Sabato 11 aprile - Ore 21:00
Domenica 12 aprile - Ore 12:00 e 21:00
Nella famiglia Bélier sono tutti sordi tranne la 16enne Paula. Per questo, la ragazza è la fondamentale interprete dei suoi genitori per quanto riguarda la vita quotidiana, ma soprattutto per il buon funzionamento della fattoria di famiglia. Un giorno, dietro consiglio dell'insegnante di musica che ha scoperto il suo dono per il canto, Paula decide di prepararsi per un concorso indetto da Radio France. Una scelta di vita che per lei potrebbe significare l'allontanamento dalla famiglia e l'inevitabile passaggio all'età adulta.
Regia: Eric Lartigau
Interpreti: Karin Viard, François Damiens, Eric Elmosnino, Roxane Duran, Louane Emera, Ilian Bergala, Mar Sodupe
Sceneggiatura: Stanislas Carre' De Malberg
Fotografia: Romain Winding
Montaggio: Jennifer Augé
Musiche: Evgueni Galperine, Sacha Galperine
Durata: 1 ora e 46 minuti
"Precisato che non sono due forme di disabilità, il film 'La famiglia Bélier' di Eric Lartigau sta ai sordomuti come 'II vizietto' sta ai gay: una dichiarata presa di posizione da pochade, forte dose di ironia, nessuna pietà se non humour, sospetto di metafora sul degrado. . (...) Bélier sono schietti, veraci, con satira politica incorporata in simpatica caricatura molto alla francese, sopra le righe e ripetitiva perché tutta prevedibile: non è una 'Anna dei miracoli' multipla, è un 'Quasi amici' meno furbetto anche se gli attori fanno il possibile: Louane Emera ha già avuto il Cèsar. Infine, benedizione e omelia per tutti." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 26 marzo 2015)
"Tra i non molti film dedicati ai sordi ('Anna dei miracoli', 'Marianna Ucrìa', 'Figli di un dio minore', 'Nel paese dei sordi'), nessuno aveva ancora tentato la commedia. A colmare il vuoto hanno pensato i soliti francesi con questo film che merita tutti i suoi 7 milioni di spettatori in patria. Rassegnati al tramonto del grande cinema popolare, siamo ormai abituati a pensare che «andare incontro al pubblico», formula orribile, significhi sacrificare qualità e complessità sull'altare della comunicativa (della facilità). Errore: 'La famiglia Bélier' prova che popolare non vuol dire ovvio né sciatto, al contrario. Basta far esistere ogni personaggio fino in fondo, cogliendone ogni possibile sviluppo. (...) Karin Viard e François Damiens, fenomenali (...) Ma il film non cade mai nel sentimentale perché usa con intelligenza e rispetto tutto il potenziale anche comico dei personaggi. (...) Bisogna aprirsi, lasciar scorrere, trovare la propria voce. Sottile provocazione, le canzoni sono del popolare ma controverso Michel Sardou. Mentre la Emera viene dal talent 'The Voice'. Per i più snob, un affronto. Per noi una conferma. Popolari, ok. Ma non si può piacere a tutti..." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 26 marzo 2015)
"Si tratta, in effetti, di una commedia dagli accenti gradevolmente sempliciotti, ambientata in una campagna tanto vera da sembrare finta, sorretta dal massimo di prevedibilità che si possa immaginare, impreziosita dall'irresistibile richiamo delle canzoni e dell'arte del canto in generale e soprattutto incentrata sulla disabilità trattata con una disinvoltura tanto più apparentemente «scorretta» quanto graziosamente consolatoria. (...) Il meccanismo comunicativo sarebbe potuto risultare ripetitivo o monotono, ma bisogna dare atto all'astuto regista Lartigau di sapere cadenzare con agilità gli inevitabili passaggi quotidiani, privati e pubblici dal linguaggio dei segni alla lingua italiana (francese nella versione originale) e viceversa. Tutto fila per il verso giusto, le figurine sono affidate ad attori che fanno della simpatia il jolly principale, i comprimari fanno spesso figuracce facendo capire al colto e all'inclita che non sono certo i diversi a essere ridicoli e il recordman di hits d'oltralpe Michel Sardou interviene quando l'acme sentimentale deve scattare. Come sono carini, come sono originali, come sono «uguali». E chi non vorrebbe sottoscrivere questa dichiarazione d'intenti buonista ed ecumenica al massimo grado consentito a un film da week-end scacciapensieri? Vogliamo dire che tecnicamente il prodotto funziona, ma per una volta non deve sembrare una pigra abitudine professionale proporre il giudizio ricorrendo al famigerato aggettivo «televisivo»." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 26 marzo 2015)
"Commedia francese delicata e acuminata al tempo stesso, garbata e deliziosa ma al tempo stesso ferocemente problematica." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 26 marzo 2015)
"Commediola priva di particolari valori di cinema, seppur amabile; e con nessuna attrattiva divistica. A parte quello della diciottenne protagonista, Louane Emera (...). Ma se Oltralpe la sua presenza può esser stata di richiamo, qui non resta che contare sull'idea di base del film, sul garbo di un umorismo non sempre politicamente corretto e sul potere emotivo della musica. (...) Il tutto si indirizza affettuosamente al vasto pubblico familiare: da noi funzionerà?" (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 26 marzo 2016)
" (...) 'La famiglia Bélier' lavora sulla 'normalità di essere diversi' e con levità anche sui filoni del romanzo di formazione, della caricatura politica (il padre sordo si candida da sindaco: una beffa al linguaggio retorico della politique française...), del racconto sul lavoro agricolo e d'allevamento oggi. Un piccolo gioiello nel suo genere che produrrà a chiunque - nessuno escluso - fiumi di lacrime liberatorie. Ma solo di gioia e amore per la vita." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 26 marzo 2015)
"Piacerà a patto che non soffriate di diabete (troppo miele nella storia di Bélier). E che non siate allergici ai buoni sentimenti. Bene gli altri (cioè gli altri spettatori). Specie quelli che amano vedere l'handicap messo in scena con delicatezza e humor (da 'Quasi amici' in poi)." (Giorgio Carbone, 'Libero', 25 marzo 2015)
"Una gradevole commedia, però niente più di una sorridente storiella, quasi inspiegabile boom in Francia. (...) Qualche risata e un gran prurito alle mani per le smorfie di Karin Viard." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 26 marzo 2015)
"Commedia di sentimenti, desideri e separazioni tra handicap e presunta sanità, dove la colonna sonora sa tacere quando qualcuno canta, il linguaggio dei gesti esprime con le didascalie, il montaggio rivela pregiudizi e contraddizioni. (...) Tradizionale il finale di successo e premio, ma la strada è disseminata di equivoci, gag e divertenti incomprensioni. Una scoperta la fotogenia della giovane Ernera." (Silvio Danese, 'Nazione - Carlino - Giorno', 27 marzo 2015)
"«Feel good movies», dicono gli americani. Lo ribadisce il manifesto italiano: «Un film che vi farà bene». Dovrebbero riconciliare con la vita e far uscire dalla sala con il sorriso. Dovrebbero, perché quando il regista e lo sceneggiatore li costruiscono a tavolino, titillando tutte le corde del sentimento, possono fare l'effetto opposto: lo spettatore, che si sente manipolato oltre il dovuto, reagisce con irritazione e sbadigli. Non tutti hanno la bravura sfoderata da Olivier Nakache e Eric Toledano in 'Quasi amici - Intouchables'. (...) La musica accompagna anche 'La famiglia Bélier' (...). Con scelta di cast piuttosto spiazzante, l'attore ha il nasone e i riccioli di Eric Elmosnino, che aveva vinto un César per il ruolo di Serge Gainsbourg nel biopic 'Gainsbourg' di Joann Sfar. Il padre e la madre di Paula sono nel film François Damiens e Karin Viard. Entrambi hanno imparato il linguaggio dei sordomuti prima delle riprese, e si sbracciano oltre misura, con grandi smorfie (il fratellino è invece un attore sordomuto, Luca Gelberg, la differenza risulta evidente anche ai non esperti). (...) il film ha già abbastanza difetti intrinseci, senza tirare in ballo la correttezza politica. Della recitazione sopra le righe abbiamo detto, per allungare arriva una sottotrama (...) occasione per insulti e parolacce nel linguaggio dei segni. Louane Emera - la bionda adolescente Paula - (...) Commuove, con il suo desiderio di lasciare la contabilità della fattoria per un'audizione a Parigi. Quando canta sul palco, il regista Eric Lartigau azzera il sonoro, per calarci nella situazione dei genitori che osservano solo i movimenti delle labbra, e un po' si annoiano." (Maria Rosa Mancuso, 'Corriere della Sera Sette', 27 marzo 2015)