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Dopo aver visto morire suo padre in un campo di cotone del Sud, Cecil Gaines impara a fare il domestico. La sua bravura e la sua discrezione lo porteranno prima ad un lavoro in un lussuoso hotel di Washington e poi a diventare uno dei maggiordomi del presidente degli Stati Uniti. Il suo lungo soggiorno alla Casa Bianca procede di pari passo con le vicende della sua famiglia, in particolare del figlio Louis, che si unisce alla battaglia per i diritti civili dergli afroamericani. Il film racconta la tenacia e la determinazione di un uomo, la nascita di una nazione e la forza della famiglia. Attraverso lo sguardo e le emozioni di Cecil Gaines (Forest Whitaker) si ripercorrono gli eventi e i cambiamenti della scena socio-politica americana: dall’assassinio di John F. Kennedy e di Martin Luther King, ai movimenti dei Freedom Riders e delle Black Panther, dalla Guerra del Vietnam allo scandalo del Watergate.
La sceneggiatura è basata su un articolo di Wil Haygood, apparso sul Washington Post nel 2008: "A Butler Well Served By This Election".
Regia: Lee Daniels
Interpreti: Forest Whitaker, John Cusack, James Marsden,
Jane Fonda, Robin Williams, Alan Rickman, Lenny Kravitz, Alex Pettyfer,
Jesse Williams, Liev Schreiber, Minka Kelly, Nelsan Ellis, Terrence Howard,
Cuba Gooding Jr., Vanessa Redgrave, Mariah Carey, Melissa Leo, Oprah Winfrey,
David Oyelowo
Sceneggiatura: Lee Daniels, Danny Strong
Fotografia: Andrew Dunn
Montaggio: Joe Klotz
"Nel 2008, anno dell'elezione a Presidente di Barack Obama, il 'Washington Post' pubblicò un articolo su Eugene Allen, maggiordomo di origini afroamericane in servizio alla Casa Bianca per trentaquattro anni. Ora quell'articolo, via un libro di Wil Haygood, è diventato un film, che si pone l'ambizioso obiettivo di raccontare tre decenni di storia contemporanea. Lo fa seguendo due direttrici parallele e complementari: da un lato gli avvenimenti salienti (gli omicidi di Kennedy e Martin Luther King, la guerra del Vietnam, lo scandalo Watergate ...), visti dall'osservatorio dello Studio Ovale; dall'altro la lunga lotta per i diritti civili dei Neri, attraverso le relazioni tra il protagonista - che qui prende il nome di Cecil Gaines - e la sua famiglia. (...) 'The Butler' esce preceduto da annunci più o meno clamorosi: è 'il film che ha fatto piangere Barack Obama': argomento prestigioso, stile melodrammatico, messa in scena classicheggiante (in cui si fatica a riconoscere il regista del più anticonformista 'Precious') e un cast d'assalto fanno il resto, con ruoli fortemente emotivi per Whitaker e Winfrey, più un'armata di star arruolata senza risparmio: da Lenny Kravitz e Mariah Carey, da Jane Fonda a Vanessa Redgrave, da Cuba Gooding Jr. a Terrence Howard, oltre a cinque nomi di richiamo per impersonare altrettanti Presidenti (in realtà quelli 'traversati' dal maggiordomo furono di più). Così Robin Williams si cala nei panni di Dwight Eisenhower, John Cusack fa Richard Nixon, James Mardsen è John F. Kennedy, Liev Schreiber dà i tratti a Lyndon B. Johnson e Alan Rickman presta i propri a Ronald Reagan. Trai requisiti dei 'film da Oscar' c'è anche la tendenza a ricercare l'unanimità dei consensi; e questo è un limite ben visibile del film di Daniels. Dove gli avvenimenti cruciali della storia recente sono ridotti quasi a sketch (un po' come in 'Forrest Gump', ma senza lo humour), pietrificati in una sorta di museo delle cere. Quanto alla lotta per i diritti civili, concentrata nelle relazioni tra Cecil e il figlio rivoluzionario, l'idea sarebbe che il maggiordomo fedele ai Presidenti bianchi rappresenti un emblema di liberazione. Tesi difficile da condividere, anche quando si pensi (come fa il film) a Obama come alla felice sintesi tra i 'civil rights' e l'istituto presidenziale." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 31 dicembre 2013)
"Dai campi di cotone in Georgia a maggiordomo alla Casa Bianca, spettatore muto dal '52 all'86 dell'evoluzione delle lotte civili viste dal buco della serratura della stanza ovale. Ma querelle padri e figli: servire il tè al presidente o protestare con Luther King? Rivolta o riformismo al latte o limone? Il film di Daniels con Whitaker è un impeccabile riassunto di storia, prolungato e didascalico, servito coi guanti: non diventa mai passione." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 2 gennaio 2014)
"'The Butler' costituisce il classico intrattenimento per tutti, ma particolarmente per i buoni. Spiace fare dell'ironia su un film nobilmente impegnato sul fronte dei diritti civili degli afroamericani, ma è evidente come il suo didascalismo invadente e il suo andamento lento finiscano per appiattire le qualità dell'insieme e persino le passerelle del cast all star. Ispirato all'autobiografia di Eugene Allen, il film accompagna il suo alter ego rinominato Gaines dalla piantagione della Georgia dove è nato al palazzo presidenziale in cui lavorerà come maggiordomo per trentaquattro anni filati e al servizio di sette diversi presidenti Usa, da Eisenhower a Reagan. Non c'è molto da aggiungere a un ordito prevedibile fino alla minima battuta o inquadratura e pressoché automatizzato nelle diversioni drammaturgiche, spazianti tra i cruciali avvenimenti americani dal dopoguerra agli Ottanta, gli intrighi del potere visti dal 'servo muto' interno, i soprassalti esistenziali del patriarca e le convulsioni dei figli che non intendono assolutamente rispettare i concilianti, leali e sommessi codici paterni vuoi da ribelle (il maggiore), vuoi da patriota (il minore). Whitaker è impeccabile nel conferire al protagonista un alone di tranquilla dignità che fa vagamente da freno alle continue scivolate nel melodramma, mentre la Winfrey, Cusack, Williams e compagnia squadernano un mazzo di figurine caratterizzate da un'accuratezza svuotata di ogni pathos. In fondo, come in 'Precious' dello stesso diligente regista, la questione della ricostruzione storica dell'oppressione del popolo nero assume toni piatti ed elementari, magari efficaci, ma sul piano del linguaggio lontani mille miglia da quelli eversivi inventati da Spike Lee e a suo modo persino dal bianco Tarantino del barbarico e irridente 'Django'. A volte, grazie anche all'estrema padronanza che Whitaker mantiene sulle minime sfumature dell'espressione e dello sguardo, viene voglia di urlare, di scuotere il suo personaggio e quasi d'implorargli di non sentirsi appagato e di non obbedire più senza battere ciglio ai comandi dei suoi (democratici) padroni. Un sentimento che non a caso il film coglie solo in extremis quasi... a furore di platea." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 2 gennaio 2014)
"La sindrome del «politicamente corretto» (...) rende 'The Butler' un oggetto difficile da maneggiare. Se un critico si permette di giudicarlo prolisso e 'televisivo' - come stiamo per fare - verrà accusato di razzismo? Speriamo di no, perché il valore artistico di un film andrebbe valutato indipendentemente dall'appartenenza etnica del regista e del cast. Ma siamo pronti a tutto. Diretto da Lee Daniels, regista afroamericano divenuto famoso per il molto sopravvalutato 'Precious', 'The Butler' racconta una storia vera: quella di Eugene Allen, anch'egli nero, maggiordomo alla Casa Bianca dal 1952 al 1986. Nel film Allen si chiama Cecil Gaines, lo interpreta Forest Whitaker e la sua storia inizia nell'America segregazionista degli anni '20, dove gli afroamericani - non più «schiavi», ma ancora servi - raccolgono il cotone e il padre di Cecil viene ucciso dal padrone bianco che gli ha appena stuprato la moglie. Gaines fugge dalla piantagione e, dopo varie vicissitudini, trova lavoro come cameriere in un albergo di Washington dove viene notato da un funzionario della Casa Bianca, che lo assume. (...) E' chiaro l'intento di Daniels: comporre un apologo sulla presenza 'sommersa' degli afroamericani nella storia d'America. Peccato che gli strumenti narrativi siano più vicini al polpettone tv in stile 'Radici', che al grande cinema; e che le caratterizzazioni tendano allo stereotipo, piuttosto che al ritratto. Una bella occasione mancata." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 2 gennaio 2014)
"Dove ti servo la lunga marcia dei neri alla conquista dell'uguaglianza? Alla Casa Bianca, ovvio. Il maggiordomo nero Cecil Gaines (Forest Whitaker) vi prestò servizio dal 1957 al 1986, incrociando John F. Kennedy, Richard Nixon e Ronald Reagan. (...) Dopo il buon 'Precious' e il temibile 'Paperboy', Lee Daniels torna alla regia con 'The Butler', un mélo biografico e ipertrofico, impegnato e strappalacrime, che guarda al Black Power, ma - nel nome del padre e del figlio - si risolve per le larghe intese, facendo l'occhiolino a Obama (e Mandela). Cast stellare, lascia un dubbio nel piatto: polpettone commestibile o noir poco fondente?" (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 2 gennaio 2014)
"Se Giovanni Veronesi affrontava con 'L'ultima ruota del carro' la Storia d'Italia dal 1960 al 2013 riletta attraverso le vicissitudini da eroe da romanzo marginale di Ernesto Marchetti, il collega nordamericano Lee Daniels (suo il tostissimo 'Precious') ripercorre la Storia degli Stati Uniti d'America dal 1926 all'elezione di Obama del 2008 attraverso la vita di Cecil Gaines, maggiordomo afro-americano presso la Casa Bianca. (...) «Un maggiordomo alla Casa Bianca non vede niente, non sente niente, deve solo servire». E quindi ecco Cecil attraversare gli anni senza approfondire, senza metabolizzare, senza riflettere. È troppo indaffarato a eseguire alla perfezione il suo lavoro, proprio come il maniacale Anthony Hopkins di 'Quel che resta del giorno'. Sarà la Storia, attraverso un figlio che vuole combattere contro il razzismo (splendido litigio a cena nei '70 con Cecil che sbotta per la maleducazione di giovani neri), a obbligarlo a ricordare le ferite e guardarsi dentro. Sarà un cinema con la mano pesante, sarà una pellicola così netta da risultare scontata, ma il racconto procede che è una meraviglia, l'emozione è forte e il dramma lascia spesso spazio alla commedia (deliziosa la satira sui vari Presidenti). Forest Whitaker è un mostro di sensibilità e raffinatezza. Il suo Cecil è indimenticabile e i Gaines sono molto più significativi e struggenti dei Jefferson. Stranamente ignorato ai Golden Globe. Si rifarà, forse, con gli Oscar." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 2 gennaio 2014)
"Piacerà perché è raccontato come un grande biopic all'americana. Scene toste e squarci leggeri, il contrasto tra i gesti quotidiani nella casa più famosa del mondo e i riverberi degli sconvolgimenti del mondo esterno (il Vietnam e le Pantere Nere). Scritto e diretto da liberal rinforza il mito di Kennedy e riabilita il ricordo di Carter." (Giorgio Carbone, 'Libero', 2 gennaio 2014)
"Passabile commedia, con venature drammatiche, ispirata a una vicenda reale, che racconta (con flemma) mezzo secolo di storia americana. Protagonista il misurato Forrest Whitaker, nel ruolo del fedele maggiordomo di addirittura sette Presidenti, da Eisenhower a Reagan. Conflitti razziali, a partire dalla Georgia del 1926, e familiari (per moglie ha la monumentale star tv Oprah Winfrey) in primo piano e sullo sfondo. Pochi palpiti e qualche trattenuto sbadiglio." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 31 dicembre 2013)
"C'è da scommettere che 'The Butler' (...) diventerà un classico dell'era Obama perché un regista nero, Lee Daniels, pone davanti alla macchina da presa l'orgoglio irredento degli afroamericani scegliendo un protagonista che 'lavora per un bianco e non un bianco qualunque'. Ispirato, pur nel cambio delle generalità anagrafiche, alle memorie di Eugene Allen che per 34 anni ha vestito la divisa di maggiordomo nella magione che ospita il Presidente degli Stati Uniti, 'The Butler' non si limita a mettere in sequenza, tra pubblico e privato, l'esistenza e la professionalità di Cecil Gaines ma, attraverso di lui, testimonia, dal 1926 all'amministrazione Reagan il problema razziale, la discriminazione, la violenza , l'ingiustizia, la sofferenza di un popolo. (...) Ovvio che didascalismo, enfasi (pure musicale) e retorica a fin di bene si sprechino in un'opera che nonostante disdegni il 'biopic' sembra assumere lo stile di una fiction tv, assai diverso dal tono dei precedenti 'cattivi' di Daniels: 'Precious', 'Shadowboxer' e 'Paperboy', thriller ad alta gradazione erotica, presentato a Cannes 2012 ma inedito per l'Italia. Eppure 'The Butler' raggiunge il suo scopo, colpisce la vergogna di un Paese, ripercorre criticamente le tappe di un affrancamento proprio ancorandosi saldamente alla sua mutazione radicale del punto di vista e all'esigenza di uno sguardo dal basso pur lanciato dalla postazione più alta della supremazia politica. E Forrest Whitaker dispone di una sensibilità interpretativa ammirevole: il suo Cecil è un modello da scuola di recitazione in punta di umanità modellata sulle proprie origini ed esperienze di segregato. La celeberrima conduttrice televisiva Oprah Winfrey gli replica con il puntiglio e con la passione di una superstar che si adegua ai triboli di una donna comune nella sua irrequietezza di casalinga (e di nera) insoddisfatta. Eisenhower, Kennedy, Johnson e Nixon sono pennellati su Robin Williams, James Mardsen, Lev Schreiber e John Cusak, ma è la coppia Reagan, composta da Alan Richman e Janes Fonda, la più sorprendente nella mimesi e nell'efficacia del cammeo, così come Cuba Gooding è un puntuto e linguacciuto collega nell'arte del domestico in un santuario laico. Non credete a chi ha già accomunato Cecil Gaines a Forrest Gump, forse neppure il paradosso della convergenza parallela conforta il paragone. Cecil non è l'ironica e metaforica incarnazione dell'innocenza che sconfigge, senza volerlo, il destino della diversità il suo handicap risulta tale soltanto se ci si nasconde dietro gli occhiali affumicati del razzismo, sotto una tunica e un cappuccio o se si esprime la rabbia e l'odio assurdi per l'estraneo etnico. 'The Butler' è l'inedito zio Tom di una fiaba/realtà al tempo di Barack Obama mister president e non fata 'negrina'." (Natalino Bruzzone, 'Il secolo XIX', 2 gennaio 2014)
"(...) il protagonista di 'The Butler', il nuovo film di Lee Daniels ('Precious', 'The Paperboy') ispirato alla figura di Eugene Allen, assunto sotto la presidenza Eisenhower e, per i successivi trentaquattro anni, a diretto servizio dei primi cittadini degli Stati uniti. La sua storia era stata raccontata in un articolo del Washington Post uscito pochi giorni dopo la cerimonia d'insediamento per il primo mandato alla Casa Bianca di Barack Obama (alla quale aveva partecipato anche l'anziano maggiordomo, ormai in pensione) che ha dato a Daniels l'idea del film. A partire dalla fotografia perennemente immersa in un bagno di luce dorata, dalle musiche turgide, fino all'interpretazione forrestgumpiana di Forest Whitaker (nei panni del maggiordomo, Cecil Gaines), alla presenza intelligente e calcolata di Oprah Winfrey (già produttrice di 'Precious', qui è la moglie di Gaines) ai non sempre riusciti camei presidenziali di Robin Williams (Eisenhower), John Cusack (Nixon), Liev Schrieber (Johnson), Jane Fonda (Nancy Reagan), Alan Rickman (Reagan).... 'The Butler' strilla «fatto per gli Oscar» da tutte la parti. Si tratta di un film con ambizioni che vanno molto oltre la biografia del suo protagonista. L'idea, infatti, è di usarla per contrappore «l'ascesa» professionale di Gaines - diplomatica, lenta, paziente, silenziosa (mai parlare quando non interpellati - questo non è il maggiordomo di 'Django Unchained'...) a quello che stava succedendo in America fuori dalla Casa bianca, e in particolare all'evoluzione, tutt'altro che silenziosa e paziente, del movimento per i diritti civili. È la «vecchia guardia» che sopravviveva rispettando le gerarchie contro chi ha deciso di abbatterle. Così, quella che poteva essere una microstoria di punto di vista e dettagli affascinanti viene ingabbiata in una struttura didattica che, attraverso il rapporto conflittuale tra Gaines e il giovane figlio «attivista» Louis (l'attore inglese David Oyelowo), marca come una lista della spesa tutte le tappe 'must' della storia Usa di quegli anni (...). In realtà, lontano dalla «storia monumentale» dietro ai muri di 1600 Pennsylvania Avenue o sulle barricate, le scene più interessanti del film, quelle raccontate da una prospettiva più originale sono quelle della realtà domestica di Cecil Gaines. Ma sono sfumature che purtroppo si perdono in questo polpettone pieno di cliché. Con l'atteggiamento da «sbatti il mostro in prima pagina» dei suoi film precedenti, che faceva un tutt'uno di 'exploitation' e 'politically correct', Daniels poteva piacere o meno, ma in genere il suo lavoro suscitava almeno reazioni polarizzanti e appassionate. Questo è sicuramente il film più addomesticato, cinico e banalmente sentimentale che abbia mai fatto." (Giulia D'Agnolo Vallan, 'Il Manifesto', 3 gennaio 2014)