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Poco prima dell'inizio di un banchetto di nozze un ragazzo e una ragazza fanno cadere inavvertitamente i segnaposto di un tavolo. Non sapendo l'ordine, i due riassegnano i posti a casaccio cambiando così i destini degli ignari invitati seduti a quel tavolo...
Regia: Christelle Raynal
Interpreti: Elsa Zylberstein, Franck Dubosc, Audrey Lamy, Arie' Elmaleh, Shirley Bousquet, Mathias Mlekuz, Louise Monot, Lannick Gautry
Fotografia: Eric Guichard
Montaggio: Philippe Bourgueil
Durata: 1 ora e 25 minuti
Valutazione Pastorale (dal sito della CNVF della Conferenza Episcopale Italiana)
Giudizio: Futile/superficialità
Tematiche: Matrimonio - coppia; Sessualità
Quando si dice commedia cinematografica francese, si pensa ad un testo frizzante, ironico, di invidiabile equilibrio nel rapporto tra la storia e i personaggi che la animano. Il credito accumulato in questa direzione è ampio, tale da soppportare qualche infortunio in alcune circostanze. Sembra giusto dirlo subito, perché Chrystelle Raynal incappa nei difetti tipici dell'esordiente e pensa che sia sufficiente copiare per ottenere gli stessi risultati. Il difetto di questo "Pian de table" (titolo originale) non è tanto nell'assumere pari pari uno spunto già altre volte usato quanto nel servirsene senza operare il minimo accenno di variazione, di cambiamento, di adattamento a contesti innovativi. La regista procede per accumulo, fa incontrare e ruotare gli stessi personaggi ma le 'sorprese' risultano stantie, logore, senza verve. La ronde resta fredda, afona, prevedibile. Si finisce intorno ad una banale sequenza di tradimenti, abbondare di equivoci, scambi di coppie: ma non c'è simpatia, mancano tremori, emozioni, l'anima dei sentimenti. E' assente il ribaldo e imprevedibile spirito beffardo dell'ironia e del caso, manca quel senso di divertimento intelligente unito al rispetto della dignità di uomini e donne. Un'opera prima di inesorabile modestia per un film che, dal punto di vista pastorale, è da valutare come futile e segnato da superficialità.
Utilizzazione: il film può essere utilizzato in programmazione ordinaria, ben tenendo conto di quanto detto sopra sui suoi limiti e sulla scarsa tenuta narrativa. Attenzione è da tenere per minori e piccoli in vista di passaggi televisivi o di uso di dvd e di altri supporti tecnici.
Amori borghesi e francesi, ma la satira sociale della regista Christelle Raynal è apparecchiata male
Un bacio scambiato con la sposa subito prima di un banchetto di nozze ed ecco che i segnaposto attorno a un tavolo vanno alla rinfusa. Eric (Lannick Gautry) si incarica di riporli in ordine a casaccio, ma così facendo segna i destini delle persone che siederanno a quel tavolo. Tuttavia, il film ci mostra che cosa potrebbe accadere se i nomi degli invitati fossero disposti in maniera diversa, intrecciando e variando amori e (dis)avventure. È dunque il destino a governare le nostre vite o siamo noi stessi a creare ciò che siamo? Eterno dilemma alla base dell’esistenza e di questa commedia francese fin troppo corretta, ben recitata ma priva di autentico mordente.
Caratterizzato da un ritmo frenetico che a volte si perde per strada, Se sposti un posto a tavola riesce a intrigare per una prima mezzora introduttiva in cui si tratteggia il carattere degli invitati, da Pierre (Franck Dubosc) chirurgo affetto da ipersessualità in compagnia della problematica moglie Catherine (Elsa Zylberstein), alla romantica Marjorie (Audrey Lamy, forse la migliore del cast), dai coniugi Arnaud (Mathias Mlekuz) e Edith (Shirley Bousquet), ossessionati dall’idea di avere un figlio, per finire con David (Arié Elmaleh), aspirante e squattrinato fotografo.
Nonostante le intenzioni della regista Christelle Raynal, il tentativo di satira di costume, di “ritratto sociale” (se ne avverte l’intenzione qua e là) è fiacco: questa “borghesia” francese in versione 2.0 non riesce ad andare, molto spesso, oltre la caricatura. Senza mai essere divertente sino in fondo, l’umorismo di questa commedia finisce poi col togliere spazio persino al mondo dei sentimenti, relegato in apertura e in chiusura di lungometraggio come un leitmotiv poco incisivo. Tutte pecche di una sceneggiatura sottotono, ricca di personaggi e situazioni che, di tanto in tanto, sembrano voler strizzare l’occhio a commedie romantiche ben più collaudate (fra le tante, vengono in mente Notting Hill e, naturalmente, Sliding doors), sebbene della freschezza degli originali conservino ben poco. (Gianfrancesco Iacono)