con rivelazioni e sottintesi, nevrosi o paure, lacrima e sorrisi. Non tanto un percorso «femminista» di liberazione militante ma piuttosto la ricerca di un autonomia che aiuti a liberarsi da un ideale maschile ...) che non corrisponde alla realtà. (...) il film preferisce invitare le sue tante donne a ritrovare una leggerezza e una libertà che permetta a tutti di accettarsi con un sorriso. Alla ricerca di un'autoassoluzione che aiuti a vivere meglio e a smontare i monumenti che il passato ci ha lasciato in eredità. Cinematografici e psicologici insieme." (Paolo Mareghetti, 'Corriere della Sera', 17 marzo 2015)
"(...) un film leggero e un poco discontinuo ma più ambizioso di quanto sembri. Una commedia tentata qua e là dalla farsa, ma sotto sotto venata di mélo (commedia e melodramma sono i generi chiave a casa Comencini), che non domina sempre fino in fondo la folla di personaggi e sentimenti evocati, ma azzecca gli snodi decisivi. E finisce per risolvere tutti i conflitti e i conti in sospeso accumulati dalla vicenda, come accadeva nei bei film di una volta. La nostalgia (per il cinema, per le famiglie, per i padri di un'altra epoca) è del resto uno dei temi, anzi dei sentimenti fondamentali di 'Latin Lover'. Che sbandiera la necessità, sacrosanta, di costruire una nuova identità femminile cambiando le regole del gioco tra i due sessi. (...) la regista (...) orchestra con divertimento, anche se alcune situazioni sono 'telefonate' e qua e là il passo è un po' televisivo, le scaramucce, i dispetti e gli affronti con cui madri e figlie festeggiano la loro riunione prima del gran finale. Curiosità: come nel rimpianto cinema 'di papà', 'Latin Lover' riunisce personaggi e talenti di nazionalità diverse (è bello sentirli nella loro lingua). Nell'inevitabile gara di bravura vincono ai punti gli spagnoli, anche se la chiave di volta del film è la doppia scena madre di Virna Lisi e Marisa Paredes. Mentre il momento più divertente vede la Bruni Tedeschi, disperata, strapazzare un microfono pigro con involontaria (o maliziosa?) oscenità." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 17 marzo 2015)
"Una commedia per Cristina Comencini da definirsi, però, anche drammatica perché l'azione si svolge per intero attorno a un divo defunto. (...) Il film, però, (...) non intende far scaturire un ritratto del divo da tutti quei ricordi spesso o contraddittori o confusi, ma al contrario arrivare a proporci una immagine precisa di quella famiglia con i suoi segreti piccoli e grandi, con rivalità, incomprensioni, controversie che forse, grazie a quel raduno, arriveranno, se non proprio ad appianarsi, almeno a risolvere al loro interno qualche nodo. Senza un lieto fine programmato, ma con soluzioni che riusciranno a mettere in risalto dei personaggi finalmente pacificati. Il merito del testo è la vitalità, anche con segni forti, con cui questi personaggi vengono costruiti e il merito della regia è quello di saper dominare con scioltezza e rapidità quel via vai di figure, specialmente femminili, che finiscono, con i loro colori e i loro sapori, a trasformarsi nel movente dell'azione, spesso con dei primi piani che si fondono felicemente nel ritratto in campo lungo dell'intera vicenda, suscitando con toni e semitoni, se non proprio la beffa, certo l'ironia, con ritmi sempre agili e sciolti. Naturalmente in un simile 'coro' era opportuno che avessero spazi degli 'a solo' indirizzati a dar significati all'insieme." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 17 marzo 2015)
"(...) un gineceo affettuoso e nostalgico, cui Cristina Comencini che ha inventato il soggetto, scritto la sceneggiatura (con Giulia Calenda ) e diretto 'Latin Lover', il suo 11° film, dona la serenità e il piacere di stare tra donne, senza l'ingombro di una presenza maschile che non sia il fantasma sognato, rimpianto, forse troppo esaltato del grande Saverio. Ma gli uomini veri, che impiccio! (...) Comencini racconta una storia che in mano ad altri registi italiani poteva essere volgarotta, invece nelle sue è ironica e addirittura casta (...) e senza nessuna retorica o pesantezza sa creare scene di complicità serena, di confessioni, di bevute e di risate tra le donne di Crispo, un modo femminile di stare insieme che gli uomini ignorano e che nelle confidenze ridimensiona il loro potere." (Natalia Aspesi, 'La Repubblica', 17 marzo 2015)
"(...) splendida Virna Lisi, qui alla sua ultima apparizione sul grande schermo (...). 'Latin Lover' (...) (...) una riunione di famiglia, confronto/scontro al femminile come accadeva già in 'Due partite', la commedia teatrale della stessa Comencini divenuta poi film con la regia di Enzo Monteleone. Ma soprattutto attraverso liti, rivalità, competizioni, dolori sepolti e Edipo mai guarito delle sue otto donne è una sorta di storia del cinema italiano, quello dell'epoca d'oro, che la regista conosce da vicino, visto che il padre Luigi ne è stato uno dei protagonisti, di cui il personaggio di Saverio Crispi - Francesco Scianna non proprio sintonizzato col ruolo - incarna le variazioni e le avventure. La sua immagine infatti riassume quella dei tanti grandi attori che lo hanno attraversato (...). E per una sorta di «proprietà transitiva» dei suoi sceneggiatori o dei registi di cui cogliamo tracce e riferimenti anche nei dialoghi delle protagoniste. Pure se poi è inutile cercare una precisa corrispondenza (in certi momenti si pensa a Marcello Mastroianni): Saverio è tutto questo e le «sue» donne, alcune attrici a loro volta ne sono lo specchio, il pubblico più vicino e insieme coloro che ne conoscono l'intimità egocentrica e persino crudele. (...) Non è però questo il punto di vista che adotta Comencini, non è Saverio il vero protagonista del film pure se tutto ruota intorno a lui. La sua «magnifica presenza» - e Ozpetek aleggia più di una volta - è un pretesto che serve a dare vita a ciò che interessa davvero la regista: le figure femminili, appunto, e il loro rapporto col maschile, e soprattutto col genitore (più che marito) ingombrante pure se amatissimo (autobiografia compresa). (...) Questa è però anche la debolezza del film, e se spostare nel privato, mischiando così le carte, la relazione poteva essere una bella scommessa, ecco che le figure che la punteggiano cadono negli ammiccamenti «di genere» più facili: commozione, lacrime, risate, toni sopra le righe, tradimenti, complicità tra donne come prove da attrici, tutto rimanda ai modelli più rassicuranti (compresa un po' di fiction da prima serata), persino la «sorpresa» (ampiamente annunciata) del latin lover che come tanti altri grandi è condannato da sé stesso alla virilità. E delle invenzioni di quel cinema italiano, peso amatissimo, poco sembra esserci nella nuova conquistata libertà." (Cristina Piccino, 'Il manifesto', 17 marzo 2015)
"Cristina Comencini è molto più portata alle tonalità della commedia agrodolce che a quelle drammatico-impegnate,. Dopo alcuni titoli alquanto malriusciti, infatti, la regista e scrittrice prova a riesibire il côté sorridente e rilassato facendo ruotare una galassia di caratteri muliebri attorno al pianeta-uomo (...). Nel segno della nota sensibilità alle condizioni e/o rivendicazioni «al femminile», la primogenita dell'ottimo Luigi - peraltro svillaneggiato a suo tempo dallo stesso canone critico che oggi tratta lei con un occhio di riguardo - insiste sulle tematiche care alla propria biografia di buona borghesia romana, ma nel contempo si concede il lusso di riprodurre un compendio delle stagioni più fortunate di Cinelandia. Eccoci, dunque, alle prese con un film che tira un po' la corda di questo doppio registro, scontando qualche intoppo (citazioni, ostentazioni, ironie blande) e giocandosi il piacere del pubblico con la raffica di singole performance attoriali estraibili dal quadro d'insieme. (...) Monicelli ha già condotto queste danze con più sarcasmo e concisione, ma si può anche ipotizzare che «Latin lover» gli renda un omaggio non seriale. (...) le donne secondo CC sarebbero i soggetti più trascurati dall'imprinting tradizionale della società, eppure gli unici in grado di guardare agli avvenimenti della vita con sano pragmatismo e intelligenza non facilmente addomesticabile. In quest' ottica, non è per banale nostalgia o commozione da lutto recente che Virna Lisi sembra risaltare una spanna al di sopra delle compagne di cast, figurine dall'alterno rendimento accomunate, peraltro, da una misteriosa, peculiare vitalità votata a duellare con i traumi e gli intrecci del passato come gli uomini non vorrebbero e potrebbero mai fare." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 19 marzo 2015)
"Cristina Comencini torna alla commedia e fa centro. (...) Sullo sfondo di un teatrino di scontri ed equivoci popolato anche da discrete presenze maschili, il film ripercorre la carriera del defunto attraverso un montaggio di finte pellicole che diventa un excursus sul nostro cinema e su storici «latin lover» quali Mastroianni e Gassman. Ma l'omaggio è lungi dall'avere carattere retrò o cinefilo: figlia del grande Luigi, la Comencini quel mondo l'ha respirato fin dall'infanzia e lo ripropone con affetto come un modo per invitarci (in ogni senso) in seno alla «famiglia»." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 19 marzo 2015)
"Piacerà. A chi di Cristina Comencini ha magari una stima a corrente alternata, ma l'apprezza senza riserve quando sceglie la commedia corale. Il film è apprezzabile su due piani. Come ritratto di donne borghesi in un interno. E come evocazione del cinema che fu (quando i film italiani erano i migliori del mondo e i loro mattatori pure)." (Giorgio Carbone, 'Libero, 19 marzo 2015)